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Ma la differenza fondamentale fra i due verteva sulle concezioni filosofiche. Garr era un tradizionalista e un accanito sostenitore della sua società, della quale accettava tutti i principi senza riserve. Non aveva nessun tipo di dubbio o di senso di colpa e non pensava neppure a cambiare una situazione che permetteva a oltre duemila nobili, uomini e donne, di trascorrere la vita nel lusso più completo. A Claghorn invece, pur non essendo un Espiazionista, non andava a genio quel modo di vivere e le sue argomentazioni erano talmente obiettive che molti rifiutavano di ascoltarle perché generavano in loro un senso di disagio. In realtà un indefinibile malessere si era impossessato della società di Hagedorn, perciò Claghorn raccoglieva molti sostenitori anche tra la gente di rilievo.

Al momento delle votazioni, però, nessuno dei due candidati aveva ottenuto un sufficiente numero di preferenze e così la scelta si era spostata su un gentiluomo che mai aveva pensato di poter accedere a una carica tanto onorifica. Era decoroso e dignitoso, ma non aveva una eccessiva profondità d’animo; non era insolente, ma neppure vivace. Insomma, con la sua affabilità e la sua incapacità di farsi valere O.C. Charle era diventato il nuovo Hagedorn.

Sei mesi dopo, poco prima del sorgere dell’alba, i Mek se ne erano andati portandosi dietro gli energovagoni, gli strumenti di lavoro, le armi e le apparecchiature elettriche. Contemporaneamente e nello stesso modo se ne andarono anche i Mek degli altri castelli. Era evidente che quella fuga era stata preparata da tempo.

Anche ad Hagedorn la prima reazione fu l’incredulità, seguita subito dall’indignazione. Solo in un secondo momento, quando si compresero bene le implicazioni di quel gesto, si diffuse un’opprimente premonizione di sventure.

Il nuovo Hagedorn si riunì nella sala ufficiale del Consiglio con i capi dei clan e altri notabili scelti da lui stesso per analizzare la situazione. Hagedorn stava alla cima di un tavolo coperto da un drappo di velluto rosso. Alla sua sinistra sedevano Zanten e Isseth, alla sua destra Overwhele, Aure e Beaudry. Seguivano tutti gli altri, compresi O.Z. Garr, I.K. Linus, A.G. Bernal, grande matematico, e infine B.F. Wyas, abile antiquario che aveva già scoperto l’ubicazione di molte antiche città: Palmira, Lubecca, Eridu, Zanesville e altre ancora. Erano inoltre presenti diversi anziani dei casati: Manine e Baudune di Aure, Quay, Roseth e Idelsea di Xanten, Uegus di Isseth e Claghorn di Overwhele.

Tacquero tutti per una decina di minuti, occupati a riordinare le idee e ad attuare la cosiddetta «intressione», ossia un silenzioso adattamento psichico.

Infine parlò Hagedorn.

— Tutto a un tratto il castello è stato privato dei Mek. È inutile dire che ci troviamo in una scomoda e spiacevole situazione, a cui sarà necessario abituarsi il più in fretta possibile. Credo che su questo siate tutti d’accordo con me.

Si guardò intorno e tutti i presenti spinsero in avanti le tavolette d’avorio scolpito in segno di consenso. Tutti meno Claghorn, che si astenne da qualsiasi gesto.

Prese allora la parola Isseth, un severo nobiluomo sessantenne, ancora splendido nei suoi capelli bianchi.

— Non vedo nessuna ragione per pensare o aspettare. Quello che dobbiamo fare è fin troppo evidente. È vero che i Contadini non costituiscono un grande esercito, ma li dobbiamo radunare ed equipaggiare con sandali, camici e armi, in modo da renderli decorosi, e infine li dobbiamo affidare a un valido comandante. O.Z. Garr oppure Xanten andrebbero bene. Potremmo servirci degli Uccelli per individuare i fuggitivi, inseguirli e comandare ai Contadini di sconfiggerli e di farli tornare a casa all’istante.

Xanten, che per essere un capo clan era incredibilmente giovane con i suoi trentacinque anni, cedendo alla sua nota impulsività scosse la testa.

