— Per Dio! — urlò Reich e si volse di scatto ad Hassop.
— Che c’è, Ben?
Reich si portò la freccia all’altezza di un orecchio e puntò l’arco sul corpo di Hassop. Hassop si rannicchiò a terra.
— Ben, fa’ attenzione! Stai mirando proprio a me.
Hassop fece un balzo laterale mentre Reich scoccava la freccia.
— Ben, per l’amor di… — D’improvviso Hassop si rese conto delle intenzioni di Reich. Correndo disperatamente andò a urtare contro l’invisibile barriera mentre un’altra freccia gli sfiorava la spalla.
— Ben! — urlò.
— Figlio di un cane — grugnì Reich e scoccò un altro dardo.
Powell balzò in avanti e si avvicinò alla barriera. Superarla era impossibile. Là dentro, Hassop fuggiva gridando, mentre Reich lo inseguiva.
Powell si ritrasse nell’oscurità, cercando disperatamente una soluzione. Gli urli di Hassop stavano risvegliando la giungla, e si udivano rombi e strida. Powell entrò in comunicazione con il flusso telepatico. Null’altro che cieco terrore, furore cieco, ciechi istinti intorno a lui.
Vale la pena, si disse Powell. Bisogna che sfondi questa barriera.
Si trincerò tutto dietro i suoi schermi mentali, dissimulando tutti i suoi pensieri e sentimenti tranne: Paura, terrore, paura…
Tutti gli uccelli si destarono stridendo. Le scimmie lanciarono a loro volta acute grida scuotendo i rami degli alberi in fughe improvvise. Un susseguirsi di cupi tonfi giunse dal lago dove gli ippopotami si alzavano atterriti dai loro giacigli di mota. La giungla tremò del potente barrito degli elefanti, del tumulto della loro fuga precipitosa. Reich udì e si sentì gelare, dimenticando Hassop che ancora fuggiva singhiozzando, urtando ora contro l’una ora contro l’altra parete della barriera.
Gli ippopotami furono i primi a sfondarla. Poi seguirono i wapiti, le zebre, gli gnu, a torme pesanti, possenti. I costruttori del famoso schermo protettivo non avevano mai pensato a un’irruzione di questo genere. Nulla avrebbe potuto resistere a una simile carica selvaggia.
La barriera di Reich si abbatté con un secco rumore di vetro tagliato.
Gli ippopotami calpestarono il bivacco. Powell avanzò nel buio, afferrò il braccio di Hassop e trascinò l’uomo semi-impazzito verso il mucchio dei bagagli, e riuscì a impadronirsi del prezioso rullo. Sempre trascinando Hassop con sé, impiegò le sue facoltà telepatiche per farsi strada tra l’orda degli animali in fuga.
Dietro un grosso tronco Powell si fermò a riprendere fiato e mise al sicuro il rullo in una delle sue tasche. Hassop continuava a singhiozzare. Powell avvertì la presenza di Reich a trenta metri di distanza, il dorso appoggiato a un eucalyptus, l’arco e le frecce ancora stretti nelle mani serrate. Era sconvolto, furibondo, atterrito… ma sano e salvo. Powell lo voleva conservare tale per la disintegrazione.
Sganciatosi lo schermo protettivo dalla cintura, Powell lo lanciò oltre lo spiazzo verso le braci del bivacco dove Reich l’avrebbe certamente trovato. Poi si voltò sospingendo l’inebetito Capo dell’Ufficio Codici verso i cancelli.
13
E così, finalmente, il caso Reich era pronto per l’istruttoria, per quel temibile cacciatore di fatti e prove che era il giudice Peetcy.
Powell e i suoi uomini erano riuniti appunto nell’ufficio di Peetcy. Nel centro della stanza era stata portata una tavola rotonda e su di essa era stato costruito un modellino trasparente delle camere incriminate della villa Beaumont, in cui figuravano automi in miniatura riproducenti le fattezze dei personaggi coinvolti nel delitto. Si trattava di un capolavoro dei tecnici del laboratorio legale; i modelli erano straordinariamente somiglianti agli originali. Sulla tavola erano anche accumulati i documenti raccolti nel corso dell’indagine, pronti per essere presentati a quella specie di spauracchio che era Peetcy.
