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— Ebbene?

— Scomparsa.

— Non l’avete cercata bene.

— Vi assicuro che non avverto in nessun posto la sua presenza psichica.

— Nessuno l’ha vista uscire?

— No.

— Maledizione!

— Faremmo meglio ad andarcene anche noi!

— Non possiamo farlo subito. Una volta usciti di qui avremmo tutto il resto della notte per rintracciarla, ma non possiamo andarcene ora. Darebbe troppo nell’occhio. Dov’è Marie?

— Nella sala di proiezione.

— Assiste a un Panty?

— No. Stanno ancora giocando a Sardina. Sono accatastati là come pesci in un barile. Siamo ormai gli ultimi a starcene qui in giro.

— A vagare soli nel buio, eh? Venite.

Afferrò il braccio tremante di T8 e lo guidò verso la sala di proiezione. Avanzando chiamò con voce lamentosa: — Ehi! Dovete siete tutti? Marie!

T8 emise un singhiozzo isterico. Reich lo scosse rudemente. — Fate la vostra parte, su! In cinque minuti saremo fuori di qui. Allora potrete lamentarvi a piacer vostro.

— Se trovano il corpo prima che usciamo, siamo perduti.

— Chi lo può trovare?

— Ancora no, per cinque minuti. Sono fuori del mondo. Completamente fuori, ve l’assicuro.

— Ci sono i servi.

— Ma non usciranno dalle loro stanze finché il gioco non sarà finito. Vi assicuro che in cinque minuti saremo al sicuro.

— Ma se c’imbottigliano qui non riusciremo a rintracciare la ragazza. E…

— Non rimarremo imbottigliati. Ricordatevi, tutto andrà bene se saremo audaci, decisi, fiduciosi. — Reich aprì la porta della sala di proiezione. Era buio anche lì dentro, ma si avvertiva il calore di molti corpi. — Ehi! — chiamò. — Dove siete tutti? Sono qui solo.

Nessuna risposta.

— Marie, sono tutto solo nel buio.

Un vocìo soffocato, poi uno scoppio di risate.

— Carissimo — chiamò Marie. — Hai perduto il meglio del divertimento, povero tesoro.

— Dove sei, Marie? Sono venuto a salutarti.

— Non devi andartene, ora!

— Mi dispiace, tesoro. È tardi. Domani devo giocare un tiro a un amico. Dove sei Marie?

— Sali sul palcoscenico, caro.

Reich percorse lo spazio vuoto tra le poltrone, cercò gli scalini e salì sul palcoscenico. Avvertì subito dietro di sé il freddo globo di proiezione dei Panty. Una voce gridò: — Siamo a posto. L’abbiamo preso. Luce!

Il globo s’illuminò di una luce bianca che abbagliò Reich. Gli ospiti seduti sulle poltrone intorno al palcoscenico cominciarono a sussultare dal gran ridere, poi a lanciare urla di disapprovazione.

— Oh, Ben, tu bari — strillò Marie. — Sei ancora vestito. Non è bello da parte tua. Ci siamo tanto divertiti a cogliere tutti in flagrante, proprio quel che si dice in flagrante.

— Un’altra volta, Marie carissima. — Reich tese la mano e si apprestò a prender congedo con un compito inchino. — I miei rispetti e molte grazie per…

S’interruppe, sbalordito. Sul candore abbagliante del suo polsino c’era una vivida macchia di sangue. In un silenzio di tomba, Reich vide apparire una seconda e poi una terza macchia. Ritirò in fretta la mano e una goccia rossa cadde sul palcoscenico dinanzi a lui, seguita da una lenta inesorabile pioggia di goccioline vermiglie.

— È sangue — urlò Marie. — Qualcuno perde sangue, su di sopra. Ben, in nome di Dio, non puoi andartene ora. Luci! Luci!

Sangue, filtrante dal soffitto, il sangue di D’Courtney. Non ancora sufficiente a colmare un cucchiaio, ma Reich vi si sentiva annegare.

Paura, Tensione, Ansietà cominciano già…

PARTE SECONDA

6

Come accade in tutti i delitti premeditati, un particolare non era stato previsto. Con tutte le sue ricchezze e con un abilissimo esper al suo servizio, Reich sarebbe riuscito a correre ai ripari in tempo?

