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Ricevete il mio messaggio, vero Chooka Frood?

La risposta giunse in frammenti spauriti. Era ovvio che la facoltà naturale di Chooka Frood non era mai stata coltivata. Chi? Ma chi siete… voi? Con la pazienza con cui avrebbe comunicato con un bambino di terzo grado, Powell sillabò: Nome — Preston Powell. Professione — Ispettore di Polizia. Scopo della mia venuta: interrogare una ragazza a nome Barbara D’Courtney. Ho sentito dire che ve ne servite in questa vostra commedia. Powell le trasmetté l’immagine della ragazza.

Fu patetico il modo con cui Chooka tentò di opporre resistenza.

Maledetta telespia. Andatevene.

Anche voi siete una maledetta telespia. Perché non siete venuta da noi a farvi istruire? Che genere di vita è questa per voi? C’è un vero lavoro che vi aspetta.

Con del vero denaro?

Powell represse a fatica l’ondata di esasperazione che lo aveva invaso.

Parleremo di questo più tardi, Chooka. Dov’è la ragazza?

Non ci sono ragazze.

Leggo nella mente dei clienti seduti qui accanto a me. Quel vecchio caprone ossessionato dalla donna dagli occhi rossi. Powell ne captò delicatamente il pensiero. È già stato qui. Aspetta che arrivi Barbara D’Courtney. Voi la vestite di raso laminato d’argento. La conducete qui dopo circa mezz’ora. A lui piace il suo aspetto. Lei cade in trance al suono delle vostre musiche.

Siete pazzo!

È la donna che è stata ingannata da quello Zelan? Ha visto spesso la ragazza, crede in lei. Dov’è la ragazza, Chooka?

No!

Vedo. Di sopra. Ma dove esattamente Chooka? Non potete fuorviare un primo grado. Forse se vi lasciate educare dalla Lega… Quarta stanza a sinistra; dopo l’angolo formato dal corridoio. Avete un impenetrabile labirinto lassù, Chooka. Lasciate che lo capti ancora una volta per essere ben sicuro…

Confusa e mortificata Chooka gridò: — Fuori di qui sporco poliziotto!

— Scusatemi vi prego — disse Powell. — Faccio il mio mestiere. — Si alzò e uscì dalla stanza.

Questa brillante indagine ebbe luogo in quel minuto secondo che ci volle perché Reich discendesse dal diciottesimo al diciannovesimo gradino che conduceva alla cantina di Chooka Frood. Reich udì il grido di rabbia di Chooka e la risposa di Powell. Si voltò di scatto e rifece di corsa gli scalini fino al piano terreno. Passando di corsa davanti al sorvegliante gli gettò in mano una sovrana e gli sibilò: — Mai stato qui, capito?

— Nessuno è mai stato qui, signore.

Percorse rapidamente i vari locali della Taverna. Paura, Tensione, Ansietà cominciano già. Scivolò rapido tra le ragazze e altra gente che tentava di trattenerlo, poi si rinchiuse in una cabina telefonica, compose il numero di BD 12232. Il viso di Church gli apparve sullo schermo.

— È un bel pasticcio. C’è qui Powell.

— Oh, Dio mio!

— Dove diavolo è Quizzard?

— Pensavo che fosse lì.

— Powell era nella cantina, ha captato tutto da Chooka. Puoi scommettere che Quizzard non c’era. Dove diavolo era?

— Non lo so, Ben, È sceso con sua moglie e…

— Powell deve aver scoperto dov’è la ragazza. Forse ho solo cinque minuti per arrivare primo. Quizzard avrebbe dovuto pensarci.

— Deve essere di sopra, nello sgabuzzino.

— C’è un modo rapido per salirvi? Una scorciatoia che io possa usare per arrivar primo?

— Se Powell ha teleanalizzato Chooka, ha captato anche la scorciatoia.

— Non è detto. Forse si è concentrato solo sulla ragazza. È bene che io tenti.

— Dietro la scalinata centrale. C’è un bassorilievo di marmo. Fa ruotare a destra la testa della donna scolpita. Vedrai che le figure si staccano l’una dall’altra e troverai l’ingresso di un ascensore pneumatico.

