La porta si aprì senza rumore e nella luce incerta apparve Jonas, un’ombra in pigiama rossobruno con la faccia da cavallo e l’aria da becchino.
— Ancora? — disse Reich.
— Sì, signor Reich.
— Molto forte?
— Fortissimo, signore. E pieno di terrore.
— Accidenti alle vostre orecchie d’asino — borbottò Reich. — Io non ho mai paura.
— No, signore.
— Uscite.
— Sì, signore. Buonanotte. — Jonas arretrò e chiuse la porta. Reich urlò: — Jonas!
Il maggiordomo riapparve.
— Scusami Jonas.
— Bene, signore.
— Non va affatto bene, Jonas — Reich cercò di accattivarselo con un sorriso. — La prima volta che urlo urlate anche voi. Perché dovrei godermela solo io?
— Oh, signor Reich…
— Fate come vi dico e vi aumenterò lo stipendio. — Di nuovo quel sorriso. — È tutto Jonas. Grazie.
— Grazie a voi, signore. — Il maggiordomo si ritirò.
Reich si alzò dal letto e si frizionò accuratamente con una salvietta davanti allo specchio, esercitandosi a sorridere. — Fatti dei nemici per libera scelta — borbottò — non per caso. — Contemplò la sua immagine riflessa: le spalle forti, il torace ampio, i fianchi stretti, le gambe lunghe, gli occhi grandi e la bocca sottile.
Perché? si chiese. Non farei mai un patto col diavolo per cambiare il mio aspetto. Non cederei la mia condizione con quella di un dio. Perché quel grido?
Indossò una vestaglia e guardò l’orologio. Erano passate da poco le sei. Bisognava che si sottoponesse a un’ora di psicanalisi. Quella faccenda del grido doveva finire.
— Ma non ho paura — disse forte. — Io non ho paura.
Percorse un corridoio ciabattando sul pavimento d’argento indifferente al sonno dei suoi dipendenti, senza preoccuparsi che quel lugubre clamore mattutino avrebbe svegliato dodici cuori all’odio e alla paura. Spalancò la porta dell’appartamento del suo psicanalista, entrò e si sdraiò subito sul divano.
Wilson Breen era già sveglio e lo aspettava. Come psicanalista fisso di Reich dormiva il sonno leggero delle madri o delle bambinaie rimanendo costantemente in rapporto con il suo paziente, svegliandosi di colpo se questi aveva bisogno del suo aiuto. Quell’unico grido era stato sufficiente per Breen. Ora sedeva accanto ad un divano elegante, indossando una vestaglia da camera ricamata, pronto e premuroso perché sapeva che il suo principale era generoso ma esigente.
— Raccontate, signor Reich — invitò.
— Ancora l’Uomo senza Volto — disse Reich.
— Incubi?
— Sì, incubi di nuovo. Tentava di derubare una banca. Poi tentava di prendere il treno. Poi qualcuno cantava. Ero io, credo. Cerco di rendervi il quadro meglio che posso. Credo di non aver dimenticato nulla…
— Continuate a non riuscire a identificare l’Uomo senza Volto, signor Reich?
— Come diavolo potrei? Non lo vedo mai.
— Penso che possiate. Solo non volete.
— Ascoltate — esplose Reich in uno scatto ingiustificato di collera — vi pago ventimila dollari all’anno. Se il meglio che potete fare è di esprimere supposizioni idiote…
— Parlate sul serio, signor Reich, o si tratta semplicemente di un sintomo del vostro generale stato di ansietà?
— Non c’è nessuna ansietà in me — gridò Reich. — Non ho paura. Io non ho mai… — Si interruppe, rendendosi conto di tutta la futilità di quelle sue parole, mentre l’abile mente della telespia esplorava la sua mente al di sotto della sua aggressività. — Avete torto, comunque — disse cupo. — Non so di che si tratti. È un uomo senza volto. Ecco tutto.
— Voi sorvolate sui punti essenziali, signor Reich. Bisogna che qualcuno ve li indichi. Tentiamo insieme qualche associazione di parola, prego. Furto.
Gioielli; orologi, diamanti, prigione, depositi, sovrane, casse, verghe, diamente…
— Volete ripetere l’ultima parola, prego?
— È stato un lapsus. Volevo pensare diamante.
