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— Ci credi davvero?

Lei girò di scatto la testa verso di lui. — Tu no?

— Sì — disse lui. — Ci credo.

— Non ci credi del tutto, vero, Barry? C’è ancora qualcosa dentro di te che ti tiene indietro.

— Forse.

— So che c’è. Ma va bene. Ho conosciuto molte volte individui come te. Lo ero anch’io. Cinici, dubbiosi, incerti… perché no? Che altro potrebbe essere qualcuno che abbia anche soltanto una mezza briciola di buonsenso, vissuto in un mondo dove viaggi mezz’ora fuori delle città e ti ritrovi nel territorio dei bandido, e ogni cosa per mille chilometri sull’altro lato delle Montagne Rocciose è un casino radioattivo! Ma tutti questi dubbi, questi atteggiamenti da saccente, te li puoi lasciare alle spalle, se semplicemente permetterai che accada. Lo sai?

— Sì, lo so.

— E siamo alla fine di un lungo, brutto momento, Barry. Siamo arrivati sul fondo, dove non c’è più nessuna speranza, e ad un tratto la speranza ricompare. Il Senhor ce l’ha portata. Ci comunica la parola. Il cancello si aprirà: i grandi verranno fra noi e miglioreranno le cose per noi. Ecco cosa accadrà, e accadrà molto presto, e poi ogni cosa andrà bene, forse per la prima volta da quando esiste il mondo. Giusto? Giusto?

— Sei una donna meravigliosa, Lacy.

— E questo cosa c’entra?

— Non lo so. Ho soltanto pensato di dirtelo.

— Pensi che io lo sia, eh?

— Hai qualche dubbio?

Lei scoppiò a ridere. — L’ho sentito dire altre volte. Ma non ne sono mai sicura, in verità. Non c’è donna viva al mondo che non pensi di essere davvero bella, non importa quello che gli uomini le dicono. Penso che i miei capelli siano molto belli, i miei occhi, il mio naso. Ma non mi piace la mia bocca. Guasta tutto.

— Ti sbagli.

— D’altro canto, penso che il mio corpo sia del tutto soddisfacente.

— Davvero? — esclamò lui.

I suoi occhi erano molto luminosi. Jaspin vi vide riflessa la falce della luna, e credette di essere riuscito a distinguere anche il brillante punto bianco che era Venere. Con il braccio che aveva intorno alle sue spalle, l’attirò verso di sé; sollevò l’altro braccio e lasciò che la mano vagasse leggera sul suo seno, Lacy indossava un morbido maglione verde, un tessuto molto sottile, niente sotto. Sì, pensò: del tutto soddisfacente. Avrebbe voluto appoggiare la propria testa fra le sue mammelle e riposarsi in quella posizione. Vagamente si chiese dove si trovasse Jill, cosa stesse facendo in quel momento. Sua moglie. Quella era una farsa. Da due giorni neppure l’aveva vista. A quanto pareva, aveva perso ogni interesse per il Nucleo Interno, o molto più probabilmente erano stati loro a disinteressarsi a lei; ma ce n’erano moltissimi altri lì intorno pronti a divertirla. Aveva avuto ragione la prima volta che l’aveva giudicata: una vagabonda, una derelitta, trasandata e inutile. Lacy era una storia del tutto diversa: scaltra, saggia, una donna che aveva visto un mucchio di cose e che capiva ciò che aveva visto. Se, nella sua vita privata precedente, era stata un’artista della truffa, un’imbrogliona, che importanza poteva mai avere? Sì, che importanza? Sei un artista della truffa anche tu, si disse Jaspin, ricordando i suoi giorni alla UCLA quando aveva fatto una carriera che non era niente più d’una rabberciatura affrettata delle idee degli altri per tenere le proprie lezioni. Un erudito? No, un bidoniere. Sarebbe stato lo stesso se ti fossi messo a spacciare proprietà terriere su Betelgeuse Cinque. Ma niente di tutto questo aveva più nessuna importanza. Presto verremo tutti cambiati, pensò, in un attimo, in un batter d’occhio.

Cominciò a sollevarle il maglione. Sorridendo, Lacy allontanò le sue mani, si alzò in piedi e buttò via il maglione. Un momento più tardi fu la volta dei suoi jeans. Pareva quasi ardere alla luce della luna, la pelle molto pallida, i capelli rossi, riccioluti, che si stagliavano luminosi contro di essa.