Alle dodici e mezzo del mattino seguente la Pattuglia d’Emergenza giunse a casa Beaumont in seguito al messaggio trasmesso dal corpo di guardia locale: G. Z. Beaumont. Y. L. P. R. che significava: Una azione illegale è stata compiuta in casa Beaumont, Park South numero nove.

Alle dodici e cinquanta comparvero gli operatori pantygrafici in seguito a un anonimo messaggio. Venite subito a casa della Mummia Dorata. Un uomo morto in una rissa. Furono immediatamente fatti uscire, ma si aggirarono lì intorno pieni di speranze.

All’una, Preston Powell arrivò a casa Beaumont in seguito all’affannosa chiamata di un ispettore: — Ve lo dico io, Powell, qui si tratta di un delitto con le tre aggravanti massime. Non so se essere contento o seccato; so solo che nessuno di noi è in grado di risolvere la situazione.

— Ma in che cosa consiste esattamente il problema?

— Ecco qui, Powell. L’assassinio è un fatto anormale. Solo una psiche alterata può concepire di dare la morte con la violenza. Giusto?

— Giusto.

— E questo è il motivo per cui negli ultimi settant’anni non si è verificato un delitto così grave. Un uomo non può andarsene in giro in stato di alterazione psichica, meditando il delitto. Voi telespie lo scoprirete invariabilmente prima che possa realizzare i suoi loschi disegni.

— Finora — ammise Powell.

— Qui siamo di fronte a un assassinio che deve essere stato premeditato in ogni particolare, e a un assassino che è riuscito a sfuggire all’attenzione di tutti, perfino delle due telespie di Marie Beaumont. Deve essere psichicamente non molto diverso da tutti gli altri eppure abbastanza anormale da uccidere. Come diavolo si spiega un paradosso del genere?

— Non ho ancora idee in proposito. Nessun indizio?

— Nessun indizio fondato. Non sappiamo che cosa abbia causato la morte di D’Courtney. Sua figlia è scomparsa; qualcuno ha proiettato fuori del tempo per un’ora intera i due uomini messi a guardia di D’Courtney, e non riusciamo a capire con che mezzo. E inoltre…

— Basta così. Vengo immediatamente.

Il salone di casa Beaumont splendeva di una bianca luce abbagliante. Poliziotti in uniforme si aggiravano dappertutto. I tecnici del Laboratorio Legale in camice sbucavano qua e là improvvisi, come scarafaggi. Quattro Rivelatori Molecolari, lucenti apparecchi con lunghe spire da serpi e lucidi tubi, stridevano rumorosamente sui pavimenti azionati da squadre del Reparto Molecolare, che avevano la precisione di movimenti di un fotografo astronomico. Gli ospiti erano riuniti nel centro del salone.

Scendendo dalla scalinata orientale, Powell avvertì l’ondata di ostilità che accolse il suo arrivo. Rapidamente si mise in contatto telepatico con Charley Son, Ispettore di polizia, un secondo grado: Come si presenta la situazione, Chas?

Parla in gergo.

Servendosi del Codice informativo in uso presso la polizia, fatto di sintesi di immagini, scambi di significati e simboli specifici, Son continuò: Ci sono telespie qui in giro. Meglio non farsi capire. E informò Powell degli ultimi avvenimenti.

Capisco. Va male. Che cosa fa tutta questa gente ammassata lì in mezzo? Stai inscenando qualcosa?

Sì, faremo la scena del buono e del cattivo.

Necessario?

È gente marcia. Viziata. Bisogna ricorrere a un trucco per cavarle qualcosa di bocca. Io farò il cattivo; tu farai il buono, naturalmente.

Va bene. Fa’ registrare.

A metà scalinata Powell si fermò. Un’espressione di stupita indignazione si dipinse sul suo viso.

— Son! — sbottò. Tutti gli occhi si rivolsero a lui. — È così che usate condurre le vostre indagini? Ammucchiate della povera gente innocente tutta insieme, come un branco di bestie?

— Non sono innocenti — grugnì Son. — È stato ucciso un uomo, qui.

— Son, finché l’assassino non sarà stato scoperto, bisogna trattarli come se fossero tutti innocenti, con quella cortesia che si meritano.

— Che cosa? — sbuffò Son. — Questo branco di iene, questa gentaglia marcia e corrotta?

— Come osate! Fate immediatamente le vostre scuse!