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— Kusereen?

— Governano il Sacro Impero. Sono l’attuale grande razza. Sono al vertice da milioni di anni, tutti li riveriscono, perfino gli zygerone, i quali sono essi stessi estremamente grandi, specialmente gli zygerone del Quinto. Credo che gli zygerone del Quinto saranno la prossima grande razza. Cambia… ogni non so quanti milioni di anni. Prima dei kusereen c’erano stati i theluvara, tre miliardi di anni fa. Nel Libro dei Soli è detto che i theluvara potrebbero ancora esistere, da qualche parte, molto lontano, alla fine dell’universo, ma nessuno ha più avuto notizie di loro da lunghissimo tempo, e…

— Aspetta un attimo — l’interruppe Elszabet. — Mi sto smarrendo. I kusereen, gli zygerone, i theluvara…

— Ci vuole tempo per imparare tutto. Io sono rimasto confuso per dieci anni prima che mi diventasse tutto chiaro. Ci sono sterminati milioni di razze, sai, praticamente ogni sole ha dei pianeti, e i pianeti sono abitati, perfino quelli in cui penseresti che non possa esserci nessuna forma di vita perché il loro sole è troppo caldo o troppo freddo, ma c’è vita lo stesso, dappertutto. Come su Luiiliimeli dove vivono i thikkumuuru: è un pianeta di quella grande stella incandescente, Ellullimiilu, che è come una tremenda fornace: là, il suolo stesso si fonde. Ma ai thikkumuuru non importa poiché non hanno pelle, sono come spiriti, sai.

— La Gigante Azzurra — mormorò Elszabet, quasi fra sé.

— Sì.

— E i kusereen: stavamo parlando del loro piano. Vogliono in continuazione nuove razze. Vogliono che la vita si sposti da un mondo all’altro cosicché niente invecchi, niente diventi rancido, che ci siano sempre il cambiamento e la rinascita. È per questo che continuano a stabilire contatti con le razze più giovani… come la nostra. Noi siamo vecchi soltanto di un milione di anni, per loro questo non rappresenta nessun tempo. Ma adesso vogliono che andiamo da loro e viviamo in mezzo a loro, e che scambiamo idee con loro, e sanno che ciò deve accadere presto, poiché qui ci siamo trovati in guai seri, sempre sul punto di farci saltare in aria da soli o di spolverarci a morte o qualcos’altro di simile, e questa adesso è l’ultima possibilità che abbiamo. Cosi, faremo la Traversata, e…

— Ci sono guerre fra queste razze? — domandò Elszabet.

— Combattono fra loro per la supremazia.

— Oh, no — rispose Tom. — Non hanno guerre. Hanno superato di gran lunga quello stadio. Ogni razza che intendeva fare la guerra si è autodistrutta molto tempo fa, milioni, miliardi di anni fa. Ciò accade sempre alle razze bellicose. Quelle che sopravvivono capiscono quanto sia stupida la guerra. Comunque, è impossibile fare la guerra tra le stelle, poiché l’unico modo per viaggiare da stella a stella è quello di fare la Traversata, e non si può Traversare a meno che il mondo ospitale non sia disposto ad accoglierti e ad aprirti la strada, così, in qual modo mai potrebbe esserci un’invasione? C’è stata una volta, durante la Signoria dei veltish nel Settimo Potentato, quando…

— Aspetta — intervenne Elszabet. — Ancora una volta stai andando troppo in fretta. Tu sai cosa mi piacerebbe fare? Mi piacerebbe compilare una lista. Tutti questi mondi differenti, i loro nomi, la forma fisica della gente che vive su ciascun pianeta. La immetteremo nel computer, sì, la piazzeremo proprio qui sulla parete dove c’è il grande schermo. Così potrò mettere tutto in ordine. E dopo, voglio che tu mi racconti la storia di ognuno di questi mondi diversi, tutto quello che sai, le dinastie delle razze regnanti e tutto il resto, basterà che tu mi racconti tutto, ci penseremo dopo a organizzarlo. Vuoi farlo con me?

