Выбрать главу

Per prima cosa trova April e Ferguson… sì, certo. Poi rintraccia Tom. E poi avrebbe dovuto raggiungere il cancello anteriore per vedere come Lew Arcidiacono se la stava sbrigando con l’installazione della barriera d’energia. Dopo, sarebbe stata soltanto questione di aspettare la fine della giornata, facendo quant’era possibile per assicurarsi che i marciatori di San Diego aggirassero il Centro invece di passarci attraverso. I marciatori erano un problema di cui in questo momento avrebbe fatto volentieri a meno, una distrazione stupida, estranea. Sapeva che era Tom il grande avvenimento di cui avrebbe dovuto occuparsi in questo momento. Tom e le sue visioni, i suoi poteri quasi magici, Tom e i suoi mondi galattici… i mondi che adesso, grazie alle telecamere della Sonda Stellare, sapeva esser reali, veri, autentici pianeti abitati che stavano trasmettendo allettanti immagini di sé attraverso la strana mente di quell’uomo sulla Terra…

Come se avesse ricevuto un’imbeccata, qualcosa solleticò la mente di Elszabet. Una luce arcana cominciò ad ardere dietro i suoi occhi. No, pensò furiosa, non adesso. Per l’amor di Dio, non adesso.

Ogni cosa che vedeva proiettava ombre sottili, una dai contorni gialli, una rosso-arancione. Nel cielo, una nebulosa pallida e rosata si allargava come una grande piovra attraverso l’orizzonte. E delle creature si muovevano intorno, sferiche, dalla pelle azzurra, con grappoli di tentacoli che si agitavano sulle loro teste. Riconobbe quel paesaggio, quelle stelle, quegli esseri sferici. La Stella Doppia Tre stava entrando nella sua mente. Proprio in quel momento, là fuori, in mezzo alla pioggia sferzante, mentre camminava dalla sala della mensa verso il dormitorio, lei stava scivolando via verso quell’altro mondo.

No, pensò. No. No. No.

Fece un paio di passi barcollando e, vacillando, raggiunse un grande rododendro in mezzo al prato, si afferrò a un paio dei suoi rami, stordita, ondeggiante, cercando di respingere la visione. Questo è un cespuglio di rododendro, si disse. Questa è un piovosa mattina dell’ottobre 2103. Questa è la Contea di Mendocino, California, pianeta Terra. Io sono Elszabet Lewis, e sono un essere umano nativo del pianeta Terra, e oggi ho bisogno di tutto il mio senno.

Una voce raschiante alle sue spalle disse: — Sta bene, signora? Le serve qualche aiuto?

Elszabet si girò di scatto, sorpresa, disorientata. La Stella Doppia Tre si frantumò in molti pezzi e precipitò via da lei, quando si trovò davanti a tre stranieri. Tipi duri, cattivi. Uno con una folta barba nera e occhi profondamente incassati, quasi sepolti nelle cerchiature nere, uno col volto magro tutto pieno di cicatrici con dei profondi crateri dovuti a qualche malattia della pelle, e uno, basso e brutto con una zazzera d’incolti capelli rossi, il quale pareva ancora più cattivo degli altri due.

Elszabet li fronteggiò e, con quanta più freddezza possibile, si passò la mano sui capelli, attivando il trasmettitore. Doveva essere ancora sintonizzato sulla frequenza B, Dante Corelli avrebbe dovuto captare la trasmissione in palestra.

— Chi siete? — chiese. — Cosa state facendo qui?

— Non c’è bisogno che si spaventi, signora — disse quello col volto pieno di cicatrici. — Non abbiamo intenzione di farle del male. Abbiamo pensato che si sentisse male o qualcosa del genere, attaccata lì a quell’arbusto.

— Vi ho chiesto chi siete — lei ripeté, un po’ più vivacemente. Le dava fastidio il fatto che l’uomo dal volto cicatrizzato potesse pensare che lei fosse spaventata, anche se era vero. — Vi ho chiesto cosa fate qui.

