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— Arrivederci, Elszabet. E, sì, grazie per avermi ascoltato, sai. — La sua voce era dolcissima, e c’era una nota che pareva quasi addolorata, ma non sul serio. — Questo ha significato molto per me — proseguì. — Quando venivo nel tuo ufficio e tu mi ascoltavi. Nessuno l’aveva mai fatto, prima, salvo Charley, qualche volta, ma era diverso, con Charley. Charley non è come te.

Com’è triste, pensò Elszabet. Io posso andare, e Tom, che ha fatto tutto questo per me, deve rimanere.

— Vieni con me — gli disse.

— Non posso — rispose Tom. — Devi andare senza di me. Va bene?

— Sì. Va bene.

— Adesso — disse Tom.

Le serrò entrambe le mani con forza. Elszabet tirò un respiro lungo e profondo, e aspettò. Una sensazione di felicità e di grazia crebbe dentro di lei. Era meravigliosamente calma e sicura. Aveva fatto del suo meglio, qui. Ma adesso era veramente giunto il momento di andarsene. Una nuova vita sarebbe cominciata per lei su un nuovo mondo. Le parve di non aver mai conosciuto una simile certezza prima di allora. Avvertì all’improvviso una nuova tensione, una tensione che non aveva mai provato prima, una sorta di sospensione dell’anima; e poi venne la liberazione. L’ultima cosa che vide fu il volto addolorato di Tom, pieno d’un disperato amore per lei. Poi il colore verde si levò intorno a lei come una fontana di luce gioiosa e si sentì volar via, iniziando il meraviglioso viaggio verso l’esterno.

9

Adesso pareva un campo di battaglia. La pioggia cadeva con forza più rabbiosa che mai, e i prati, i giardini e le aiuole erano ridotti a un gran mare di melma, e tutti gli edifici erano frantumati o incendiati o entrambe le cose. C’era gente che andava in giro come accecata, barcollando in mezzo alla tempesta, e altri erano rannicchiati dietro alle automobili e agli autobus e si sparavano addosso. Tom rivolse un’ultima occhiata alla donna sorridente distesa ai suoi piedi e si allontanò, udendo ancora la voce di Elszabet che diceva: — Vieni con me — e la sua che replicava: — Non posso, non posso, non posso.

Come avrebbe potuto andare adesso, quando la Traversata era appena cominciata?

Si chiese se sarebbe mai riuscito ad andare. C’era così tanta gente da spedire, ed era lui il solo ad avere il potere, no? Forse avrebbe potuto insegnarlo ad altri, in qualche modo. Ma anche così, erano tanti quelli che dovevano andare! E pensò di nuovo, come aveva fatto spesso altre volte, a Mosé, il quale aveva guidato il suo popolo fino alla terra promessa per poi vederla soltanto da fuori, e il Signore che gli diceva: Ho fatto in modo che tu la vedessi con i tuoi occhi, ma tu non andrai laggiù. Era quello che sarebbe successo a lui.

Tom sollevò lo sguardo verso il cielo, cercando di penetrare le nubi con lo sguardo e vedere le stelle. Quegli imperi dorati in attesa. Quegli esseri simili a dèi. Quelle città risplendenti, vecchie di milioni di anni.

Voi là fuori, voi kusereen che avete progettato tutto questo… è questo il vostro piano, usarmi soltanto come uno strumento, il veicolo, e poi lasciarmi qui, una volta che il mondo sarà finito?

Non poteva credere che fosse così. Non voleva crederlo. Nel momento stesso della fine sarebbero venuti a prendere anche lui. Avrebbero dovuto farlo una volta che tutti gli altri avessero compiuto la Traversata. Ma forse no. Forse lo avrebbero lasciato lì, tutto solo. Come poteva pretendere, lui, di capire i kusereen? Be’, pensò, se dovrà essere così, sarà così. Lo scoprirò soltanto quando verrà il momento.

Nel frattempo c’è del lavoro da fare.

Charley si avvicinò a lui, avvolto nel fango.

— Eccoti qua — gli disse. — Credevo che non sarei riuscito a trovarti mai più.

Tom sorrise. — Sei pronto per la Traversata, adesso, Charley?

— Lo stai facendo davvero? Stai spedendo via la gente, sul Mondo Verde e tutto il resto?

