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— Si tolga di mezzo! — esclamò l’altro. Aveva una sorta d’espressione folle negli occhi.

— Voglio sapere se è qui che…

— Cosa vuole qui? Cosa ci fate voi tutti, qui? Se ne vada! — Agitò le braccia verso di lei. Era la cosa più folle che avesse mai visto.

— Sto cercando mia sorella, April Cranshaw. È una paziente qui da voi e voglio…

Ma lui se n’era già andato, schizzando via da lei come un matto, per scomparire in mezzo alla tempesta. D’accordo, pensò Jilclass="underline" se siete così, me ne fregherò anch’io. Si chiese quanto dovessero esser matti i pazienti in quel posto, se il personale era così. Quell’uomo le era parso un dottore, forse uno psichiatra. Erano tutti matti, comunque. Naturalmente il fatto che migliaia di macchine avessero appena adesso invaso i terreni del Centro e tutta l’orda dei mongoli stesse caracollando sul prato là fuori poteva averlo scombussolato un po’.

Entrò nell’edificio. Sì, pareva proprio un dormitorio. Il tabellone per i bollettini, qualche avviso esposto, un sacco di stanzette che si aprivano sul corridoio.

— April? — chiamò. — April, tesoro, sono Jill. Sono venuta a prenderti, April. Esci fuori, se sei qui. April. April.

Guardò dentro alle stanze, una dopo l’altra. Vuota. Vuota. Vuota. Poi in una stanza in fondo al corridoio vide un uomo seduto sul pavimento, ma o era ubriaco, o era morto, non avrebbe saputo dire quale dei due. Lo scrollò, ma l’uomo non si svegliò. — Ehi, tu. Tu! Sto cercando di trovare mia sorella. — Ma era come parlare a una sedia. Fece per uscire, ma poi udì dei rumori provenire dal bagno, qualcuno che cantava e mugolava. — Ehi? — chiamò Jill. — Chiunque sia là dentro…

— Vuoi usare il bagno? Non posso lasciarti entrare. Devo starci io. Dovrei rimanere qui fino a quando non torna la dottoressa Lewis o il dottor Waldstein.

— April? Sei April?

— Dottoressa Lewis?

— Sono Jill. Per l’amore di Cristo… tua sorella Jill! Apri la porta, April.

— Devo rimanere qua dentro fino a quando il dottor Waldstein o la dottoressa…

— Allora rimani là dentro. Ma apri la porta. Devo fare la pipì, April. Vuoi che me la faccia nei calzoni? Apri.

Un momento di silenzio, e finalmente la porta si aprì.

— Jill?

Era come la voce di una ragazzina. Ma la donna dietro a quella voce era come una montagna. Jill si era dimenticata di quanto fosse grossa sua sorella maggiore oppure April aveva accumulato dell’altro grasso da quando era andata là. Un po’ tutte e due le cose, pensò Jill. April aveva uno strano aspetto… più strano di quanto Jill ricordasse, completamente estraniata, gli occhi luccicanti e bizzarri, il volto bianchissimo… le guance grasse erano afflosciate. — Sei qui per aiutarmi a fare la Traversata? — chiese April. — Il signor Ferguson ha fatto la Traversata poco fa. E Tom dice che la faremo tutti. Oggi andremo sulle stelle. Io non so se voglio andare sulle stelle, Jill. È questo che succederà oggi?

— Quello che succede oggi è che ti tirerò fuori da questo posto — dichiarò Jill. — Qui non è più sicuro. Dammi la mano. Ecco. Vieni, April. Brava April. Bella April.

— Dovrei restare qui nel bagno. Il dottor Waldstein tornerà subito e mi farà un’iniezione, e io mi sentirò meglio.

— Ho appena visto il dottor Waldstein che correva come un matto nell’altra direzione — disse Jill. — Su, vieni. Ti puoi fidare di me, facciamo una passeggiatina, April.

— Dove mi manderanno? Sui Nove Soli? Sul Mondo Verde?

— Li conosci? — domandò Jill, sorpresa.

— Li vedo ogni notte. Riesco quasi a vederli anche adesso. La Sfera di Luce. La Stella Azzurra.

— Sì, è esatto. Maguali-ga aprirà il cancello. Chungirà-Lui-Verrà, lui verrà. Non c’è niente di cui preoccuparsi. Dammi la mano, April.

