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L’atamano fece un passo indietro.

— E allora? Abbiamo già subito degli attacchi del genere da parte degli uomini di Hagedorn: vigliacchi e nient’altro. In combattimento leale, alla pari, vi faremmo mangiare la polvere, cani che siete!

Xanten aggrottò le sopracciglia, elegantemente sdegnato.

— Credo che tu ti sia dimenticato di avere davanti un capo clan di Castel Hagedorn. Cerca di stare al tuo posto. Solo la stanchezza e la noia mi trattengono dall’infliggerti la punizione che meriti.

— Be’ — fece l’atamano a uno dei suoi arcieri. — Infilza questo signorotto insolente.

L’arciere lanciò la freccia, ma Xanten, che prevedeva una cosa simile, fu pronto a sparare con la sua pistola a energia. La freccia, l’arco e le mani dell’arciere andarono in fumo.

— Ma allora devo proprio farti capire come si tratta con chi è superiore a colpi di frusta. — Afferrò l’atamano per i capelli e lo colpì fulmineamente due, tre volte sulle spalle. — Credo che sia sufficiente così. Non ti posso obbligare a combattere, ma posso pretendere che mi porti rispetto. — Scese a terra, abbrancò l’atamano e lo gettò sull’energovagone di fianco al Mek. Quindi fece muovere la macchina e si allontanò dall’accampamento senza voltarsi: il sedile lo proteggeva da eventuali frecce.

L’atamano si alzò sguainando la daga. Xanten volse appena la testa.

— Stai attento! Altrimenti sarò costretto a legarti dietro l’energovagone e mi dovrai seguire di corsa.

L’atamano esitò, emise un rumore simile a uno sputo e arretrò. Fissò la lama e la ripose nel fodero con un grugnito.

— Dove mi stai portando?

Xanten si fermò.

— Da nessuna parte. Volevo solo andarmene dal tuo campo senza essere inseguito da una pioggia di frecce. Puoi andartene adesso, anche se credo che non accetterai mai di mettere i tuoi uomini al servizio di Castel Hagedorn, vero?

L’atamano emise per la seconda volta quel rumore simile a uno sputo.

— Una volta che i Mek avranno distrutto i castelli, noi distruggeremo i Mek e la Terra sarà finalmente libera da tutti quelli che sono venuti dalle stelle.

— Non siete altro che una massa di selvaggi intrattabili. Va’. Tornatene al tuo accampamento, ma pensaci bene prima di mancare di rispetto a un capo clan di Castel Hagedorn.

— Mah — borbottò l’atamano. Saltò giù dall’energovagone e si diresse verso l’accampamento.

VI

Era all’incirca mezzogiorno quando Xanten giunse in prossimità della Valle Lontana, al limitare delle terre di Hagedorn. Lì vicino sorgeva un villaggio degli Espiazionisti. Si diceva che fossero sempre scontenti e nervosi, ma erano comunque delle persone molto curiose sotto ogni punto di vista. Alcuni di loro un tempo avevano ricoperto cariche invidiabili, altri erano stati scienziati famosi, altri ancora erano persone senza alcuna dignità né reputazione. Tutti avevano aderito alla più estroversa ed estremistica delle filosofie e adesso si dedicavano a lavori manuali analoghi a quelli che nei castelli erano riservati ai Contadini e parevano trarne soddisfazione.

Il loro credo non era affatto omogeneo. Alcuni erano degli anticonformisti, altri dei disassociazionisti; un gruppo costituiva gli espiazionisti passivi, mentre un altro, la minoranza, sosteneva invece un programma attivo.

I loro rapporti con il castello erano minimi. Di tanto in tanto davano frutta e legno lucidato in cambio di chiodi, medicinali e qualche utensile. Talvolta i nobili organizzavano delle gite per venire a vedere le danze e i canti degli Espiazionisti. Xanten era già stato al villaggio diverse volte proprio in simili circostanze e si era sentito attratto dalla semplicità e dalla mancanza di formalità che caratterizzava quella gente. Adesso, passando vicino all’insediamento, girò in un viottolo che si snodava tortuoso tra alti cespugli di more, finché non sbucò in un pascolo di capre e bovini. Fermò l’energovagone nell’ombra e osservò il sacco dello sciroppo: era colmo. Si volse verso il prigioniero.

