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OTTO

Con un cuore ribollente di fantasticherie delle quali sono il comandante, con una lancia fiammeggiante e un cavallo d’aria, nella desolazione io vago. Da un cavaliere di spettri e di ombre vengo chiamato a un torneo dieci leghe al di là della sterminata estremità del mondo …io non penso affatto che sia un viaggio.
Mentre io canto «Un po’ di cibo, qualcosa da mangiare, da mangiare, da bere o da vestire. Vieni, dama o fanciulla, non aver timore. Il povero Tom non farà male a nessuno».
Canto di Tom O’Bedlam

1

Jaspin era ingobbito in avanti. Stringeva la barra quanto più saldamente poteva, contorcendosi e dimenandosi con tutto il corpo per impedire che la macchina slittasse o si ribaltasse andando a finire contro un albero. Non c’era più nessuna strada, venivano sospinti in mezzo a una distesa d’erba inzuppata e viscida, una specie di prato ridotto a un acquitrino per l’effetto zangola dovuto alle ruote delle macchine davanti a lui. La pioggia stava scendendo con tanta forza da scorrere in un ininterrotto torrente giù per il parabrezza.

Jill disse: — Sono sicura che è qui che si trova mia sorella. Trova un posto dove parcheggiare, lo scendo a cercarla.

— Parcheggiare con le migliaia di macchine e forse più che stanno arrivando dietro di me?

— Non me ne importa. Fermati accanto a uno di quegli edifici. Io vado dentro a prenderla. Non è a posto con la testa. Se non la proteggo, qualcuno la troverà e la violenterà, o forse la ucciderà. Questa non è più una processione, Barry. Adesso è una folla impazzita.

— Me ne sono accorto.

— Bene, e allora fermati e lascia che vada a cercare April.

— Sicuro — disse lui, sfiorando la piastra del freno. — Puoi scendere qui e andarla a cercare.

La macchina slittò sopra il fango viscido e si arrestò con uno scivolone proprio a ridosso di un grosso cespuglio carico di foglie. Tenne in moto la macchina. — Parcheggia accanto a uno degli edifici — insisté Jill. — Non qui.

— Non ho intenzione di parcheggiare da nessuna parte — ribatté Jaspin. — Cercherò di girare intorno e di trovare qualche strada fuori da questo posto, su per quel lato. Ma tu vai pure. Vai a cercare tua sorella.

— Non hai intenzione di fermarti?

— Senti — lui le disse, — questo è un vicolo cieco, non vedi? Lo sa solo Cristo perché il Senhor abbia girato da questa parte, ma noi ci troviamo adesso con qualche edificio proprio davanti a noi e una stramaledetta foresta di sequoie dietro gli edifici, e alle nostre spalle c’è tutto il pellegrinaggio dei tumbondé che avanza col rombo d’una mandria di dinosauri impazziti. Se io rimango qui, verrò schiacciato, appiattito contro quegli edifici o quegli alberi. Perciò, tu vai pure a cercare tua sorella. Io girerò a sinistra su per quella strada di terra battuta e andrò avanti finché potrò, e se la strada dovesse finire, uscirò dalla macchina e proseguirò a piedi. Giacché quello che succederà qui stamattina è il Buco Nero di Calcutta. Verranno calpestati in migliaia. Adesso scendi e vai a cercare tua sorella, se è questo che vuoi. Su, fuori.

Lei gli lanciò un’occhiata velenosa: — E come farò a ritrovarti?

— Questo è il tuo problema. — Jaspin le indicò la sinistra. — Vai da quella parte, e forse quando le cose si saranno calmate un po’, tornerò a cercarti. Forse. Vai, adesso.

— Bastardo — lei sibilò. Tornò a fissarlo, furiosa. Poi scosse la testa e uscì dalla macchina. Lui la seguì per qualche istante con lo sguardo. La vide correre verso i vecchi edifici di legno grigio corroso dalle intemperie che si trovavano subito davanti a loro. In un attimo fu completamente inzuppata dalla pioggia. Pareva una gigantesca gallina semiannegata che procedesse a grandi balzi in mezzo alla pioggia.

Si chiese dove fosse Lacy.