— Sì. Sì. Ci puoi scommettere che lo farò. È importante che tutti sappiano queste cose, cosicché, quando faremo la Traversata, non saremo tutti disorientati. Cosicché sappiamo del Disegno, sappiamo quali sono i Mondi Cardine, e tutto il resto. — Tom sentì crescere in sé con tanta forza la febbre della gioia che si trovò a pensare come, in quello stesso momento, avrebbe potuto evocare una visione. Quella donna, quella donna meravigliosa… non aveva mai conosciuto nessuno come lei. — Dove penso che sia cominciato — disse, — è con i theluvara, quando governavano l’Impero…

Elszabet sollevò una mano. — No, non adesso, Tom. Mi spiace moltissimo. Stamattina non c’è tempo. Devo andare a dare un’occhiata alla gente che ho in cura qui dentro, i malati… Supponi che io ti dia un giorno per pensarci su un po’, va bene? E poi c’incontreremo di nuovo qui domani, e alla stessa ora ogni mattina, fino a quando non mi avrai detto tutto quello che vuoi dirmi. Va bene?

— Sicuro. Come vuoi tu, Elszabet.

Qualcuno bussò. Sul piccolo schermo accanto alla porta Tom vide l’immagine della persona in piedi di fuori, una donna dal corpo morbido e rotondo, il volto sudato, che indossava un maglione rosa pallido. Tom l’aveva vista altre volte. — Vieni dentro, April — la chiamò Elszabet, e premette qualcosa che fece aprire automaticamente la porta. — Tom, questa è April Cranshaw. È una delle persone che ho in cura qua dentro. Ho pensato che voi due potevate volervi conoscere un po’ meglio, forse. Fai una passeggiata con lei, adesso, qui intorno al Centro. Credo che vi piacerà molto conoscervi.

Tom si voltò verso la grassona. Pareva molto giovane, quasi una sorta di gigantesca ragazzina, anche se poteva vedere che in realtà era vecchia quasi quanto lui ed erano soltanto le sue carni, come il grasso d’un bimbo, a levigare tutte le rughe del suo viso. Ed era spalancata, spalancata più di chiunque altro lui avesse mai conosciuto. Tanto quanto quell’uomo, Ed Ferguson, era chiuso, ecco com’era spalancata questa April. Tom aveva la sensazione che tutto quello che gli sarebbe bastato fare era toccare con la punta del dito il suo polso, ed ogni visione che lui finora aveva avuto si sarebbe riversata dentro di lei, ecco quant’era spalancata. Anche lei pareva saperlo: lo fissava in maniera timida, intimorita. Senti, avrebbe voluto dirle, io non ho intenzione di farti del male. Non sono Stidge, non sono Mujer. Non ti farò niente di male.

— Ti va bene April? — le chiese Elszabet. — Vuoi portare Tom a fare una passeggiata?

Con voce sommessa e tremolante, April rispose: — Se vuoi che lo faccia.

Elszabet corrugò la fronte. — Qualcosa non va, April?

La ragazza grassa stava diventando tutta rossa. — Devo? Davanti a…

— Va tutto bene. Dimmelo.

— Credo di essere un po’ scombussolata stamattina — disse infine la ragazza, con voce sommessa, il fiato mozzo, la bambina dentro il suo corpo enorme. — So che vuoi che io vada a fare una passeggiata con lui, ma mi sento scombussolata, in un certo senso.

— Per che cosa?

— Non lo so. — Un’occhiata guardinga in direzione di Tom. — I sogni spaziali. Le visioni. Si stanno manifestando così vicine l’una all’altra, dottoressa Lewis. A volte non so neppure dove in realtà mi trovo, tanto sono intense. Se mi trovo qui o su uno di quei mondi, intendo dire. E da quando sono entrata nel tuo ufficio, proprio adesso, voglio dire… è…

— Continua, April. — Elszabet si era sporta di nuovo in avanti, rivolgendo alla grassa ragazza tutta la sua attenzione, senza più guardare Tom.