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— Sì. Sì.

Elszabet allungò la mano verso di lui in attesa.

Sentì qualcuno che gridava il suo nome, in un tono peculiare e disperato, scandendo le sillabe con voce rotta. El Sza Bet. El Sza Bet. Quel bizzarro momento ipnotico s’infranse, Elszabet tirò indietro la mano e si guardò intorno. Dan Robinson stava arrivando di corsa. Pareva esausto, quasi sul punto di crollare.

Dan fissò Tom con indifferenza, senza interesse, come se non l’avesse riconosciuto. Rivolto a Elszabet le disse, con un tono di voce smorto e privo d’inflessione: — Avremmo dovuto battercela un’ora fa. Stanno sparando. Hanno armi, laser, Dio sa cosa. Sono tutti impazziti da quando il loro capo è stato assassinato.

— Dan…

— Ogni via d’uscita da qui è bloccata. Moriremo tutti.

— No — lei ribatté. — C’è ancora una via d’uscita.

— Non capisco.

Elszabet indicò Tom. — La Traversata — spiegò. — Tom ci manderà via da qui. Sul Mondo Verde. Robinson la fissò con occhi sgranati.

— Questo posto è finito — proseguì Elszabet. — Il Centro, la California, gli Stati Uniti, il mondo intero. Noi l’abbiamo distrutto, Dan. Ci siamo intrappolati da soli, inciampando e finendo lunghi distesi; abbiamo insudiciato il nostro stesso nido. Ogni cosa è impazzita. Quanto tempo credi che ci vorrà prima che incomincino a sganciare di nuovo la polvere rovente? O, questa volta, le bombe? Ma questo accadrà soltanto qui, sulla Terra. Là fuori, tutto sarà diverso.

Dan Robinson la guardava a bocca spalancata. — Parli seriamente, vero?

— Sono assolutamente seria, Dan.

— Incredibile. Pensi di poter andare su qualche altro mondo, così?

— Ferguson l’ha fatto. E April. E Nick.

— È completamente insensato.

— Puoi vedere il sorriso sui loro volti. È pura beatitudine. Tu sai che sono andati sui mondi delle stelle, Dan.

Robinson si voltò verso Tom e lo studiò con vivo stupore. Tom sorrideva, annuiva, era raggiante.

— Ci credi davvero, Elszabet? Lui fa schioccare le dita, e tu parti… così?

— Sì.

— E se anche fosse vero? Riusciresti ad abbandonare tutto, tutte le tue responsabilità, per battertela sul Mondo Verde? Riusciresti a farlo?

— Quali responsabilità? Il Centro… lo stanno facendo a pezzi, Dan. E se resteremo qui, verremo comunque uccisi dai tumulti. L’hai detto tu stesso, due minuti fa, non te ne ricordi?

Lui la guardò. Pareva sconcertato.

— Ci ho pensato — proseguì Elszabet. — Anche se riuscissimo a fuggire da questa folla, io non voglio più rimanere qui. È tutto finito per me, qui. Ho fatto del mio meglio, Dan. Ho tentato, onestamente ho tentato. Ma è tutto distrutto. Adesso voglio andarmene, e iniziare una seconda volta da qualche altra parte. Non ha forse senso tutto questo? Tom ci manderà sul Mondo Verde.

— Noi?

— Noi, sì. Tu ed io. Ci andremo insieme. Ecco, metti le tue mani nelle sue. Fallo, Dan. Su, metti le tue mani nelle sue.

Dan Robinson arretrò di un passo e portò di scatto le mani dietro la schiena, come se lei avesse tentato di versarci sopra olio bollente. I suoi occhi erano luminosi. — Per l’amor di Dio, Elszabet!

— No. Per amor nostro.

— Dimentica tutte queste sciocchezze. Senti, forse possiamo ancora riuscire a scappare attraverso la foresta. Vieni con me…

— No, vieni tu con me.

Ancora una volta lei protese la mano verso di lui. Dan si ritrasse ancora più in là. Tremava, e la sua pelle aveva assunto una colorazione quasi gialla.

— Non abbiamo più tempo, Elszabet. Vieni. Noi tre, giù per la strada della foresta, lungo la pista dei rododendri…

— Se è questo che vuoi fare, Dan, sarà meglio che tu vada.