— Non è stato un lapsus. È stato una correzione significativa, o piuttosto un’alterazione. Continuiamo. Pneumatico…
Scompartimenti aereati ad aria condizionata… — Non c’entra.
— C’entra, signor Reich. Si tratta di un inconscio gioco di parole. Leggete ereditati anziché aereati e lo capirete. Continuate per favore.
— Voi intriganti telespie siete troppo furbi. Dunque, pneumatico… ferrovia sotterranea ad aria compressa, velocità ultrasonica. "Vi trasportiamo con trasporto" slogan della… che diavolo di nome ha la Compagnia? Non me lo ricordo. Come faccio a saperlo, comunque?
— È una nozione che vi viene dall’inconscio, signor Reich. Un ultimo tentativo e comincerete a capire. Platea…
Poltrone, poltroncine, balconate; palchi, pareti divisorie, pareti divisorie di una scuderia, cavalli marziani, Pampas Marziane…
— Ci siamo, signor Reich. Negli ultimi mesi avete avuto novantasette incubi in cui compariva l’Uomo senza Volto. È stato il vostro tenace nemico, il vostro demolitore, l’ispiratore dei sogni spaventosi che hanno tre denominatori comuni… Finanze, Trasporti, e Marte. Continuate… L’Uomo senza Volto, Finanze, Trasporti, Marte.
— Tutto questo non ha alcun significato per me.
— Ma deve averne uno, signor Reich. Dovete riuscire a identificare questo spaventoso personaggio. Come sfuggire all’incubo se vi rifiutate di vederne il volto?
— Io non mi rifiuto di vedere qualcosa.
— Vi offro un’ulteriore indicazione: la parola che avete alterato, cioè aereate e il nome che vi sfugge, della compagnia creatrice dello slogan Vi trasportiamo con trasporto.
— Vi ripeto che non lo so. — Reich si alzò di scatto dal divano. — Le vostre indicazioni non servono. Non riesco a identificare niente.
— L’Uomo senza Volto non vi fa paura per il fatto che non ha volto. Sapete benissimo chi è. Lo odiate e lo temete, ma sapete chi è.
— Siete voi la telespia, maledizione! Voi, dovete dirmelo!
— C’è un limite alle mie capacità, signor Reich. Se non mi volete aiutare non posso penetrare molto a fondo nella vostra volontà.
— Che cosa intendete con aiutare? Siete il migliore elemento che potevo assumere. Se…
— Signor Reich, voi avete assunto deliberatamente alle vostre dipendenze, per proteggervi in questo frangente, un esper di secondo grado. Se volete che questa faccenda del grido abbia termine dovete consultare un esper di primo grado, Augustus T8 o Gart o Samuel Akins.
— Ci penserò — disse Reich e si volse per andarsene.
Breen lo chiamò, mentre apriva la porta. — A proposito. Vi trasportiamo con trasporto è lo slogan della compagnia D’Courtney. Come vi sembra che quadri con l’alterazione di diamante in diamente? Pensateci su.
L’Uomo senza Volto!
Bruscamente Reich cercò di chiudere la sua mente all’interferenza di Breen, poi percorse barcollando il corridoio in direzione del suo appartamento. Un’ondata di odio selvaggio lo sopraffece.
Craye D’Courtney. L’Uomo senza Volto. Ha ragione quel figlio di un cane! È D’Courtney che provoca le mie grida. Non perché io abbia paura di lui. Ho paura di me stesso. L’ho sempre saputo. Saputo perfettamente nell’inconscio. Ho sempre saputo che una volta arrivato a questo punto avrei dovuto uccidere D’Courtney. Non ha volto perché il suo è il volto del delitto.
Vestito di tutto punto, e di cattivo umore, Reich si precipitò fuori dal suo appartamento e scese in strada dove una cavalletta, veicolo speciale dell’impresa, lo prese a bordo. In un unico balzo lo trasportò alla gigantesca torre che alloggiava in centinaia di piani le migliaia di impiegati degli uffici newyorkesi della Sacramento. La Torre era il centro vitale di un organismo incredibilmente vasto, comprendente un complesso enorme di trasporti, comunicazioni, industrie pesanti, manifatture, grandi magazzini, laboratori, esportazioni e importazioni. La Sacramento comperava e vendeva, costruiva e distruggeva, trafficava e distribuiva. Il suo sistema di compagnie succursali e centrali era così complesso da esigere l’attività a tempo pieno di un amministratore esper di secondo grado.