Un venerdì mattina Fred Deal, esper di terzo grado, si alzò, fece colazione e uscì per recarsi al lavoro. Era capo guardia alla Banca di Marte in Maiden Lane. Lungo la strada si fermò con Biddy Mac Naughton, esper di terzo grado impiegato dell’ufficio informazioni. Biddy riferì a Fred la faccenda di Barbara D’Courtney, e Fred fissò bene nella memoria l’immagine psichica della ragazza.
Quello stesso venerdì mattina Lonzo Whittmaker, detto Snim, fu svegliato dalla sua padrona di casa, Chooka Frood, che con strilli acuti reclamava la pigione arretrata.
— State già facendo un bel gruzzolo con quella pazza dai capelli di stoppa che avete pescata — si lamentò Snim. — Cosa volete da me?
Chooka Frood ricordò a Snim che la ragazza dai capelli di stoppa non era pazza. Era un’autentica medium. Chooka non faceva trucchi; era una vera e propria chiromante, lei. Se Snim non ce la faceva a pagare sei settimane d’affitto e di pasti, Chooka sarebbe stata in grado di predirgli il futuro senza nessuna difficoltà: Snim sarebbe stato buttato in strada.
Snim si alzò, si vestì e scese in città per giocare l’ultima carta. Per prima cosa ispezionò le cassette da elemosine che aveva collocato in vari angoli… piccole scatole d’acciaio, con una fessura in cima e a lato vistosi cartelli su cui si leggeva:
Date il vostro obolo per i poveri affamati di Callisto. Era un sistema privato di Snim, e neppure molto redditizio: le cassette erano vuote.
Era troppo presto per andare da Quizzard a scroccare qualcosa ai clienti più ricchi; cercò allora di farsi a sbafo una corsa sulla pneumatica. Fu buttato giù dal controllore telespia, e dovette camminare. Era lunga la strada per arrivare alla bottega di Jerry Church, ma Snim aveva impegnato da lui un pianino tascabile d’oro e perle, e sperava di indurre Church a sganciargli un’altra sovrana. Church era via per lavoro, e il commesso non poteva fare nulla per lui. Snim cercò d’impietosirlo con la storia della sua padrona di casa che ogni giorno faceva denari a palate con quella specie di ragazza-fantasma, e cercava ancora di estorcergli denaro anche quando sapeva che lui era al verde.
Ma non riuscì a strappare al commesso neppure quanto bastava per un caffè.
Quando Jerry Church ritornò al Monte dei Pegni per interrompere con un breve intervallo le sue affannose ricerche per conto di Reich, il commesso gli riferì della visita e della conversazione avuta con Snim. Church si precipitò al telefono per chiamare Reich. Non riuscì a trovarlo. Allora chiamò Keno Quizzard.
Nel frattempo Snim si aggirava nella zona delle Banche.
Non essendo un tipo troppo sveglio commise l’errore di scegliere la Banca di Marte per il suo furtarello. L’edificio aveva un’aria così antiquata e provinciale! Snim non aveva ancora imparato che solo le istituzioni più forti ed efficienti possono permettersi di apparire modeste e irrilevanti.
Snim entrò nella Banca, attraversò l’atrio affollato, si diresse alla fila di scrivanie di fronte agli sportelli dei cassieri, e rubò una manciata di moduli per depositi e una penna. Mentre usciva dalla Banca, Fred Deal fece un lieve cenno ai suoi uomini, poi indicò Snim che stava scomparendo oltre la porta d’ingresso.
Ignaro, Snim s’appostò fuori della Banca, osservando attentamente gli sportelli. Un onesto cittadino stava ritirando una grossa somma allo sportello z. Era il pesce che ci voleva per lui. Snim si tolse rapidamente la giacca, si rimboccò le maniche e si mise la penna dietro l’orecchio. Mentre il pesce usciva dalla Banca tutto intento a contare il suo denaro, Snim gli scivolò dietro, e gli batté improvvisamente un colpetto sulla spalla: — Scusatemi, signore — disse in fretta — sono dello sportello Z. Temo che il nostro cassiere si sia sbagliato e vi abbia dato meno denaro di quel che vi spetta. Volete ritornare un momento per regolare la situazione, prego?
