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E adesso quel Pelorat, quello strano accademico che sembrava vivere nelle nuvole, gli era venuto a dire che la vecchia tremenda aveva organizzato tutto già da settimane.

Trevize si sentiva davvero il ragazzo sciocco che era stato accusato di essere.

Sarebbe andato in esilio con uno storico che lo chiamava “caro amico” e che pareva entusiasta di cominciare a cercare per la Galassia qualcosa chiamato “Terra”.

«Per la barba del nonno del Mulo, che cos’è mai la Terra?» si era chiesto appena l’altro l’aveva nominata. Ed aveva chiesto spiegazioni.

— Perdonatemi, professore — aveva detto. — Sono ignorante nella vostra materia, e spero non vi seccherete se vi chiedo di dirmi in termini semplici che cosa sia la Terra.

Pelorat lo aveva fissato con aria grave mentre i secondi scorrevano lenti, poi aveva risposto: — È un pianeta. Il pianeta originario, quello su cui apparvero per la prima volta gli esseri umani, mio caro amico.

Trevize l’aveva fissato di rimando. — Su cui apparvero per la prima volta?

Provenienti da dove?

— Da nessuna parte: la Terra è il pianeta su cui l’umanità si è evoluta attraverso vari stadi di sviluppo. Gli uomini si sono originati dagli animali inferiori.

Trevize aveva riflettuto un attimo, poi aveva scosso la testa. — Non capisco cosa intendiate.

Per un attimo sul viso di Pelorat era passata un’ombra di irritazione. Lo storico si era schiarito la voce ed aveva detto: — Un tempo su Terminus non c’erano esseri umani. Gli esseri umani ci vennero da altri mondi. Questo lo saprete, immagino.

— Sì, certo. — Trevize era spazientito, seccato che l’altro all’improvviso pontificasse.

— Benissimo. Questo vale anche per tutti gli altri mondi: Anacreon, Santanni, Kalgan, eccetera. Tutti quanti, in una qualche epoca del passato, furono colonizzati.

In una parola, arrivò gente da altri pianeti. Lo stesso vale anche per Trantor; sarà anche stata una grande metropoli per ventimila anni, ma prima che iniziassero quei ventimila anni non lo era.

— Com’era, allora?

— Era vuota. Per lo meno non c’erano gli esseri umani.

— È difficile a credersi.

— Però è vero: lo dimostrano gli antichi documenti.

— Da dove veniva la gente che colonizzò Trantor?

— Non si sa bene. Ci sono centinaia di pianeti che sostengono di essere stati popolati nelle nebbie indistinte dell’antichità e che hanno leggende fantasiose che parlano del primo arrivo degli esseri umani. Gli storici tendono a non dare credito a queste storie ed a riflettere invece sulla “questione dell’origine”.

— Cosa sarebbe? Non ne ho mai sentito parlare.

— Non mi sorprende. Ammetto che non sia un problema storico di cui ci si occupi molto, ora, ma durante la decadenza dell’Impero ci fu un periodo in cui destò un certo interesse fra gli intellettuali. Salvor Hardin ne parla brevemente nelle sue memorie.

La questione dell’origine è quella che riguarda l’identità e l’ubicazione del particolare pianeta da cui ebbe inizio tutto. Se proviamo a guardare indietro nel tempo, vediamo che l’umanità forma una catena che va dai mondi colonizzati di recente a quelli più vecchi ed a quelli ancora più vecchi, finché si arriva al numero uno, il pianeta originario.

Trevize aveva notato subito una pecca nel ragionamento. — Non potrebbero esserci vari pianeti originari?

— No, nel modo più assoluto: tutti gli esseri umani che circolano nella Galassia sono di un’unica specie. Una singola specie non può avere origine su più di un pianeta. è totalmente impossibile.

— Come fate a saperlo?

— Innanzitutto... — Pelorat aveva congiunto le dita come preparandosi ad una dissertazione, poi si era pentito, pensando evidentemente che il discorso sarebbe stato troppo lungo e complesso. Aveva lasciato cadere le mani lungo i fianchi ed aveva dichiarato, serio serio: — Caro amico, vi do la mia parola d’onore che le cose stanno realmente così.

