In effetti eri qui. Che differenza fa per lui?
Reich non può volere che mi si faccia fuori così.
Ah, no?
Church trasse un profondo respiro. Poi esplose improvvisamente: — Dannato figlio di un cane!
— Reich si batte per la sua stessa vita. Non puoi pretendere che si preoccupi troppo di quella degli altri.
— Bene, anch’io voglio battermi. Tienti pronto, Powell. Ti rivelerò tutto.
Barbara D’Courtney teneva una matita nera nella mano destra e una rossa nella sinistra. Era intenta a scarabocchiare vigorosamente sulle pareti, la lingua tra i denti e gli occhi scuri quasi strabici per l’estrema concentrazione.
— Piccola! — esclamò Powell. — Che cosa stai facendo?
— Pitture per papà — balbettò lei.
— Grazie, tesoro — disse Powell. — È un bel pensiero. Ora vieni a fare un po’ di compagnia a papà.
— No — disse lei.
— La mia bambina fa sempre quello che dice papà?
Ci pensò sopra un poco. — Fi — disse. Si mise le matite in tasca e sedette sul divano accanto a Powell.
Lentamente lui cominciò a penetrare per gli strati paralizzati della sua coscienza fino alla zona tumultuosa del precosciente invasa da grandi nubi oscure, dietro le quali splendeva quel fioco chiarore, una piccola isola infantile di intelligenza, a cui egli si era andato affezionando. Ma quel debole barlume divampò allora con bruciante intensità.
— Ehi, Mary — chiamò. — Vieni subito.
Mary Noyes sbucò dalla cucina. — Ancora nei guai?
— La nostra paziente sta migliorando rapidamente. È entrata in contatto con il suo id. Laggiù, nel profondo. Mi ha quasi bruciato le cervella.
— Che cosa vuoi da me? Che faccia da chaperon? Vuoi qualcuno che protegga i segreti dei suoi dolci desideri adolescenti?
— Sono io che ho bisogno di protezione. Vieni a tenermi per mano. — Powell gettò un’occhiata incerto al tranquillo viso da bambola che gli stava davanti e alle mani fresche abbandonate nelle sue. Di nuovo discese per gli oscuri passaggi verso il ricettacolo senza età dell’energia psichica, un’energia irragionevole, libera da rimorsi, mossa soltanto dall’inesauribile desiderio della soddisfazione. Sentì che Mary Noyes lo seguiva, cautamente.
Salve, Barbara.
Fu accolto da un’ondata di odio.
Ti ricordi di me?
All’ondata di odio ne segui una di ardente desiderio.
Pres, sarebbe meglio che uscissi subito di laggiù, intervenne Mary Noyes. Se rimani prigioniero in quel groviglio di pena e di piacere, sei finito.
Vorrei individuare qualcosa.
Non troverai altro che amore e morte, allo stato brado, puri istinti non toccati dal pensiero.
Voglio scoprire in che rapporti era con suo padre. Voglio sapere perché lui aveva quel complesso di colpa verso di lei.
Powell colse parte dell’immagine prenatale, la seguì fino all’associazione sensoriale di un bacio, poi al riflesso psichico del neonato che succhia avidamente dal seno… di sua madre? No, di una balia. Negazione. Orfana di madre? Powell sfuggì a una fiamma di risentimento e d’ira infantile, il Complesso dell’Orfano. Ricercò l’associazione di idee con un padre.
Improvvisamente si trovò a faccia a faccia con la sua stessa immagine.
L’immagine sparì. Dannazione! Si è innamorata di me?
Ora c’era il quadro che lei si faceva di se stessa, una patetica caricatura, i biondi capelli a cernecchi, gli occhi scuri simili a macchie, la graziosa figura deformata, ingrassata, goffa. Poi tutto ciò scomparve e di nuovo l’immagine di Powell — Possente — Protettore — Paterno si precipitò verso di lui, impetuosa, distruttrice. La testa era bifronte: dall’altro lato si scorgeva il viso di D’Courtney. Seguì quella immagine di Giano giù per un ardente canale di equivoci, doppioni, associazioni di idee fino a… sì, a Ben Reich e alla caricatura di Barbara unite indissolubilmente come due fratelli siamesi.