— Il dottor Waldstein…

— Il dottor Waldstein mi ha chiesto di venire a prenderti e portarti fuori — disse Jill. — Gli ho appena parlato. Un uomo alto, capelli scuri, camice bianco. Ha detto: Di’ ad April che non avrò tempo di tornare subito, perciò vai a prenderla tu.

— Ha detto questo? — April sorrise. Mise la mano in quella di Jill e fece un passo o due fuori del bagno. — Su, April, vieni, brava…

Jill condusse sua sorella attraverso la stanza, davanti all’uomo morto o privo di sensi seduto sul pavimento. Superarono la porta. Si avviarono lungo il corridoio. Avevano quasi raggiunto l’uscita, quando la porta che dava sull’esterno si aprì e due persone entrarono di corsa. Barry, per l’amor di Cristo! E quella sua donna con i capelli rossi.

— Jill?

— Ho trovato mia sorella. Questa è April.

— Allora è questo il dormitorio dei pazienti? — chiese la donna dalla chioma rossa.

— Sì. Cerchi qualcuno anche tu?

— Il mio partner. Ti ho detto che era un paziente qua dentro.

— Non c’è nessun altro qua dentro… No, aspetta: c’è un tizio. Nell’ultima stanza sulla sinistra, in fondo al corridoio. Potrebbe perfino essere morto. Se ne sta seduto sul pavimento, un gran sorriso sulle labbra. Cosa sta succedendo là fuori?

— Il Nucleo Interno sta cercando di calmare la massa — l’informò Jaspin. — Si sono sparpagliati tra la folla, portando le immagini sacre. È quasi una sommossa, ma potrebbero giusto riuscire a calmarli.

— E il Senhor? La Senhora?

— Nel loro autobus, a quanto ne so.

Jill disse: — Il Senhor dovrebbe venir fuori. È il solo modo per calmare le acque.

— Vado in fondo al corridoio — disse la donna dai capelli rossi.

Jill si rivolse a Jaspin: — Dovresti andare dal Senhor, e chiedergli di parlare alla folla, altrimenti sai che diventeranno tutti dei pazzi scatenati, dei forsennati… e dopo, cosa accadrà al pellegrinaggio? Vai a parlargli, Barry. Ti ascolterà.

— Non ascolterà nessuno, lo sai.

Dal fondo del corridoio l’altra donna chiamò: — Puoi venire qui, Barry? Ho trovato Ed, ma non credo che sia vivo.

— Ha fatto la Traversata — disse April, con una voce come se stesse parlando nel sonno.

— Sarà meglio che vada — fece Jaspin. — Cos’hai intenzione di fare?

— Portar via con me April, trovare un posto sicuro, aspettare che le acque si calmino.

— Questo non ti sembra un posto sicuro?

— No, quando diecimila persone decidono tutte assieme di mettersi al riparo dalla pioggia. Un vecchio edificio traballante come questo, lo faranno crollare subito.

La donna dai capelli rossi ora stava tornando verso di loro. — È morto — dichiarò. — Mi chiedo cosa sia successo… Povero Ed. Era un bastardo, ma anche così… morto.

— Vieni, April — ripeté Jill. — Dobbiamo andarcene da qui.

Guidò sua sorella intorno a Jaspin e poi fuori, sulla veranda del dormitorio. La scena davanti a lei era più incontrollabile che mai. Le auto si andavano ammucchiando come i relitti lasciati da un’inondazione. Gente dappertutto, che urlava disorientata, agitandosi come api in un alveare. Non c’era più spazio perché qualcuno potesse muoversi; erano tutti accalcati l’uno a ridosso dell’altro. E al centro di tutto c’era l’autobus del Senhor. Davanti ad esso erano visibili gli undici membri del Nucleo Interno, tutti agghindati nei loro costumi tumbondé da gran parata. Inalberavano le immagini inzuppate d’acqua dei grandi dèi. Stavano avanzando lentamente, aprendosi un sentiero tra la folla. La gente cercava di fare spazio davanti a loro, ma era difficile; non c’era più nessun posto dove andare.

Poi Jill vide un ometto tozzo e tarchiato, con una zazzera di capelli rossi, arrampicarsi su per il fianco dell’autobus del Senhor, e far qualcosa ad uno degli schermi protettivi dei finestrini, riuscendo in qualche modo a staccarlo, infilandosi poi, a furia di contorcimenti, all’interno.