Snim agitò il suo fascio di moduli, strappò il denaro dalle mani del tipo e si voltò per rientrare nella Banca. Mentre il cittadino attonito lo seguiva, Snim si confuse fra la folla puntando verso un’uscita laterale.
Fu in quel momento che una mano vigorosa abbrancò Snim per il collo, e lui si trovò improvvisamente faccia a faccia con uno dei sorveglianti della Banca. In un solo caotico istante Snim contemplò lotta, fuga, corruzione, implorazione, manicomio, quella cagna di Chooka Frood e la fantomatica ragazza dai capelli di stoppa, il suo pianino tascabile e un tale a nome Streen che ora ne era venuto in possesso. Poi crollò e scoppiò in lacrime. Il sorvegliante lo affibbiò a un altro individuo in uniforme gridando: — Tenetelo ragazzi. Ho fatto un gran bel colpo!
— C’è forse da cavar qualcosa da questo merlo, Fred?
— Non da lui. Da quel che ha in testa. Mi metto subito in comunicazione con la Lega.
Quasi nello stesso istante, nel tardo pomeriggio di quel venerdì, Reich e Powell ricevettero la medesima informazione: Ragazza rispondente ai connotati di Barbara D’Courtney è reperibile presso la chiromante Chooka Frood, Bastion West Side numero 99.
9
Ultima famosa roccaforte dell’assedio di New York, Bastion West Side era un ricordo di guerra.
I suoi dieci acri sconvolti dovevano rimanere tali perennemente a denunciare la follia che aveva provocato l’ultima guerra. Ma l’ultima guerra, come al solito, aveva mostrato di essere solo la penultima. Comunque, Bastion West Side era un ricordo di guerra. Il numero 99 era una fabbrica di ceramiche in rovina. Una serie di violente esplosioni si era verificata nel magazzino degli smalti e li aveva fusi formando una specie di arido e variopinto cratere lunare. Qui sorgeva la cosiddetta Casa Arcobaleno di Chooka Frood.
I piani superiori erano stati ripartiti e suddivisi in una serie di stanzucce che la facevano sembrare una conigliera, così intricata e labirintica, che un uomo inseguito poteva sgusciare dall’una all’altra agevolmente e rompere il più impenetrabile accerchiamento. Da questa complicata costruzione Chooka traeva ogni anno lauti guadagni.
I piani inferiori erano occupati dalla famosa Taverna e Fumeria d’oppio di Chooka.
Ma era la cantina dell’edificio che aveva permesso a Chooka Frood l’industria più lucrosa. Ci si arrivava infilandosi in un dedalo di viuzze tortuose, finché si scorgeva la striscia arancione che indicava la porta della Casa Arcobaleno di Chooka. Alla porta vi si faceva incontro un tipo ridicolmente solenne, nel classico costume del XX secolo, che vi chiedeva: — Taverna o Ventura? — Se rispondevate: — Ventura — vi conduceva dinanzi a una porta che pareva la pietra di un sepolcro dove, dopo essere stato costretto a pagare una somma enorme, vi mettevano in mano una torcia al fosforo. Tenendo alta la torcia, discendevate per una ripida scaletta di pietra. Disposti lungo le pareti della cantina c’erano sedili di pietra dove sedevano altri neofiti, ciascuno con la sua torcia. Lì il bagliore della vostra torcia si univa alla costellazione delle altre, finché si udiva l’acuto tintinnio di un campanello d’argento.
Avviluppata nelle note di una musica di fuoco, Chooka Frood faceva il suo ingresso nella cantina e si avviava a passi maestosi verso il centro della camera.
Quel giorno Powell fissò il naso a patata di Chooka, i suoi occhi senza espressione. Può darsi che sappia fingere bene, pensò.
Chooka si fermò nel mezzo della stanza, poi alzò le braccia in quello che doveva essere un gesto mistico.
Non sa fingere, decise tra sé Powell.
— Sono venuta a voi — cominciò Chooka con voce profonda — per aiutarvi a guardare nel profondo dei vostri cuori. Frugate nel fondo dei vostri cuori, voi che aspettate di vendicarvi di un certo Zerlan, abitante di Marte… voi che desiderate l’amore di una donna dagli occhi rossi venuta da Callisto… o le sostanze di quell’avaro di vostro zio che abita a Parigi…
Maledizione! Questa donna è una telespia!
Chooka si irrigidì. Spalancò la bocca dallo stupore.