— Vuoi dello sciroppo? Prendine in abbondanza… ma già, dimenticavo, non hai.il sacco. Che cosa mangi, allora? fango? che dieta disgustosa! Ho proprio paura che qui intorno non ci sia niente di tanto rancido da soddisfare i tuoi gusti. Ingoia dello sciroppo, mastica dell’erba, insomma fai quello che preferisci, ma non cercare di allontanarti dal vagone, perché ti tengo sotto controllo.

Il Mek, accasciato in un angolo, non diede segno di aver compreso e non si mosse.

Xanten si avviò verso l’abbeveratoio, mise le mani sotto l’acqua che sgorgava da un tubo di piombo e si rinfrescò il volto, quindi bevve.

Voltatosi, si rese conto che una dozzina di abitanti del villaggio gli si era avvicinata. Uno di essi era una sua vecchia conoscenza: avrebbe potuto diventare re Godalming, se non addirittura Aure, se non si fosse lasciato influenzare dall’Espiazionismo.

Xanten lo salutò educatamente.

— A.G. Philidor, sono Xanten.

— Xanten, certo. Io però non sono più A.G. Philidor, solo Philidor.

Xanten si inchinò.

— Chiedo scusa. Avevo scordato la vostra rigorosa informalità.

— Risparmiateci il vostro sarcasmo — ribatté Philidor. — Dite piuttosto: per quale motivo ci avete portato un Mek tosato? Volete forse che lo adottiamo? — chiese alludendo all’abitudine dei nobili dei castelli di portare da loro i bambini in sovrannumero.

— Adesso siete voi a fare del sarcasmo! Ma non sapete la novità?

— Le notizie ci arrivano sempre con grande ritardo. I Nomadi ne sanno più di noi.

— Allora preparatevi a una sorpresa. I Mek si sono ribellati e hanno già espugnato Halcyon e Delora, uccidendone tutti gli abitanti. Può anche darsi che la stessa sorte sia già toccata a qualche altro castello.

Philidor scosse la testa.

— Non mi sorprende.

— Non vi preoccupa la cosa?

L’altro pensò.

— Da un lato sì. I nostri programmi adesso diventano più assurdi che mai.

— Credo che vi troviate dinanzi a un pericolo molto grave — commentò Xanten. — I Mek intendono eliminare ogni traccia dell’umanità e non penso che vi lasceranno stare.

Philidor sollevò di nuovo le spalle.

— È un pericolo possibile… Riuniremo il consiglio e decideremo in proposito.

— Vorrei farvi una proposta che potreste trovare interessante — disse Xanten. — È evidente che il nostro interesse primario è sedare la rivolta. Le comunità espiazioniste sono una dozzina circa, con due o tremila persone… o più. La mia proposta è di formare un corpo di soldati. Li addestreremo e li armeremo a Castel Hagedorn e verranno guidati dai migliori comandanti del castello.

Philidor lo guardò incredulo.

— E pensa davvero che noi Espiazionisti possiamo diventare vostri soldati?

— Perché no? — chiese Xanten ingenuamente. — La vostra sopravvivenza è in gioco quanto la nostra.

— Si muore una sola volta.

Questa volta fu Xanten a restare stupefatto.

— Possibile che uno che è stato un nobile di Hagedorn possa dire una cosa simile? È questo il comportamento di un uomo fiero e coraggioso di fronte al pericolo? È questo che insegna la storia? No, certamente no! E non è necessario che ve lo spieghi, perché lo sapete bene quanto me!

Philidor annuì.

— Io so che la storia umana non è fatta solo di trionfi tecnologici, di uccisioni e di vittorie. Essa è piuttosto il risultato dei compromessi che l’uomo è riuscito a stipulare con la propria coscienza. Questa è la nostra vera storia.

Xanten fece un ampio cenno.

— A.G. Philidor, voi banalizzate troppo le cose. Mi :redete uno stupido? La storia è composta da diversi livelli che interagiscono l’uno sull’altro. Voi mettete l’accento sulla moralità, ma anche la moralità necessita della sopravvivenza e tutto quello che ci permette di vivere deve essere ritenuto un bene.