Peetcy stesso occupava l’intera parete circolare del suo ufficio. I suoi molti occhi ammiccavano, dardeggiando freddi sguardi sui presenti. La sua memoria prodigiosa produceva sibili e ronzii. La sua bocca, un altoparlante, era aperta in un’espressione di stupore per l’umana stupidità. Le sue mani, gli innumerevoli tasti di una complicata macchina per scrivere, posavano accanto ai rulli del nastro, pronti a richiamare tutti alla realtà dei fatti.
Il signor Peetcy era il Calcolatore Legale di Accuse dell’ufficio del Procuratore Distrettuale; era una specie di giudice, in realtà, le decisioni del quale erano per tutti inappellabili.
— Per cominciare non incomoderemo Peetcy — disse Powell al Procuratore Distrettuale. — Daremo prima un’occhiata ai modelli e ne controlleremo l’azione in rapporto ai vari elementi raccolti. I vostri uomini hanno i dati temporali. Se vi capita di notar qualcosa che sia sfuggito ai nostri bravi collaboratori prendetene nota.
Fece un cenno a Kr I/2t il sempre insoddisfatto Capo Laboratorio, che premette un pulsante. Istantaneamente il modello s’illuminò e i pupazzi cominciarono a muoversi. L’accompagnamento acustico creava una perfetta illusione di realtà. Si udivano echi di musiche, risate, voci. Nel salone di casa Beaumont un minuscolo pupazzo pneumatico raffigurante Marie Beaumont salì lentamente sul palco con un libriccino in mano.
— A questo punto sono le ventitré e nove minuti — disse Powell al Procuratore. — Guardate l’orologio posto sopra il modellino: è sincronizzato con lo svolgersi dell’azione.
In silenzio i rappresentanti della sezione legale studiavano la scena e prendevano rapide annotazioni, mentre gli automi riproducevano atti e movimenti rivelati dai Molecolari, riferiti dai testimoni e scoperti dagli agenti di Powell. Nella casa in miniatura le luci si spensero. Il gioco della Sardina cominciò. La figurina di Reich entrò allora nella sala da musica, vi incontrò Duffy Wygs e il giovane Chervil, salì alla camera delle orchidee, tramorti i custodi e entrò nella stanza per assassinare D’Courtney.
Il piccolo dramma giunse a termine con l’uscita in massa degli ospiti dalla sala di proiezione, e l’irruzione nella camera delle orchidee dove i pupazzi si radunarono intorno al minuscolo cadavere. Là essi s’irrigidirono in un grottesco quadretto.
— E questo è il quadro completo — disse Powell. — Ora rivediamocelo punto per punto e passiamolo a Peetcy. Anzitutto l’occasione… I Rivelatori Molecolari non possono sbagliare. Reich salì due volte come abbiamo visto nel modellino; una volta per compiere il delitto, una seconda con la folla. Avvocati, non avete nessuna difficoltà da opporre?
— Quel gioco della Sardina — disse il Procuratore Distrettuale.
— Reich acquistò il libro e lo mandò a Marie Beaumont.
— Come faceva a sapere che avrebbe organizzato proprio quel gioco?
— Conosceva la sua passione per i giochi di società. Sardina era l’unico gioco la cui istruzione si potesse leggere chiaramente nel libro.
Il Procuratore si grattò la testa. — Ce ne vuole per convincere Peetcy. Ma non sarà male tentare.
Crabbe, che stava riprendendosi visibilmente, sbottò indignato: — Non ho mai approvato l’uso di questo mostro meccanico. E non sono d’accordo nemmeno adesso.
Son cominciò a introdurre nell’orecchio di Peetcy i dati già vagliati. — Avete pienamente ragione, signor commissario.
— Ora il metodo — disse Powell. — Prima questione: Come ha fatto Reich a tramortire i custodi? Kr I/2t?
— E inoltre, signori… — proseguì Crabbe.
— Ionizzatore Rhodopsin — interruppe Kr I/2t. Porse a Powell una sfera di materia plastica e Powell la mostrò agli altri. — Un tipo a nome 1/4 Maine l’ha sviluppata per la polizia privata di Reich. Ho pronta la formula empirica del procedimento perché possa essere vagliata da Peetcy, e ho qui pure l’esemplare costruito da noi. Nessuno vuol provarlo?