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— Pensi che io stia ammattendo?

— Non ho detto questo. Credo che tu abbia un potente bisogno di scoprire che il Mondo Verde e il pianeta dei Nove Soli e tutto il resto sono luoghi che esistono davvero.

— E che perciò sto venendo attirata dentro la psicosi di Tom.

— E che perciò sei un po’ più pronta alle fantasie d’evasione di quanto nell’insieme potrebbe essere salutare — lui concluse.

— Bene, io la penso nell’identico modo, sei soddisfatto? — gli disse Elszabet. — Se sei preoccupato per me, allora lo siamo in due. Ma è un concetto così maledettamente attraente, non è vero, Dan? Questi meravigliosi altri mondi che ci chiamano!

— Seducente… pericoloso!

— Seducente, sì. Ma a volte è necessario lasciarsi sedurre. Quella che ci viene offerta dalla vita quotidiana è una tale merda, Dan, questa nostra povera civiltà ridotta a pezzi, vivere in questo modo fra i resti e le rovine del mondo dell’anteguerra. Tutti questi spregevoli piccoli paesi che erano pezzi degli Stati Uniti, e l’anarchia che domina fuori della California, e perfino dentro una buona parte di essa, e la sensazione, condivisa da tutti, che le cose continueranno cosi, peggiorando sempre di più, diventando sempre più brutte, più spregevoli, che il progresso, senza rimedio, è arrivato alla fine e noi, semplicemente, finiremo per riscivolare sempre più nella barbarie… C’è da meravigliarsi che, se comincio a sognare di vivere su un bellissimo mondo verde, dove ogni cosa è bella, elegante e supremamente civile, voglia anche scoprire se questo mondo esiste sul serio? E se presto saremo in grado di raggiungere quel mondo verde e viverci? È una fantasticheria così irresistibile, Dan. Certamente abbiamo bisogno di qualche fantasticheria del genere che ci sostenga.

— Andarci? - fece lui, stupefatto. — Cosa vuoi dire?

— Non te l’ho detto? È il completamento dell’idea di Tom. Quando ti farò ascoltare questa capsula, lo sentirai. È un concetto apocalittico: gli ultimi giorni sono vicini, e noi abbandoneremo il nostro corpo, è una sua frase, abbandoneremo il nostro corpo e verremo traslati sui mondi dei sogni spaziali, e lì vivremo per sempre. Amen.

Robinson fischiò. — È questo che spaccia?

— Il Tempo della Traversata, è cosi che lo chiama. Sì.

— L’opposto di ciò che quell’altro branco, quei brasiliani del voodoo, dicono. Secondo loro, gli dèi spaziali stanno per arrivare da noi, non è questo che ha detto Leo Kresh? Mentre Tom…

Il telefono di Elszabet produsse un piccolo bip. — Scusami — disse lei, e guardò dietro di sé la dati-parete per vedere chi chiamava. Il dottor Kresh, diceva lo schermo a parete, chiama da San Diego.

Si scambiarono un’occhiata sorpresa. — Parla del diavolo… — mormorò Elszabet, e appoggiò il pollice sul telefono. Il volto di Kresh sbocciò sullo schermo. Era tornato nella California del Sud alla fine della settimana precedente, e in questo momento pareva che qualcosa fosse cambiato in lui, dalla sua visita a Nepenthe; aveva un aspetto insolitamente strapazzato, arrossato, ed ovviamente eccitato.

— Dottoressa Lewis — esplose, — sono contento di essere riuscito a raggiungerla. C’è stato uno sviluppo del tutto stupefacente…

— Il dottor Robinson è qui con me — l’informò Elszabet.

— Sì, va benissimo. Interesserà anche a lui, sa.

— Cos’è successo, dottor Kresh?

— La cosa più stupefacente. Soprattutto considerando alcune delle idee che ho sentito proporre dal dottor Robinson mentre ero da voi. In relazione al progetto Sonda Stellare, voglio dire. Siete al corrente, dottoressa Lewis, dottor Robinson, che esiste una stazione a terra a Pasadena che è rimasta sintonizzata tutti questi anni per ricevere i segnali della Sonda Stellare? Viene gestita dal Cal Tech, e in qualche modo l’hanno mantenuta sempre in funzione nell’eventualità che…

— C’è stato un segnale? — chiese Robinson.