Aveva la sua macchina da qualche parte, nel corpo principale della processione. Non troppo indietro, lui sperava. La sera prima, quand’era stata prevista pioggia, lui le aveva detto che avrebbe dovuto cercare di portarsi in avanti, guidando quanto più possibile vicino all’avanguardia dei marciatori. Lui sapeva fin troppo bene che la pioggia avrebbe sconvolto ogni cosa, anche se non si era aspettato questo, l’improvvisa deviazione dall’Autostrada Uno su quella strada di campagna, la cieca, devastante intrusione in quel pacifico circondario rurale. Era impossibile capire cosa mai, sempre che qualcosa ci fosse, avesse in mente il Senhor, per svoltare in quella direzione. Ma aveva girato, e basta. C’erano state barriere d’energia a bloccar loro la strada, e poi, per qualche ragione, le barriere si erano spente e tutti si erano rovesciati in avanti. E adesso si trovavano qui. Che schifoso pasticcio, pensò Jaspin.

Jill scomparve nel passaggio fra due edifici. Due a uno che non la rivedrò mai più, si disse Jaspin. Oh, be’, che andasse pure al diavolo. Rimise in moto la macchina, sentì che le ruote scavavano dei solchi nel prato e si liberavano dal fango con energici risucchi. Piano, piano… ecco, adesso era su una strada di ghiaia. Saliva, procedendo lungo il profilo d’una collina dal basso crinale… tieni giù la testa e continua a slittare finché non sarai fuori di qui, ragazzo…

Ma non c’era nessun posto dove lui potesse andare. La strada ghiaiosa terminava in una discarica di rifiuti, all’estremità opposta c’era quello che pareva un orto, e quindi la foresta. Un vicolo cieco, non importava in quale direzione andasse. Jaspin si voltò a guardare e vide migliaia di macchine e furgoni che si ammucchiavano follemente nell’area triangolare fra i due gruppi di edifici, e un numero sempre maggiore continuava ad arrivare da ovest. Quelli più indietro sembravano non rendersi conto che non c’era nessuna strada davanti, e continuavano ad avanzare sferragliando, spensierati, verso quello che, non c’era dubbio, sarebbe stato il più grande cataclisma veicolare della storia umana.

Non aveva senso ripercorrere la strada ghiaiosa e ricongiungersi con quella allegra baraonda. Jaspin abbandonò la sua macchina sul confine dell’orto e avanzò in mezzo ai rovesci di pioggia fino a un albero dalla gigantesca chioma. In piedi sotto di esso, riuscì a tenersi più o meno asciutto, con una buona panoramica della carneficina.

Laggiù si stavano speronando l’un l’altro senza poter far nulla, i grossi furgoni passavano direttamente sopra le macchine più piccole. Proprio come i dinosauri, pensò Jaspin, esattamente come una mandria di dinosauri impazziti. Vide l’autobus del Senhor e quello del Nucleo Interno proprio in mezzo a tutto. Gli stendardi sventolavano sotto la pioggia battente in cima all’autobus del Senhor e qualcuno aveva montato le statue di Narbail e di Rei Ceupassear sul cofano. Le enormi effigi di cartapesta cominciavano a sciogliersi.

Jaspin avrebbe desiderato trovarsi in macchina con Lacy invece che con Jill. Così almeno avrebbe saputo dove si trovava lei in un simile momento. Era probabile che la cosa a Jill non sarebbe importata per niente. Ma al Senhor sì. Il Senhor aveva scoperto che lui se la faceva con qualcun’altra e non con la moglie scelta per lui dal dio, Jill, e al Senhor la cosa non era affatto piaciuta. Bacalhau stesso l’aveva fatto sapere a Jaspin. Tocca la donna dai capelli rossi e farai arrabbiare molto il Senhor. Così Jaspin e Lacy c’erano andati piano durante gli ultimi due giorni. Non era mai saggio far arrabbiare il Senhor. E adesso Lacy era là sotto, smarrita in quella follia, e…

No. Eccola là. Chiaramente visibile, con i capelli rossi che spiccavano vividi nel mezzo d’una folla di almeno un migliaio di persone, le quali erano scese dalle loro macchine e si muovevano in un caos barcollante in mezzo al prato.