— Proprio così — confermò Tom. — È tutta la mattina che li spedisco via. Su mondi diversi, il Mondo Verde, i Nove Soli, e tutti gli altri. Ho spedito perfino Stidge. Stava per colpirmi con la sua lancia, e io l’ho spedito.

Charley lo fissava con gli occhi sgranati: — L’hai spedito, non è vero? Dov’è andato?

— Luiiliimeli.

— Loollymooly. Buon vecchio Loollymooly. Spero che sia felice lassù, quel dannato Stidge. Andare a vivere su Loollymooly! — Charley scoppiò a ridere. Guardò qualcosa oltre le spalle di Tom. Per un attimo parve smarrito nei propri sogni di altri mondi. Poi rimise a fuoco la sua attenzione su Tom e disse con voce diversa, rapida ed efficiente: — Va bene, battiamocela da questo posto, Tom.

— Non posso, ancora. Prima ho ancora alcune cose da fare…

— Cristo, oh, Cristo, Tom, cosa c’è che non va? Andiamo a cercare il furgone e mettiamoci in viaggio, prima che uno di questi matti ci faccia fuori. Non riesci a capire? Si stanno sparando addosso dappertutto qui intorno.

— Non vuoi fare la Traversata, Charley?

— Grazie lo stesso — disse Charley. — Non è quello che ho in mente in questo momento.

— Ti darò il Mondo Verde, di sicuro.

— Grazie lo stesso — ripeté Charley. E poi disse qualcos’altro, ma Tom non riuscì a capire. Tutto quel rumore, le grida, il tambureggiare della pioggia. La folla passò di nuovo accanto a loro come una marea montante e Charley venne trascinato via. Tom scrollò le spalle. Be’, forse non era ancora giunto il momento di Charley. Continuò ad avanzare. Intorno a lui la gente scivolava e slittava e cadeva un po’ dappertutto. Di tanto in tanto qualcuno si girava verso di lui con quello che pareva un appello nello sguardo, e Tom lo toccava e lo spediva su uno di quei mondi accoglienti. Qualche attimo dopo vide un altro volto familiare emergere dalla confusione, un uomo dalla pelle ruvida, butterata, gli occhi d’un gelido azzurro. — Ehi, Buffalo — gli disse Tom. — Come va?

— Ehi, Tom. È Charley quello laggiù, non è vero?

Tom si voltò. Per un istante intravide ancora una volta Charley, il quale cercava di aprirsi la strada fra sette od otto individui frenetici. — Sì — annuì Tom. — È Charley. Ero con lui, prima, ma siamo stati separati. Guarda, eccolo che arriva.

Charley eruppe tra la folla e corse fino a loro. Aveva il respiro affannoso, il volto reso lucido dalla pioggia e dallo sforzo. — Ehi, Buffalo — esclamò. — Cristo, sono contento di vederti.

— Charley, ehi. C’è nessun altro in giro?

— Nessuno. Non è rimasto nessuno, tranne noi due. Forse Mujer, ma non ne sono sicuro. Andiamo a cercare il furgone, d’accordo? Dobbiamo battercela da questo posto.

— Ci puoi scommettere — dichiarò Buffalo.

— E tu, Tom? — chiese Charley. — Tu vieni con noi. Andremo a sud, proprio come abbiamo detto.

Tom annuì. — Forse fra poco, qualche ora.

— Ci andiamo adesso — disse Charley. — Restare ancora qui è da matti.

— Allora andate senza di me.

— Per l’amor di Cristo…

— Devo restare qualche ora ancora — spiegò Tom. — Qui la gente ha bisogno di me. Non posso andarmene, non ancora. Fra non molto, certo, forse al tramonto. — Sì, pensò dentro di sé, forse al tramonto. Per allora avrebbe fatto tutto quello che era indispensabile lì, in quel posto, e avrebbe potuto proseguire. Si era fatto degli amici, lì in quel posto, e li aveva spediti alle stelle. Adesso avrebbe spedito qualcuno di quegli altri, quelli che avevano seguito l’ometto di San Diego dalla pelle scura, il tassista. E poi sarebbe andato a cercare Charley e Buffalo e se ne sarebbe andato con loro. Sarebbe andato da qualche altra parte. Si sarebbe fatto altri amici. Avrebbe spedito anche loro. — Voi andate a cercare il furgone — disse Tom. — Vi ci vorrà un po’ di tempo. Più tardi, forse, verrò a raggiungervi là nel bosco, d’accordo?