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Elszabet scosse Ferguson una volta ancora. La testa gli ciondolò giù dal collo.

Morto. Davvero. L’idea la stordì. Sentì le guance che le si arrossavano per il senso di colpa. Ferguson morto! Uno dei miei pazienti è morto. Quella testa ciondolante, quegli occhi ciechi. Elszabet rabbrividì: tutti quei discorsi della Traversata, dei risplendenti mondi alieni… adesso le parevano assurdi e bizzarri davanti a quella brutta realtà senza risposta. Più e più volte sentì questo pensiero echeggiarle nel cervello: Uno dei miei pazienti è morto. Nessun paziente era mai morto, prima di allora, lì al Centro. D’un tratto, con tutto il caos che turbinava là fuori, il tumulto e i grattatori che si aggiravano lì vicino, furtivi, e Tom che se ne andava intorno facendo Dio solo sapeva quale razza di stregonerie, c’era un solo pensiero nella mente di Elszabet, ed era che qualcuno affidato alle sue cure era morto. Tutto il lavoro che lei aveva svolto su Ferguson durante quell’anno, i test elaborati, i grafici controllati con estrema pignoleria, i consulti, i programmi della mondatura attentamente vagliati… ed era lì, morto.

Forse non lo era, non davvero. Forse era in una specie di trance profonda. Lei non era un medico. Non aveva mai visto una persona morta così da vicino. Sapeva che c’erano stati d’incoscienza che parevano uguali alla morte, pur trattandosi soltanto di animazione sospesa. Forse Ed Ferguson si trovava in uno di questi. Disse, rivolta ad Apriclass="underline" — Cos’è che gli ha fatto esattamente Tom, sai dirmelo? Quando ha fatto la Traversata, lui com’era?

Ma April era lontana. Elszabet si accovacciò accanto a Ferguson sentendosi intorpidita. La pioggia tambureggiava con forza sul tetto. Da qualche parte vicino alla strada principale una folla di fanatici stava vagando, appena fuori del Centro, e sul lato opposto del bosco tre grattatori dall’aspetto sinistro erano in agguato, e Tom se n’era andato, Dio solo sapeva dove, e qui c’era Ed Ferguson morto, o forse in trance, e April…

Sentì un rumore di passi nel corridoio. Gesù, cosa sarebbe successo adesso?

Qualcuno là fuori chiamava il suo nome: — Elszabet, Elszabet? - Pareva Bill Waldstein.

— Sono nella stanza sette.

Waldstein si precipitò dentro di corsa, quasi inciampò su April, e si arrestò con una brusca frenata. — Dante era preoccupata per te e mi ha mandato a vedere come te la stavi cavando — disse. Poi notò Ed Ferguson. — Cosa diavolo…

— Credo sia morto, Bill. Ma tu te n’intendi più di me. Per favore, dagli un’occhiata.

Waldstein la fissò: — Morto?

— Credo di sì. Ma controlla. Il medico sei tu, non io.

Waldstein si curvò sopra Ferguson, tastandolo qua e là. — Come un sacco vuoto — dichiarò. — Qui non c’è più nessuno.

— Morto, vuoi dire?

— Talvolta è difficile esserne completamente sicuri solo guardando. Ma a me pare completamente morto. Non c’è proprio nessuno in casa. Cristo, guarda quel sorriso vuoto sul suo viso.

— April dice che Tom gli ha fatto vedere come fare la Traversata.

— La Traversata?

— È partito per qualche stella, dice April. Si sono tenuti tutti per mano e l’hanno mandato da qualche parte.

Waldstein guardò Apriclass="underline" la grassona oscillava, canticchiava, singhiozzava. Girò lentamente la testa da un lato all’altro. — Mi stai dicendo che Ferguson è andato su un’altra stella? Su un’altra stella? Gesù, Elszabet!

— Non so dove lui si trovi. Ti ho ripetuto quello che April mi ha detto. È morto, no? Di cosa? Se non ha fatto la Traversata, di cosa è morto, un uomo apparentemente in perfetta saIute? April ha detto che si sono tutti tenuti per mano, Tom, Padre Christie, Tomás…

— E tu credi a questo?