Reich appese il ricevitore. Uscì dalla cabina, trovò il bassorilievo, fece ruotare con furia selvaggia la testa della donna e attese che il blocco di marmo si fendesse. Apparve una porta d’acciaio. La spalancò e si precipitò dentro l’apertura. Istantaneamente una lastra di metallo gli si attaccò alle suole, e in un sibilo d’aria compressa Reich fu sollevato fino al piano superiore. Per effetto magnetico la lastra rimase immobile mentre lui apriva la porta e balzava fuori dall’ascensore.

— Quizzard! — urlò Reich.

Nessuna risposta.

Reich percorse metà del corridoio, poi, a caso, infilò una porta.

— Quizzard! — urlò ancora.

Si udì una risposta soffocata. Reich girò sui tacchi, corse a un’altra porta e la aprì. Una donna dagli occhi rossi per effetto di un intervento di chirurgia estetica gli sbarrò il cammino, e Reich le andò a finire contro. Lei scoppiò in una inesplicabile risata. Reich arretrò, fece per riaprire la porta da cui era entrato; ma sbagliò ed evidentemente afferrò la maniglia di un’altra perché non si trovò più nel corridoio.

Dinanzi a lui stava ora il viso adirato di Chooka Frood.

— Che cosa diavolo state facendo nella mia camera? — strillò Chooka.

Reich si raddrizzò: — Dov’è?

— Uscite di qui, Ben Reich.

— Dov’è Barbara D’Courtney?

Chooka girò la testa e chiamò: — Magda!

La donna dagli occhi rossi teneva in mano un disgregatore psichico e stava ancora ridendo.

— Voglio la ragazza, Chooka, prima che Powell se la prenda.

— Caccialo fuori di qui, Magda!

Reich colpi la donna. Lei cadde indietro, abbandonando l’arma e continuando a ridere. Reich la ignorò. Raccolse l’arma e la puntò alla tempia di Chooka.

— Dov’è la ragazza?

— Andate all’inferno!

Reich fece scattare la leva nella prima posizione. La radiazione che si produsse caricò il sistema nervoso di Chooka di una corrente indotta a bassa frequenza. Lei si irrigidì e cominciò a tremare ma continuò a scuotere la testa. Reich mise l’arma in seconda posizione. Il corpo di Chooka fu scosso da un sussulto febbrile.

— La terza posizione vuol dire morte — ringhiò. — Dov’è?

Chooka era quasi completamente paralizzata: — Fuori dalla porta — rantolò. — Quarta stanza a sinistra… dopo il gomito del corridoio.

Reich non si curò più di lei, lasciando che si afflosciasse al suolo accanto alla donna dagli occhi rossi, sempre scossa dal riso. Uscì dalla camera da letto, svoltò rapidamente, si fermò davanti alla quarta camera a sinistra. Spalancò la porta ed entrò. Un letto vuoto, un cassettone, un armadietto vuoto, e una sola sedia.

— Truffato — sbuffò.

Il letto era intatto. Tirò un cassetto semiaperto. Trovò un vestito di seta bianca e un oggetto d’acciaio brunito che pareva un fiore malefico. L’arma del delitto!

— Dio mio! — mormorò Reich col respiro serrato. Afferrò l’arma e l’esaminò. Gli scomparti contenevano ancora i bossoli vuoti. Quello che aveva sfondato il cranio di Craye D’Courtney era ancora al suo posto, sotto il percussore.

— Non è ancora la rovina — mormorò Reich. Ripiegò il revolver e se lo mise in tasca. In quel momento udì il suono di una risata. La risata di Quizzard.

Reich si diresse rapidamente verso una scala a chiocciola, e seguendo quel suono raggiunse una porta imbottita, montata su cardini di bronzo. Impugnando il disgregatore, pronto a farlo scattare sulla posizione di morte, Reich spalancò la porta.

Si trovò in una cameretta rotonda, dal soffitto di velluto nero. Il pavimento era trasparente. Era la stanza dove Chooka praticava la sua arte di chiromante.

Nella saletta sotto quel locale, Quizzard sedeva in una poltrona, gli occhi ciechi balenanti. La ragazza D’Courtney era seduta sulle sue ginocchia con addosso una strana gonna a liste laminate d’argento, evidentemente il costume che Chooka le faceva indossare. Sedeva immobile, i biondi capelli lisci, i profondi occhi neri placidamente fissi nel vuoto.

— Che aspetto ha? — chiese Quizzard a una donnina appassita che se ne stava appoggiata col dorso contro la parete e un’indicibile espressione d’agonia dipinta sul viso. Era la moglie di Quizzard.