Выбрать главу

«Sbrigati!» ripeté Gray.

«Ti ho sentito la prima v…»

Con un sonoro crac, la sezione di libreria su cui stava Gray crollò. Lui si aggrappò con forza ai margini del buco, mentre gli scaffali si rovesciavano, schiantandosi tra le fiamme. Si sollevò una nuova vampata di calore, fuliggine e fiamme.

Fiona urlò quando anche gli scaffali sotto di lei vacillarono: ma resistettero. Appeso per le braccia, Gray le gridò: «Fai un salto e aggrappati alle mie spalle».

Fiona non ebbe bisogno di ulteriori incoraggiamenti. Saltò e gli piombò addosso con grande slancio, agganciandogli le braccia attorno al collo e avvinghiandosi alla sua vita con le gambe. Lui oscillò, rischiando di perdere la presa.

«Riesci a usare il mio corpo per arrampicarti nel buco?» chiese, con la voce roca dallo sforzo.

«Credo di sì.»

La ragazza rimase appesa ancora per un momento, senza muoversi.

I bordi frastagliati del buco gli stavano lacerando le dita. «Fiona…»

La sentì tremare, poi spostarsi attorno alla sua schiena. Una volta che si fu messa in movimento, si arrampicò rapidamente, piazzandogli un piede sulla cintura e poi appoggiandosi sulla sua spalla. In un attimo fu dall’altra parte, con l’agilità di una scimmia ragno.

Sotto di loro divampava un falò di libri e scaffali.

Gray non perse tempo: s’issò su per il buco e rotolò sul pavimento. Si ritrovò al centro di un corridoio dal quale si dipartivano stanze in tutte le direzioni.

«Il fuoco è arrivato anche quassù», bisbigliò Fiona, come se temesse di attirare l’attenzione delle fiamme.

Alzandosi in piedi, Gray vide il tremolio dell’aria rovente nella parte posteriore dell’appartamento. Il fumo che soffocava quei locali era ancora più denso che al piano di sotto. «Andiamo.»

La corsa non era ancora finita.

Gray si precipitò in fondo al corridoio, lontano dal fuoco, e si fermò davanti a una finestra sbarrata con assi di legno. Sbirciò tra due tavole. Si sentivano le sirene in lontananza. In strada si era formato un capannello di curiosi. E sicuramente c’era anche qualche sicario nascosto tra loro.

Se avessero cercato di uscire dalla finestra, Gray e la ragazza si sarebbero resi vulnerabili.

Anche Fiona osservava quel gruppetto. «Non ci lasceranno scappare, vero?»

«E allora ce ne andremo per conto nostro.» Gray fece dietrofront e cominciò a scrutare il soffitto. Gli tornò alla mente l’immagine delle finestre dell’abbaino che aveva visto prima, dalla strada. Dovevano raggiungere il tetto.

Fiona capì le sue intenzioni. «C’è una scala a scomparsa nella stanza accanto.» Fece strada. «A volte venivo qui a leggere quando Mutti…» Le s’incrinò la voce e lasciò la frase a metà.

Gray sapeva che la morte della nonna l’avrebbe perseguitata a lungo. Le mise un braccio attorno al collo, ma lei se lo scrollò di dosso con rabbia e si allontanò.

«È qui», disse la ragazza, entrando in quello che un tempo era probabilmente un soggiorno, ma che ormai conteneva soltanto qualche cassa e un divano sbiadito e lacero.

Fiona indicò una corda sfilacciata che pendeva dal soffitto, agganciata a una botola. Gray tirò la corda e una scala di legno pieghevole si estese fino a terra. La risalì per primo, seguito da Fiona.

Il sottotetto non era rifinito: soltanto materiale isolante, travi ed escrementi di topi. L’unica luce proveniva dalle due finestre. Una dava sulla strada dell’ingresso principale e l’altra sul retro. C’era un velo di fumo, ma per il momento niente fiamme.

Gray decise di provare la finestra sul retro. Era rivolta a ovest e quella parte del tetto era in ombra, a quell’ora. In più, era sul lato della casa avvolto dalle fiamme, che forse i loro aggressori avrebbero sorvegliato con minor attenzione.

Gray saltò da una trave all’altra. Sentiva il calore che risaliva dal basso. Una porzione dell’isolante cominciava già a fumare: la fibra di vetro si stava sciogliendo.