— Non senza di te.

— Non essere assurdo. Vai!

— Non posso lasciarti qui a morire.

— Non morirò. Ma potrebbe succedere a te, se non te ne andrai adesso. Ti auguro ogni bene, Dan. Forse ti rivedrò un giorno. Sul Mondo Verde.

— Elszabet!

— Pensi che io sia totalmente pazza, vero?

Lui scosse la testa e corrugò la fronte, e allungò una mano verso di lei come per trascinarla via a forza attraverso la foresta. Ma non riuscì a indursi a toccarla. Le sue mani si librarono a mezz’aria e là si arrestarono, come se temesse che ogni contatto diretto con lei potesse in qualche modo scagliarli tutti e due a precipizio verso le stelle. Per un momento rimase pietrificato, silenzioso. Aprì la bocca ma non ne uscì nessuna parola, soltanto un singhiozzo soffocato. Si sporse più vicino a lei e le dette un’ultima occhiata, poi si girò e schizzò via di corsa fra due edifici distrutti, scomparendo alla sua vista.

— Va bene — disse Tom. — Adesso sei pronta ad andare, Elszabet?

— Sì — rispose lei. Ma poi aggiunse: — No. No…

— Ma eri pronta un momento fa!

Lei gli fece segno di arretrare. Gli orecchi le rombavano di nuovo, questa volta ancora più forte. Scrutò la penombra spazzata dalla pioggia, cercando di scorgere ancora Dan Robinson. Ma se n’era andato. — Lasciami pensare — disse. Tom cominciò a dire qualcosa, ma lei fece un gesto ancora più urgente del primo. — Lasciami pensare, Tom.

Ci credi davvero? aveva detto Dan. Lui fa schioccare le dita, e tu parti, così?

Non lo so, pensò Elszabet. Ci credo davvero?

E poi Dan aveva detto: Riusciresti ad abbandonare tutto, a tralasciare le tue responsabilità, a battertela sul Mondo Verde?

Non ne sono sicura, pensò. Posso farlo? Posso?

Tom la stava osservando senza dire niente. La lasciava pensare. Lei se ne stava lì immobile, tentennante, smarrita nei dubbi.

Ci credo? Sì, pensò. Sì, perché non c’è nessuna vera alternativa. Ci credo perché devo crederci.

E posso scrollarmi di dosso le responsabilità e andarmene? Sì, le mie responsabilità qui sono finite. Il Centro è stato distrutto. I miei pazienti se ne sono andati. Qui non mi è rimasto più nessun lavoro da fare.

Scrutò di nuovo in distanza davanti a sé cercando Dan Robinson. Sarebbe stato così bello, pensò, se lui fosse andato insieme a lei. Loro due che ricominciavano la propria vita sul Mondo Verde. Imparando di nuovo a vivere, imparando ad amare. Avrebbe funzionato, pensò. No. No. Ma invece lui era fuggito nella foresta. D’accordo. Se era questo che aveva bisogno di fare, che lo facesse pure. Lui non capisce. Il suo Tempo non è arrivato, non ancora.

— Credo che adesso tu sia pronta — disse Tom.

Elszabet annuì. — Andiamo via tutti e due, Tom. Io e te insieme, sul Mondo Verde. Non sarebbe una bella cosa? Saremmo entrambi cristallini, insieme, e faremmo una passeggiata fino al Palazzo d’Estate e potremmo ridere e parlare di questo giorno, di tutta questa pioggia, del fango dappertutto, della follia che ci circondava. Sì. Sì. Cosa ne dici? Quando spedisci me, spedisci anche te stesso. Lo farai?

Tom rimase silenzioso a lungo.

— Vorrei poterlo fare — dichiarò alla fine, con voce sommessa, tenera. — Tu sai che adesso è la cosa che vorrei di più. Venire sul Mondo Verde insieme a te, Elszabet. Vorrei poterlo fare. Vorrei tanto poterlo fare.

— Allora fallo, Tom.

— Non posso venire — rispose. — Devo rimanere qui. Ma per lo meno posso aiutarti. Ecco, dammi le mani.

Tese una volta ancora le mani verso di lei. Elszabet tremava tutta. Ma questa volta non si tirò indietro. Era pronta, sapeva che era giusto.