— È una bella idea, ma non la si può concretizzare. I Contadini non riusciranno mai ad avere la meglio sui Mek, per quanto addestrati possano essere.

Era vero. I Contadini, piccoli andromorfi provenienti da Spica Dieci, non solo erano timidi, ma soprattutto incapaci di agire con durezza.

La tavola piombò in un cupo silenzio, interrotto infine da O.Z. Garr.

— Se avessimo ancora gli energovagoni, come mi divertirei a disperdere con la frusta e a far sobbalzare quelle bestie per farle tornare a casa!

— A farmi pensare è lo sciroppo — riprese Hagedorn. — I Mek se ne sono portati con sé il più possibile, ma quando lo avranno finito… cosa faranno? Si lasceranno morire di fame? Non potranno più tornare alle vecchie abitudini alimentari. Cosa mangiavano una volta? Fango di palude? Claghorn, siete voi l’esperto in materia. Potrebbero tornare a mangiare fango?

— No — rispose Claghorn. — Gli organi degli adulti si sono atrofizzati. Forse, i piccoli potrebbero farcela.

— Proprio come avevo supposto. — Hagedorn fece una smorfia incredibile, guardandosi le mani intrecciate per cercare di non far capire agli altri la sua completa mancanza di proposte.

Comparve sulla soglia un nobiluomo vestito di blu scuro, il colore dei Beaudry. Sollevò il braccio destro e si inchinò, facendo sfiorare alle dita il pavimento.

Hagedorn si alzò.

— Prego, B.F. Robarth, avanti. Che novità ci portate? — Questo, infatti, indicava la genuflessione del nuovo arrivato.

— Un messaggio da Halcyon. I Mek hanno attaccato il castello e stanno uccidendo tutti. La radio ha smesso di comunicare un minuto fa.

Tutti si volsero di scatto e alcuni si alzarono dalle sedie.

— Un massacro? — gracchiò Claghorn.

— Sono certo che Halcyon non esiste già più.

Claghorn restò seduto, con gli occhi fissi nel vuoto. Gli altri iniziarono a parlare con voci rese gravi dall’orrore.

Hagedorn cercò di richiamare all’ordine i membri del Consiglio.

— Siamo di fronte a una situazione gravissima… probabilmente la più grave dell’intera nostra storia, e confesso di non sapere cosa fare.

— E gli altri castelli? — chiese Overwhele. — In quali condizioni sono?

Hagedorn si girò verso B.F. Robarth.

— Per piacere, cercate di stabilire un contatto radio con tutti i castelli per sapere delle loro condizioni.

— Gli altri castelli sono vulnerabili come Halcyon, soprattutto Isola del Mare, Delora e forse Marval — gli rispose Xanten.

Claghorn si riscosse, tornando alla realtà.

— I nobili di quei castelli dovrebbero pensare di trasferirsi qui o a Janeil finché la situazione non sarà di nuovo sotto controllo.

Alcuni di quelli seduti intorno al tavolo lo fissarono stupiti e dubbiosi. O.Z. Garr chiese, con la sua voce più soave: — Come fate a pensare a dei gentiluomini in fuga davanti a degli esseri inferiori di tal fatta?

— Mi sembra naturale, se vogliono sopravvivere — rispose educatamente Claghorn. Era un uomo sulla soglia della vecchiaia, forte e robusto con i capelli striati d’argento e due magnifici occhi verdi. I suoi modi facevano pensare a un grande autocontrollo. — È vero che fuggire significa perdere parte della dignità — proseguì. — E se O.Z. conosce un modo più elegante per darsela a gambe sono ben felice di impararlo, e così dovrebbero fare tutti, perché nei prossimi tempi una simile capacità potrebbe rivelarsi molto utile.

Hagedorn si inserì nella conversazione senza lasciare a O.Z.Garr il tempo di replicare.

— Non divaghiamo. Ammetto che neppure io riesco a immaginare come finirà. I Mek si sono rivelati degli assassini: come potremmo pensare di riprenderli tra di noi? Però, se non lo faremo… be’ ecco, la situazione sarà a dir poco grigia fino a che non troveremo e addestreremo dei nuovi tecnici. Ecco a cosa dobbiamo pensare.