Trevize, con un inchino formale, aveva detto: — Non mi sognerei mai di metterla in dubbio, professore. Diciamo allora che esista un solo pianeta d’origine. Ma non potrebbero essercene centinaia che sostengano di essere quel pianeta?

— Non “potrebbero”: ci sono. Tuttavia nessuno dispone di prove convincenti. Fra le centinaia di mondi che pretendono di avere ospitato per primi la vita umana, non ce n’è uno su cui esistano minime tracce di una società iperspaziale, tanto meno tracce di un’evoluzione umana che si sia originata da organismi preumani.

— Insomma voi sostenete che esista un pianeta d’origine, ma che esso, per qualche ragione, non dichiari di essere tale?

— Proprio così.

— Ed intendete cercarlo?

— Lo cercherò assieme a voi: è la nostra missione. Il sindaco Branno ha già disposto tutto quanto in questo senso. Voi piloterete la nave fino a Trantor.

— Trantor? Non è il pianeta d’origine, l’avete detto voi poco fa.

— Infatti. Il pianeta d’origine è la Terra.

— Allora dovrò pilotare la nave fino alla Terra, no?

— Evidentemente non mi sono spiegato bene. “Terra” è un nome leggendario, citato in antichi miti. Non ha un significato preciso per noi; è una parola di due sillabe che per convenzione indica il “pianeta dove ha avuto origine la specie umana”. Quale sia, nello spazio reale, il pianeta che definiamo Terra non lo sa nessuno.

— E secondo voi, su Trantor lo sanno?

— Su Trantor spero di trovare informazioni utili. Lì c’è la Biblioteca Galattica, la più grande di questo sistema solare.

— Ma in quella Biblioteca avranno già cercato le persone che all’epoca del Primo Impero erano interessate, come avete detto voi, alla questione dell’origine.

Pelorat aveva annuito, pensieroso. — Sì, ma forse non hanno cercato bene. Io ho imparato sulla questione dell’origine tante cose che probabilmente gli imperiali di cinque secoli fa non sapevano: posso consultare gli antichi documenti con maggior cognizione di causa, capite? Ho riflettuto un pezzo su tutta la faccenda ed ho un’idea eccellente in testa.

— Avrete parlato al sindaco Branno, immagino. Lei approva?

— Approva? Amico mio, è entusiasta. Mi ha detto che Trantor è indubbiamente il posto dove posso trovare tutto quello che voglio sapere.

— Già — aveva mormorato Trevize.

E così, pensò Trevize nella notte insonne, il sindaco lo spediva nello spazio a scoprire ciò che si poteva sulla Seconda Fondazione, e gli metteva al fianco Pelorat perché una scusa buona, quella della Terra, mascherasse il vero scopo del viaggio.

Era una scusa efficace, perché li poteva portare in qualsiasi luogo della Galassia, e Trevize ammirò l’ingegnosità della Branno.

Ma che senso aveva andare su Trantor? Una volta che fossero stati là, Pelorat si sarebbe ficcato nella Biblioteca Galattica per non riemergerne mai più. Davanti agli innumerevoli scaffali di libri, di pellicole, di registrazioni, alle innumerevoli computerizzazioni e rappresentazioni simboliche, il professore si sarebbe sentito affascinato fino a non desiderare più ripartire.

E poi c’era anche qualcos’altro...

Un tempo, all’epoca del Mulo, Ebling Mis era andato su Trantor. Secondo quanto si raccontava, là aveva scoperto dove si trovasse la Seconda Fondazione ed era morto prima di poterlo rivelare. Del resto lo stesso aveva fatto Arkady Darell, ed era riuscita anche lei a localizzare la Seconda Fondazione. Ma aveva scoperto che la sede era situata sullo stesso Terminus, ed il covo della Seconda Fondazione era stato così eliminato. Dovunque fosse adesso quel covo, non poteva che trovarsi da altre parti.