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— Avete compiuto un’impresa formidabile, Powell. Tutto quanto posso dirvi è che deve essere una gran bella cosa essere un esper. Dovete sentirvi tutti molto felici.

Powell si fermò sulla porta. — Sareste felice di vivere in un ospedale, commissario?

— Un ospedale?

— Così viviamo noi esper, tutti noi. Nel reparto psichiatrico. Senza scampo, senza rifugio. Ringraziate il cielo di non essere una telespia, signore. Di vedere l’uomo solo nel suo aspetto esteriore. Ringraziate il cielo di non aver mai visto le passioni, gli odii, le gelosie, le crudeltà, le malattie. Il mondo sarà un luogo meraviglioso quando tutti diventeranno esper, dotati delle adeguate facoltà. Ma fino allora, siate felice di essere cieco.

Uscì dal Comando, salì su una Cavalletta e si fece portare verso nord: al Kingston Hospital. Seduto nella cabina, con il pacco sulle ginocchia, contemplò affascinato la meravigliosa vallata dell’Hudson.

Poi apparve il Kingston Hospital, una vasta distesa di prati, di piscine, di ampie terrazze soleggiate, di campi sportivi, di padiglioni, di cliniche, tutto in uno squisito stile neoclassico. Mentre la Cavalletta planava, Powell riuscì a distinguere le figure dei pazienti e dei sorveglianti che, abbronzati e animati, giocavano e ridevano insieme.

Passò dall’Ufficio Visitatori, chiese dove si trovasse Barbara D’Courtney, e s’incamminò nella direzione che gli fu indicata.

Si videro nello stesso momento, in un vasto spiazzo d’erba fiancheggiato da terrazze di pietra e da luminosi giardini. Lei volò verso di lui, agitando le mani, ed egli si precipitò verso di lei. Poi, mentre si avvicinavano, furono colti entrambi da una specie di timidezza. Si fermarono, a qualche passo di distanza l’uno dall’altra, non osando guardarsi.

— Salve.

— Salve, Barbara. — Pausa. — Andiamo all’ombra.

Si ripararono all’ombra di una terrazza. Powell la guardò con la coda dell’occhio. Era più vivace che mai. E l’espressione da monella — quella che egli credeva fosse semplicemente da attribuirsi agli effetti del déjà éprouvé — era ancora sul suo viso. Lei aveva un’aria inesprimibilmente birichina, allegra, attraente. Ma era una donna fatta, ora. Lui non la conosceva.

— Sarò dimessa questa sera — disse Barbara.

— Lo so.

Si sedettero su una panchina di pietra. Lei gli volse uno sguardo pieno di gravità. — Voglio dirvi quanto vi sia grata.

— Per favore, Barbara. Mi mettete a disagio.

— Davvero?

— Vi conoscevo così bene da bambina, ma ora…

— Ora sono cresciuta di nuovo.

— Sì.

— Dovete approfondire la conoscenza, ora. Vogliamo vederci domani all’ora del tè? Va bene alle cinque? Un invito del tutto confidenziale.

— Sentite — disse Powell disperatamente. — Vi ho aiutato più volte a vestirvi. E vi ho pettinato, e vi ho raccomandato di pulirvi bene i denti.

Lei agitò graziosamente una mano, sorridendogli.

— Vi piaceva il pesce, ma non potevate soffrire l’agnello. Una volta me ne avete ficcato un pezzetto in un occhio.

— È stato tanto tempo fa, signor Powell.

— È stato due settimane fa, signorina D’Courtney.

Si alzò con aria maestosa. — Ma signor Powell! Se insistete su queste calunnie cronologiche… — Si interruppe e lo fissò. L’espressione da monella riapparve sul suo viso. — Cronologiche? — ripeté.

Lui depose il pacco e la prese tra le braccia.

— Signor Powell — mormorò. — Ciao, signor Powell.

— Mio Dio, Barbara-Baba, tesoro. Per un istante ho creduto che parlassi sul serio.

— Ti ricambiavo di tutte le tue cure per farmi crescere bene.

— Sei sempre stata una bambina vendicativa.

— Sei sempre stato un cattivo papà. — Si piegò un poco all’indietro e lo guardò. — Mary Noyes mi ha raccontato. Tutto.

— Davvero?