— Sì, credo che abbiano fatto quello che April dice. Che si siano tenuti per mano ed abbiano effettuato una specie di rito. E sono quasi pronta a credere che Tom l’abbia mandato per davvero su uno dei mondi delle stelle… più che quasi pronta, forse. Guarda il suo viso, Bill. Guarda il suo viso. Hai mai visto un’espressione più beata di quella? È l’espressione di qualcuno che sa d’essere sul punto di andare dritto in paradiso. Ma Ferguson non credeva nel paradiso.

— E adesso si trova su qualche stella?

— Forse sì — annuì Elszabet. — Come faccio a saperlo?

Waldstein la fissò. — Dobbiamo trovare Tom e ucciderlo subito, in questo stesso istante.

— Cosa stai dicendo, Bill?

— Ascolta, non ci sono due vie di uscita, in questa faccenda. Hai intenzione di lasciarlo vagare qui intorno, ad assassinare la gente?

Elszabet fece un gesto d’impotenza. Non sapeva che risposta dare. Assassinio? Quella non era la parola giusta, pensò. Tom non avrebbe mai assassinato nessuno. Però… però… se Tom aveva toccato Ferguson come April aveva detto, e Ferguson era morto…

Waldstein disse ancora: — Se Tom è vero, se è genuinamente capace di sollevare la gente fuori dal proprio corpo, spedendola chissà dove, lasciandosi alle spalle soltanto un guscio vuoto, allora è l’uomo più pericoloso che ci sia al mondo. È, tutto da solo, uno spettacolo dell’orrore. Semplicemente, può andarsene in giro da un luogo all’altro, facendo fare la Traversata a questo e a quello, o qualunque altra cosa sia, fino a quando non sarà rimasto più nessuno vivo. Gli basterà schioccare le dita per spedire la gente su quelle dannate stelle… pensi che sia una buona cosa? Pensi che sia qualcosa che dobbiamo permettergli di fare? — Lei lo fissò, ma non riuscì ancora a trovare qualcosa da rispondere. Waldstein proseguì: — Questo, se credi a una qualunque parte di questa folle spazzatura. E se non ci credi, bene, allora abbiamo sempre il problema di scoprire come ha fatto ad uccidere Ferguson e…

Un improvviso, crepitante rumore uscì dal diffusore appiccicato con il nastro adesivo alla tempia di Elszabet. Sentì la voce di Arcidiacono, rotta, soffocata, quasi isterica.

— Dillo di nuovo — lo sollecitò.

Waldstein ricominciò a parlare, ma Elszabet sollevò la mano per farlo tacere. — Non tu, Bill. — Nel suo microfono, disse: — Non ho sentito quello che hai appena detto, Lew. Parla più piano. Con chiarezza.

— Ho detto che Tomás Menendez ha appena spento una delle barriere d’energia e i tumbondé si stanno riversando attraverso la nostra linea.

— Oh, Lew, no. No.

— Avevamo ogni cosa sotto controllo. Una folla colossale là fuori, ma non potevano entrare. Menendez portava in giro i generatori. Lavorava duro come tutti. Poi, è sembrato che avesse visto qualcuno che conosceva là fuori in quella folla, e si è messo a gridare che lui era colui che avrebbe aperto il cancello, o qualcosa del genere. E l’ha aperto. Ha subito spento la barriera. Ne abbiamo migliaia che stanno entrando nel Centro in questo preciso momento, Elszabet. Milioni, non lo so. Sono dappertutto. Fra due minuti saranno giù da voi.

— Oh, mio Dio — lei disse. Una strana tranquillità cominciò a impadronirsi di lei. Le venne quasi voglia di ridere.

— Cosa ti sta dicendo? — le chiese Waldstein.

Elszabet chiuse gli occhi e scosse la testa. — La barriera è giù, i tumbondé stanno arrivando. Oh, Gesù, Bill. È la fine. Eccoci, Gesù, eccoci.