— Be’, noi… noi… — cominciò a dire quello con le cicatrici.

— Chiudi il becco, Buffalo — l’interruppe l’altro con la barba nera. Poi, rivolto a Elszabet: — Stavamo soltanto passando. Stavamo cercando di trovare un amico che pare si sia perso da queste parti.

— Un amico?

— Un uomo chiamato Tom, forse lei lo conosce. Alto, magro, dall’aria un po’ strana…

— So chi vuol dire, sì. Lei sa di trovarsi su una proprietà privata, signor… signor…

— Sono Charley.

— Charley. Siete con la marcia dei tumbondé, vero?

— Vuol dire quell’accozzaglia di San Diego? Tutti quei matti? Ehi, no, non noi. Noi stavamo soltanto passando. Abbiamo pensato che forse potevamo trovare il nostro amico Tom, portarlo con noi, andarcene da qui prima che arrivino i matti. Sa quanti sono là fuori, subito in fondo alla strada?

Adesso Elszabet vide Dante che usciva dalla palestra, c’erano altre due o tre persone con lei. Si tenevano indietro, osservando guardinghi la scena, ascoltando la conversazione di Elszabet con i tre stranieri. Elszabet disse: — Il vostro amico Tom non si trova qui, adesso. E in ogni caso non credo che abbia in mente di andare da qualche parte. Quello che vi suggerisco di fare è di andarvene subito da questo terreno, per il vostro bene, d’accordo? Come lei ha detto, c’è una bella folla subito in fondo alla strada, e se dovessero fare irruzione qua dentro, non posso essere responsabile della vostra sicurezza. E inoltre si dà il caso che abbiate violato una proprietà privata.

— Ci lasci parlare con Tom soltanto per un momento, poi noi…

— No…

Dante le stava facendo dei gesti come per dire: Fammi un segnale e li metto fuori combattimento. Dante era formidabile con la pistola a dardi anestetici, a qualunque distanza o quasi fino ai cento metri. Ma Elszabet non era così sicura: di certo quei tre erano armati: coltelli, lance, forse pistole. Quello al polso dell’uomo con la barba nera pareva un braccialetto laser. Se Dante avesse aperto il fuoco, uno dei tre avrebbe potuto avere il tempo di rispondere… e non avrebbe sparato proiettili anestetici.

L’uomo dai capelli rossi disse: — Charley, guarda dietro di noi.

— Cosa c’è là dietro, Stidge?

Charley annuì. Con molta cautela si girò e guardò.

— Cosa vuoi fare? — chiese Stidge. — Prendere questa e costringerla ad aiutarci a trovare Tom?

— No — replicò Charley. — Niente del genere, Stidge. — Rivolto a Elszabet, proseguì: — Non intendiamo causare nessun guaio. Adesso ce ne andiamo. Se vede il nostro amico Tom, lo saluti da parte nostra, va bene? — Fece un gesto agli altri, che cominciarono a sgusciar via verso il bosco, prima quello col volto che era tutta una cicatrice, poi Stidge. Charley rimase un altro momento dove si trovava, fino a quando gli altri due non furono scomparsi tra gli alberi. — Spero che non le abbiamo dato nessun fastidio, signora — dichiarò. — Siamo soltanto di passaggio, lungo il nostro cammino, va bene? — Parlando, aveva incominciato ad allontanarsi. — Dica a Tom che Charley e i ragazzi lo cercavano, d’accordo?

Quindi si dileguò anche lui. Elszabet si rese conto di essere in preda ai brividi: era completamente inzuppata di sudore e alquanto, sì, alquanto scossa. Una reazione ritardata la stava travolgendo. I denti le battevano. Alcuni guizzanti frammenti di visioni spaziali danzavano sui margini esterni della sua mente, come pallide fiamme trasparenti sulle braci di un falò.

Dante venne correndo verso di lei, subito seguita da Teddy Lansford.

— Tutto a posto? — chiese Dante.