Raggiunta la finestra, Gray diede un’occhiata di sotto. L’inclinazione del tetto era tale da impedirgli di vedere il cortile dietro la bottega. E, se lui non vedeva loro, loro non potevano vedere lui. In più, dalle finestre rotte del piano inferiore salivano dense spirali di fumo: una copertura aggiuntiva.

Una volta tanto il fuoco era dalla loro parte.

Comunque Gray si scostò da un lato mentre sganciava il chiavistello della finestra e l’apriva con una spinta. Aspettò. Niente colpi d’arma da fuoco. Si sentivano le sirene convergere nella strada.

«Vado io per primo», sussurrò Gray all’orecchio di Fiona. «Se la strada è sgombra…»

Sentirono un rombo cupo alle loro spalle e si voltarono.

Una lingua di fuoco prorompeva dal cuore dell’isolante in fiamme, lambendo il tetto, strepitando e fumando. Non c’era più tempo.

«Seguimi», esortò Gray.

Avanzò furtivamente fuori dalla finestra, stando basso. Là fuori, sul tetto, l’aria era meravigliosamente fresca e frizzante, dopo quell’interminabile senso di soffocamento.

Rianimato dalla possibilità di fuga, Gray mise alla prova le tegole. Il tetto era molto spiovente, ma gli scarponi gli davano una buona presa. Con attenzione, ci si poteva camminare. Si allontanò dalla finestra e puntò verso il bordo del tetto, a nord. La distanza tra le villette a schiera era meno di un metro. L’avrebbero potuta superare con un salto.

Soddisfatto, si voltò nuovamente verso la finestra. «Okay, Fiona, fai attenzione.»

La ragazza sporse la testa, si guardò attorno, poi cominciò a strisciare sul tetto. Rimase accovacciata, procedendo gattoni.

Gray l’aspettò. «Te la stai cavando bene.»

Lei gli lanciò uno sguardo. Distratta, non si accorse di una tegola incrinata, che le si frantumò sotto il piede e si staccò, facendole perdere l’equilibrio. La ragazza finì a pancia in giù e cominciò a scivolare, cercando invano una presa con mani e piedi.

Gray si protese per afferrarla, ma le sue dita trovarono solo aria.

Scivolando sulle tegole, la ragazza prendeva sempre più velocità. Nel frenetico tentativo di arrestare quella corsa, ruppe altre tegole. Frammenti di coccio rimbalzavano fragorosamente sotto di lei, diventando una valanga.

Gray era disteso a pancia in giù. Non poteva fare nulla per aiutarla.

«La grondaia!» le gridò, abbandonando ogni cautela. «Attaccati alla grondaia!»

Apparentemente sorda alle sue parole, lei continuò a cercare una presa con le dita e a far saltare tegole coi piedi. Sbatté con un fianco e cominciò a rotolare, lasciandosi sfuggire un grido tremolante.

Le tegole rotte cominciarono a piovere dal bordo del tetto. Gray le sentì frantumarsi sul selciato del cortile, come una gragnola di petardi.

Poi Fiona le seguì. Ruzzolò giù dal tetto agitando convulsamente le braccia.

E svanì.

3. UKUFA

Riserva di Hluhluwe-Umfolozi,

Zululand, Sudafrica,

ore 10.20

A novemila chilometri di distanza da Copenhagen, dall’altra parte del mondo, una Jeep scoperta avanzava faticosamente su un terreno accidentato, in un’area selvaggia del Sudafrica, dove non c’erano strade.

Il caldo opprimente attanagliava già la savana e creava miraggi scintillanti. Nello specchietto retrovisore, le pianure cuocevano brillanti sotto il sole, interrotte da macchie di arbusti spinosi e cespugli isolati di salice rosso. Più avanti sorgeva una collinetta bassa, costellata di fitte acacie nodose e scheletrici alberi di monzo.

«È questo il posto, dottoressa?» chiese Khamisi Taylor, sterzando per superare il letto di un ruscello asciutto, mentre la Jeep sollevava una nuvola di polvere che sembrava una coda di gallo. Diede un’occhiata alla donna seduta accanto a lui.

La dottoressa Marcia Fairfield stava quasi in piedi al posto del passeggero, una mano stretta al bordo del parabrezza per tenersi in equilibrio. Indicò con l’altra mano. «Andiamo verso ovest, c’è un avvallamento profondo.»