— È cominciato ad arrivare stanotte. Come lei sa, dottor Robinson, ho formulato in maniera indipendente l’ipotesi della Sonda Stellare, e nel corso della mia indagine ho appreso dell’impianto del Cal Tech, e mi sono messo in contatto con loro. Così, quando i segnali hanno incominciato ad arrivare… si tratta d’una trasmissione radio su una banda ristrettissima intorno ai 1390 megacicli al secondo che arriva fino a noi dal sistema di Proxima Centauri, grazie a una catena di stazioni relé in precedenza lasciate a intervalli di…

— Per l’amor di Cristo — lo interruppe Robinson. — Vuol dirci o no cosa abbiamo ricevuto?

Kresh pareva sempre più agitato. — Scusatemi. Dovete capire che questa è stata un’esperienza che mi ha scombussolato moltissimo, che ha scombussolato tutti… — Riprese fiato. — Vi trasmetto le immagini sullo schermo. Sapete, credo, che la sonda era programmata per entrare nel sistema di Proxima Centauri, cercare pianeti che potessero essere abitabili, mettendosi poi in orbita intorno a quelli che avesse trovato, calandosi nell’atmosfera di qualunque pianeta mostrasse chiari segni di forme di vita? Le nove ore di trasmissione arrivate finora coprono in realtà un tempo reale di due mesi. Questa è Proxima Centauri vista da una distanza di zero virgola cinque unità astronomiche.

Kresh scomparve dallo schermo. Al suo posto comparve l’immagine d’una piccola e pallida stella rossa. Due altre stelle, assai più luminose, erano visibili in un angolo dello schermo.

— La nana rossa è Proxima — riprese a dire Kresh. — Quelle, sono le sue compagne, Alfa Centauri A e B, che sono simili al nostro sole come tipo di spettro. Quelli del Cal Tech mi dicono che tutte e tre le stelle sembrano possedere sistemi planetari. Comunque, la Sonda Stellare ha trovato che i pianeti di Proxima sono di maggiore interesse, e così…

Adesso sullo schermo comparve una sfera verde anonima.

— Mio Dio — mormorò Robinson.

Kresh proseguì: — Questo è il secondo pianeta del sistema di Proxima Centauri, situato a zero virgola ottantasette unità astronomiche dalla stella. Proxima Centauri, mi dicono, mostra spiccatissimi «flares», cioè è soggetta a improvvise fluttuazioni di luminosità che sarebbero pericolose per forme di vita che si trovassero più vicine. Ma la Sonda Stellare ha individuato segni di vita su Proxima Due e si è riprogrammata per un approccio planetario…

Sullo schermo, una turbinante nebbia spessa e impenetrabile, pesante, verde.

Verde?

— Oh, mio Dio — disse di nuovo Robinson. Elszabet sedeva, tesissima, le mani serrate a pugno, i denti affondati nel labbro inferiore.

Un’altra inquadratura, sotto la coltre delle nubi.

— Come potete vedere — disse ancora Kresh, — malgrado Proxima Centauri sia una stella rossa, la coltre delle nubi è così spessa che dalla superficie del secondo pianeta appare verde. Inoltre la coltre di nubi, così mi dicono quelli del Cal Tech, crea una specie di effetto-serra che mantiene la temperatura del pianeta entro una gamma di valori adatti al metabolismo delle creature viventi, malgrado la costante di emissione del primario del sistema, Proxima Centauri…

Un’altra inquadratura, adesso da un’orbita più bassa, praticamente sfiorando le nubi. Entrarono in gioco le telecamere ad alta definizione. Un cambiamento di lunghezza focale; poi, nuove immagini, fantasticamente ricche di particolari. Un delizioso paesaggio, verdi colline lussureggianti, verdi laghi splendenti. Più in basso, edifici: strutture misteriose d’un disegno inquietante e alieno, angoli inaspettati, disorientanti circonvoluzioni architettoniche. Un altro incremento nella capacità di risoluzione della telecamera. Figure che si muovevano su un prato, alte, affusolate, fragili nell’aspetto, con corpi cristallini luminosi come specchi, file di occhi sfaccettati situati su ognuno dei quattro lati delle loro teste a forma di losanga. — Mio Dio — mormorò Dan Robinson, più e più volte. Elszabet non si mosse, respirava appena, non lasciava neppure che i suoi occhi ammiccassero. Quella è la Triade dei Misilyne, pensò. E quelli devono essere i Suminoors, e quegli altri i Gaarinar. Oh. Oh. Oh. Era paralizzata dallo sgomento e dalla meraviglia. Voleva piangere; voleva lasciarsi cadere sulle ginocchia e mettersi a pregare; voleva correre fuori e gridare alleluia! Ma era incapace di muoversi. Rimase perfettamente immobile, pietrificata dallo stupore, mentre sullo schermo le immagini verdi si succedevano alle immagini verdi. Ogni cosa era insopportabilmente strana. Ogni cosa era bizzarramente aliena.