Barbara annuì. — Aveva ragione. Io sono pronta a tutto.

Lui rise, irradiando intorno a sé una grande ondata di felicità. — Non devi sentirti pronta a nulla. Siediti. Voglio chiederti una cosa.

Barbara sedette.

— Devo ritornare a quella notte.

— In casa Beaumont?

Annuì.

— Non è facile parlarne — bisbigliò lei, tristemente.

— Sarà affare di un minuto. Tu eri a letto, addormentata. Improvvisamente ti svegliasti e ti precipitasti nella camera delle orchidee. Ricordi il resto…

— Ricordo.

— Una domanda. Che grido ti svegliò?

— Lo sai.

Stando al capezzale del letto di Ben Reich, Powell vide i segni della consapevolezza, della pena, in quegli occhi stralunati, balenanti.

Il dottor Johnny Jeems posò una mano sul braccio di Reich. — È un ragazzo pieno di risorse. Abbiamo grandi speranze per lui.

Reich si agitò e si contorse.

— Come riesce l’operazione? — chiese Powell ansiosamente.

— Benissimo. Dovrebbe esser pronto per la rinascita entro un anno.

— È un ragazzo in gamba. Abbiamo bisogno di uomini come lui. Sarebbe stato un gran peccato perderlo.

— Perderlo? — ripeté Jeems, con aria stupita. — E in che modo?

— Tre o quattrocento secoli fa, Johnny, la polizia eliminava gente come Reich. Pena di morte, la chiamavano.

— Ma non ha senso; un uomo che ha il talento e il fegato di sfidare la società è potenzialmente un uomo di valore. Se non lo si liberasse da se stesso e non si sfruttassero i valori che sono in lui al più alto grado… ebbene, ci si renderebbe colpevoli di un criminale spreco di esseri umani.

— Erano molto in gamba in questo genere di sprechi, a quei tempi — disse Powell. Da sotto il braccio trasse il pacchetto. — Questo, per esempio, sarebbe stato definito un mostruoso sentimentalismo verso un rifiuto della società.

Jeems osservò in silenzio, con simpatia, Powell che tendeva il pacco a quanto ancora rimaneva di Reich. — È un regalo per voi, Ben. Prendetelo. — La strana creatura gettò uno sguardo a Powell, poi al regalo. Infine le mani incerte afferrarono il pacco, lacerarono la carta, ne trassero una manciata di magnifici bastoni di zucchero candito, specialità della Sucre et Cie e li ficcarono tra le labbra cascanti.

— Non si può dire che non abbia avuto regali — disse Jeems, accennando ai fiori, ai dischi, alle sculture, alla gabbia di vivacissimi animali provenienti da Venere, alle piante esotiche di Pardi che ricoprivano tavole e scaffali.

— Da parte del commissario Crabbe, dal vecchio T-H, dal dottor Wilson 1/4 Maine — disse Powell, leggendo i biglietti che accompagnavano i vari regali. Tacque un attimo. — Perfino Jeremy Church. Con tutto l’odio che nutriva contro Reich da quando l’aveva fatto espellere dalla Lega degli esper… maledizione, Johnny, è difficile crederci, no?

— Ma no — disse Jeems. — Perché? Un criminale è un malato. Naturale che lo si porti all’ospedale e che gli si mandino regali. In che altro modo si potrebbero trattare i criminali?

— In che altro modo? — ripeté Powell, gentilmente. Dal caos della mente lacerata di Reich uscì un brandello di pensiero: Powell — esper — Powell — amico…

Fu così improvviso, così inaspettato, così pieno di appassionata gratitudine, che Powell afferrò la spalla di Reich e cercò di abbozzare un sorriso, poi dovette voltarsi e correre via, verso il padiglione di Barbara.

Una mente malata era stata salvata. C’erano stati timori e delusioni, il sistema solare, Powell, Barbara e Reich stesso avevano corso un grave pericolo, un vecchio logorato dalle sue stesse colpe, troppo stanco per continuare a vivere, era stato assassinato. Ma una personalità malata era salva, ora. Un giorno tutto il genere umano sarebbe guarito. Fino allora gli esper dovevano guidare, custodire e proteggere un mondo malato di cecità psichica.

Ne valeva la pena?

Senza esitazioni, Powell decise che sì, ne valeva la pena.

FINE