B unito a un altro B. Bénédictine Brandy. Barbara Ben.
Metà…
Pres.
Una voce lo chiamava da lontano, chissà da che direzione. Poteva aspettare. Bisognava che quella stupefacente immagine di Reich…
Preston Powell! Di qui, asino!
Mary?
È la terza volta che cerco di rintracciarti!
La terza volta?
In tre ore. Per favore, Pres, mentre ho ancora un po’ di forza.
Si lasciò risalire lentamente. Il caos senza tempo, senza spazio gli rombava intorno. A mezza via sentì che Mary gli stava accanto, nel difficile cammino. Rimase con lui finché non fu di nuovo nel suo salotto, seduto accanto a una bambina.
Mary, sono riuscito a individuare la fatale associazione con Reich. Un genere di legame che…
Mary era andata a prendere una salvietta gelata, con la quale gli frizionò più volte il viso, energicamente. Lui si accorse di essere scosso da un tremito.
L’unico guaio è che non si lavora con elementi integri. Si lavora su frammenti… Allontanò da sé la salvietta e fissò Barbara. Mio Dio, Mary, penso che questa povera ragazzina sia innamorata di me.
E tu?
Come, io?
— Perché credi di aver impedito che andasse al Kingston Hospital? — disse Mary. — Perché hai voluto che io facessi da chaperon? Ve lo dirò io, signor Powell…
— Mi dirai che cosa?
— Sei innamorato di lei, tu, e la ragazza non è una esper. Non è neppure in possesso delle sue normali facoltà. Vorrei che rimanessi nella sua mente fino a marcire, ecco! — Volse la faccia e cominciò a piangere.
Mary, per amor di…
— Taci — disse lei, tra i singhiozzi. — C’è un messaggio per te. Dal quartier generale. Devi partire per Pardi il più presto possibile. Ben Reich è lassù. Tutti hanno bisogno di te. Allora perché dovrei lamentarmi?
PARTE TERZA
12
Mentre la Pardi Queen sorvolava pesantemente quello strano miscuglio cosmico sperduto negli spazi che era il grande parco dei divertimenti del sistema solare (Pardi = Parco Divertimenti) e la zona neutra che lo circondava, il portello centrale si aprì e molte astrolance vi entrarono: poi il portello si chiuse, nel grande salone fu immessa nuovamente l’aria e i passeggeri furono liberi di discendervi dalle scalette interne.
Trenta astrolance dai finestrini di cristallo si erano posate sul pavimento. Erano dipinte a colori vivaci e ciascuna ostentava vistosamente il nome dell’hotel che l’aveva mandata.
Powell si aprì un varco tra la folla e salì sulla piccola astrolancia nera della polizia. Il sergente Al Bible lo attendeva con aria depressa.
— Abbiamo fatto fiasco.
Un campanello diede il segnale della partenza. La lancia venne chiusa ermeticamente e, non appena il portello dell’astronave si aprì, si lanciò nello spazio. Dal finestrino Powell osservava Pardi che splendeva come un tappeto trapunto d’oro.
Anni e anni prima Pardi non era che un piatto disco meteorico di mezzo miglio di diametro. Un fanatico dell’igiene aveva innalzato al di sopra del disco un emisfero trasparente di aria in sospensione colloidale, vi aveva installato un generatore atmosferico e una colonia. D’allora in poi, Pardi si era ingrandito sempre più fino a divenire una vasta e regolare piattaforma che si estendeva nello spazio per centinaia di miglia.
Le colonie dei vari pianeti e satelliti avevano tentato di ricreare su questo nuovo mondo il loro ambiente d’origine. Il Marte in miniatura era rosseggiante e desolato, ma dei laghi di acqua azzurra vi portavano un’inusitata nota ridente. Venere in miniatura era velata di brume, il gigantesco emisfero sovrastante la colonia di Giove comprendeva in sé la cosiddetta Riserva naturale di Pardi, che accoglieva in ogni suo miglio quadrato più esemplari di fauna, flora, clima di ogni altro pianeta.