— Su, vieni — bisbigliò con voce roca.

Si strinsero l’uno all’altra. La cosa gli parve strana, come in un sogno, molto bella e molto peculiare nello stesso tempo. Lui non era mai stato un grande romantico, specialmente quando si trattava di questo; ma per qualche motivo questa volta gli pareva diverso, unico, nuovo di zecca. Era forse dovuto all’imminente venuta degli dèi? Doveva trattarsi di questo. Qui, sul fianco di questa collina a nord di San Francisco sotto la luna e le stelle, con Venere che splendeva luminosa: sapeva che i tempi brutti stavano per finire, e poteva sentire tutti i punti ruvidi e pustolosi della sua anima che cominciavano a rimarginarsi. Sì. Sì. Chungirà-Lui-Verrà, lui verrà. E quando mi farò avanti per fronteggiarlo, non sarò solo.

Siamo tutti cambiati, davvero, pensò Jaspin. In un attimo. In un batter d’occhio.

— Sai una cosa? — le disse. — Ti amo.

— Il che significa che stai finalmente imparando ad amare te stesso — fu la risposta di Lacy. — È il primo passo per amare qualcun altro. — Sorrise. — E sai una cosa? Anch’io ti amo, Barry.

Quella fu l’ultima cosa che dissero entrambi per un bel po’. Qualche tempo dopo, Lacy fece: — Aspetta un momento, va bene? Lascia che ti monti sopra. Ti va bene? Ah, ecco, Barry. Così. Oh, sì, così sì che va bene.

5

— La prossimità sembra essere decisamente l’elemento-chiave — dichiarò Elszabet. — O per lo meno, uno degli elementi-chiave. — Era nel suo ufficio, nel primo pomeriggio, con lo sguardo sollevato su Dan Robinson, il quale se ne stava appoggiato, tutto rilassato, contro la parete accanto alla finestra. In quella posizione pareva tutto gambe e braccia.

Il cielo, quel poco che era visibile attraverso la minuscola finestra rivolta a nord, si stava ingrigendo. Grosse nuvole cominciavano ad occuparlo. Elszabet aggiunse: — Avevi ragione. Se ciò che è successo ad April era un’indicazione, la prossimità dev’essere un fattore significativo. Adesso sono pronta ad ammetterlo.

— Sei pronta? Bene, è già qualcosa.

— Come sta April?

— Si rimetterà — disse Robinson. Era appena arrivato dall’infermeria. — L’abbiamo calmata con il pax, cento milligrammi. Cielo, se quella ragazza è grossa! Ha avuto un piccolo incremento di adrenalina. Sostanzialmente, un afflusso di sangue alla testa. — Più come un lampo rovente, direi. Avresti dovuto vederla: rossa come una bietola. Come un pomodoro.

Fece una risatina. — E che pomodoro! Ma cos’è successo, comunque?

— Bene, mentre tu ed io discutevamo, ho congegnato le cose cosicché si presentasse a lei l’occasione di venire in ufficio mentre c’era Tom. Nel preciso istante in cui l’ha visto, ha avuto inizio l’iperventilazione.

— L’ippopotamo in calore.

— Dan…

— Soltanto un’immagine che mi è balenata in mente così… Scusami.

— Non è stata una cosa sessuale per lei, ne sono sicurissima. Anche se è arrossita come una ragazzina lusingata nell’accettare il primo appuntamento. Tom non sembra suscitare reazioni sessuali nella gente, l’hai notato?

— Non in me, comunque — disse Robinson.

— No, non credo proprio. In nessuno, a quanto pare. Sembra… insomma, sembra asessuato, per qualche ragione. È molto maschio, tuttavia è difficile immaginarlo con una donna, non ti sembra? Ci sono uomini così. Ma ha destato una qualche forma di eccitazione in April, veloce, il respiro è cambiato, delle chiazze sono comparse sulle sue guance, poi è diventata rossa come un pomodoro.

— Come una reazione allergica. Un improvviso aumento di adrenalina.

— Proprio così. Ha barcollato un attimo, e mi ha detto che si sentiva un po’ scombussolata. Per cosa? le ho chiesto. E lei mi ha detto che era a causa dei suoi sogni, delle sue visioni, che di recente le arrivavano molto più vicine l’una all’altra ed erano più vivide.