Il bassotto sorrise e tese la mano come per toccarle il ventre gonfio. — Questo fa di me una sorta di zio, vero, Brawne?
Lei annuì. — Sei stato tu a salvare la piccina… Rachel… vero?
— Sei riuscita a vedermi?
— No — mormorò Brawne. — Ma ho sentito la tua presenza. — Esitò un istante. — Ma tu non eri colui del quale parlò Ummon, la parte Empatia dell'IF umana?
Lui scosse la testa. I ricci mandarono riflessi, nella luce fioca. — Ho scoperto di essere Colui Che Viene Prima. Preparo la via a Colei Che Insegna. Purtroppo il mio unico miracolo è stato prendere in braccio una neonata e aspettare che qualcuno la prendesse a me.
— Mi hai aiutata… con lo Shrike? A stare in aria?
John Keats si mise a ridere. — No. E non è stata neppure Moneta. Sei stata tu, Brawne.
Lei scosse con forza la testa. — Impossibile.
— Non impossibile — disse lui, piano. Allungò la mano per toccarle di nuovo il ventre e lei immaginò di sentire la pressione del suo palmo. Johnny mormorò: — "Tu, sposa ancora intatta della quiete, / tu, figlia adottiva dal silenzio e del tempo lento…" — Guardò in viso Brawne. — Senza dubbio la madre di Colei Che Insegna può esercitare alcune prerogative.
— La madre di… — A un tratto Brawne sentì il bisogno di sedersi e trovò una panchina appena in tempo. Mai prima di allora era stata goffa, ma adesso non riuscì proprio a sedersi con grazia. Pensò, anche se non c'entrava per niente, al dirigibile che sarebbe giunto l'indomani mattina.
— Colei Che Insegna — ripeté Keats. — Non so cosa insegnerà, ma cambierà l'universo e metterà in moto idee che saranno vitali anche fra diecimila anni.
— Mia figlia? — riuscì a dire Brawne, sentendosi mancare l'aria. — La figlia di Johnny e mia?
La persona-Keats si lisciò la guancia. — L'unione di spirito umano e logica IA che Ummon e il Nucleo hanno cercato per tanto tempo, e sono morti senza capire — disse. Avanzò di un passo. — Vorrei solo essere dalle sue parti, quando insegnerà quel che dovrà insegnare. Vedere quale effetto avrà sul mondo. Su questo mondo. Altri mondi.
La mente di Brawne girava vorticosamente. Ma la donna aveva sentito qualcosa, nel suo tono. — Perché? Dove sarai? Cosa non va?
Keats sospirò. — Il Nucleo è morto. Le sfere dati qui sono troppo piccole per contenermi anche in forma ridotta… a parte le IA della nave della FORCE, e quelle non credo che mi piacerebbero. Non ho mai preso bene gli ordini.
— E non c'è altro posto? — domandò Brawne.
— La metasfera — rispose lui, lanciandosi alle spalle un'occhiata. — Ma è piena di leoni, tigri, orsi. E io non sono ancora pronto.
Brawne lasciò correre. — Ho un'idea — disse. Gliela espose.
L'immagine del suo amato le venne più vicino, le mise le braccia al collo. — Tu sì che sei un miracolo, signora mia — disse. Arretrò nelle ombre.
— Sono solo una donna incinta — replicò Brawne. Si posò la mano sul gonfiore sotto la veste. — Colei Che Insegna — mormorò. Poi, a Keats: — D'accordo, tu sei l'arcangelo che annuncia tutto questo. Quale nome devo darle?
Non ricevendo risposta, Brawne alzò lo sguardo.
Fra le ombre non c'era nessuno.
Prima del sorgere del sole, Brawne era già allo spazioporto. Non era esattamente un gruppo allegro, quello che salutava. Al di là della normale tristezza degli addii, Martin, il Console e Theo avevano i postumi della bevuta, dal momento che le pillole doposbronza erano esaurite, nell'Hyperion post-Rete. Solo Brawne era di buon umore.
— Quel maledetto computer della nave si comporta stranamente per tutta la mattina — brontolò il Console.
— Com'è possibile? — sorrise Brawne.
Il Console la guardò storto. — Chiedo di effettuare un normale controllo prima della partenza e la stupida nave mi risponde versi.
— Versi? — disse Sileno, inarcando il sopracciglio da satiro.
— Già… state a sentire. — Il Console mise in funzione il comlog. Una voce ben nota a Brawne disse:
Theo Lane disse: — Una IA difettosa? Credevo che la nave avesse una delle migliori intelligenze, al di fuori del Nucleo.
— Infatti — disse il Console. — Non è difettosa. Ho fatto il controllo cognitivo e di funzione. Tutto è a posto. Però mi dà… questa roba! — Indicò la lettura di registrazione del comlog.
Martin Sileno lanciò un'occhiata a Brawne Lamia, scrutò attentamente il sorriso della donna, poi si rivolse al Console. — Bene, pare che la tua nave diventi erudita. Non preoccupartene. Sarà una buona compagnia, durante il viaggio laggiù e ritorno.
Nella pausa che seguì, Brawne tirò fuori un involto voluminoso. — Un regalo di addio — disse.
Il Console scartò l'involto, lentamente dapprima, poi strappando via la confezione, mentre compariva il piccolo tappeto piegato, sbiadito, logoro. Il Console vi passò sopra la mano, alzò lo sguardo e parlò con voce piena di emozione. — Dove… come hai…
Brawne sorrise. — Una profuga indigena l'ha trovato sotto le chiuse Karla. Cercava di venderlo al mercato di Jacktown, quando sono capitata lì io. Nessuno era interessato all'acquisto.
Il Console trasse un profondo sospiro e passò la mano sui disegni del tappeto Hawking che aveva portato suo nonno Merin al fatale incontro con sua nonna Siri.
— Purtroppo non credo che volerà ancora — disse Brawne.
— I filamenti di volo hanno bisogno di ricarica — disse il Console. — Non so come ringraziarti…
— Non farlo. È un augurio di buona fortuna per il viaggio.
Il Console scosse la testa, abbracciò Brawne, strinse la mano agli altri, prese l'ascensore per salire a bordo. Brawne e gli altri tornarono a piedi al terminal.
Non c'erano nuvole, nel cielo color lapislazzuli di Hyperion. Il sole dipingeva di tonalità intense i lontani picchi della Briglia e prometteva calore per il giorno a venire.
Senza girarsi Brawne diede un'occhiata alla Città dei Poeti e alla valle più avanti. La cima delle Tombe più alte si scorgeva appena. Un'ala della Sfinge rifletté la luce.
Con poco rumore e appena un accenno di calore, la nave color ebano del Console si alzò su una colonna di fiamma azzurra e puntò al cielo. Brawne cercò di ricordare le poesie appena lette e i versi finali della più lunga e più bella opera incompiuta del suo amato.
Brawne sentì il vento caldo tirarle i capelli. Alzò il viso verso il cielo e agitò il braccio, senza cercare di nascondere o di asciugare le lacrime, continuò a salutare con forza, ora che la splendida nave puntava la prua e saliva al cielo, con la sua vivida scia di fiamma azzurra e, come un urlo distante, creava un improvviso bang sonico che increspò il deserto ed echeggiò contro i picchi lontani.
Brawne non cercò di trattenere le lacrime e salutò di nuovo e continuò ad agitare il braccio al Console che partiva e al cielo e ad amici che non avrebbe più rivisto e a una parte del proprio passato e alla nave che s'innalzava come una perfetta freccia di ebano scagliata dall'arco di un dio.
Sfolgorò ancora…