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Dan Simmons

La caduta di Hyperion

A John Keats, il cui nome è scritto nell'eternità

Può Dio giocare con la sua stessa creatura un gioco significativo? Può, un creatore, anche se limitato, giocare con la propria creatura un gioco significativo?

Norbert Wiener, God and Golem, Inc.

…Possono non esistere esseri superiori divertiti da qualcuna delle graziose, per quanto istintive, attitudini in cui cade la mia mente, mentre considero la prontezza d'un Ermellino o il timore d'un Cervo? Per quanto una zuffa per strada sia cosa da odiare, le energie che mostra sono belle. Per un essere superiore, i nostri ragionamenti forse assumono lo stesso tono… per quanto errati, forse sono belli. Ed è questa, la vera essenza della poesia…

John Keats, in una lettera al fratello

Si può paragonare l'immaginazione al sogno di Adamo: si svegliò e scoprì che era la realtà.

John Keats, in una lettera a un amico

PARTE PRIMA

1

Nel giorno in cui la flotta di astronavi partì per la guerra, nell'ultimo giorno della vita così come la conoscevamo, fui invitato a un party. C'erano party dappertutto, quella sera, su più di centocinquanta mondi della Rete, ma il mio era l'unico che contasse.

Per mezzo della sfera dati comunicai che accettavo l'invito, controllai che il mio migliore abito da sera fosse pulito, me la presi comoda a farmi il bagno e la barba, mi vestii con cura meticolosa e all'ora fissata adoperai il diskey usa-e-getta contenuto nel chip d'invito, per teleportarmi da Esperance a Tau Ceti Centro.

In quell'emisfero di TC2 era tardo pomeriggio. Una luce bassa e intensa illuminava le alture e le valli del Parco dei Cervi, le torri grigie del complesso amministrativo più a sud, i salici piangenti e le splendide pirofelci lungo le rive del fiume Teti, i bianchi colonnati della stessa Casa del Governo. Gli ospiti arrivavano a migliaia, ma il personale del servizio di sicurezza accoglieva ciascuno di noi, confrontava con gli schemi DNA i codici d'invito e indicava con un gesto cortese come raggiungere bar e buffet.

— Signor Joseph Severn — confermò la guida, in tono educato.

— Sì — mentii. Severn era il mio nome, allora, ma non la mia identità.

— Il Primo Funzionario Esecutivo Gladstone desidera vederla più avanti nella serata. Le faremo sapere quando la signora sarà libera di riceverla.

— Grazie.

— Se desidera particolari rinfreschi o divertimenti, le basterà chiedere ad alta voce e i monitor a terra cercheranno di accontentarla.

Annuii, sorrisi e mi allontanai. Avevo fatto solo una decina di passi e la guida già si occupava di altri invitati che scendevano dalla piattaforma del terminex.

Dal mio punto d'osservazione in cima a una montagnola scorgevo alcune migliaia di ospiti in movimento su varie centinaia di ettari di prato ben curato; molti passeggiavano tra foreste d'alberi tagliali in fogge bizzarre. Più in alto rispetto al tratto erboso dov'ero fermo, già in penombra per il filare di alberi lungo il fiume, si estendevano i giardini all'italiana e al di là di essi si alzava la massa imponente della Casa del Governo. Nel patio la banda suonava, e altoparlanti nascosti portavano la musica fin nelle zone più distanti del Parco dei Cervi. Una fila continua di VEM scendeva a spirale da un teleporter posto a grande altezza. Per alcuni secondi osservai i passeggeri, vestiti a colori vivaci, sbarcare sulla piattaforma nelle vicinanze del terminex pedonale. Ero affascinato dalla varietà di velivoli: le luci si riflettevano non solo sugli scafi di comuni Vikken, Altz e Sumalso, ma anche sui ponti rococò delle chiatte a levitazione e sullo scafo metallico di antiquati skimmer già pittoreschi quando la Vecchia Terra esisteva ancora.

Scesi lungo il dolce pendio fino alla riva del Teti e oltrepassai il molo dove un incredibile assortimento d'imbarcazioni scaricava passeggeri. Il Teti era l'unico fiume che si estendesse nella Rete: scorreva nei teleporter permanenti e attraversava tratti di più di duecento fra pianeti e lune; la gente che abitava lungo le sue rive era fra la più ricca dell'Egemonia. I veicoli sul fiume comprendevano grandi cruiser merlati, brigantini a palo carichi di vele, chiatte a cinque ponti (molte di queste imbarcazioni erano attrezzate con dispositivi di levitazione), elaborate case galleggianti munite di teleporter autonomo, piccole isole mobili importate dagli oceani di Patto-Maui, motoscafi da corsa sportivi, sommergibili pre-Egira, un assortimento di VEM nautici intagliati a mano, provenienti da Vettore Rinascimento, e pochi, moderni yacht polivalenti il cui profilo era nascosto dalla superficie ovoidale riflettente e continua dei campi di contenimento.

Gli ospiti non erano meno sgargianti e barocchi dei veicoli da cui sbarcavano: lo stile di ciascuno andava dal tradizionale abito da sera pre-Egira, portato da gente chiaramente mai toccata dal trattamento Poulsen, a quello all'ultima moda secondo i dettami della settimana corrente su TC2, drappeggiato su figure modellate dai più famosi ARNisti della Rete. Continuai la passeggiata e mi fermai a un lungo tavolo da buffet il tempo sufficiente per riempirmi il piatto: roast beef, insalata, filetto di calamaro volante, curry di Parvati e pane appena sfornato.

Il tardo pomeriggio era già sfumato nel crepuscolo quando trovai un posto dove sedermi, vicino ai giardini: spuntavano le prime stelle. Le luci della vicina città e del complesso amministrativo erano state abbassate per consentire di scorgere la flotta spaziale: il cielo notturno di Tau Ceti Centro era più chiaro di quanto non fosse stato per secoli.

Una donna seduta accanto a me mi lanciò un'occhiata e sorrise. — Sono sicura che ci siamo già incontrati.

Ricambiai il sorriso, certo del contrario. La donna era molto attraente, forse vicina ai sessanta standard, il doppio dei miei anni, ma sembrava più giovane dei miei ventisei, grazie al denaro e a Poulsen. La pelle era talmente chiara da sembrare quasi trasparente. I capelli erano acconciati in una treccia rialzata. I seni, rivelati più che nascosti dall'abito lungo di velocrespo, erano perfetti. Gli occhi, crudeli.

— Forse — risposi. — Ma non mi sembra probabile. Mi chiamo Joseph Severn.

— Certo — disse lei. — Un pittore!

Non ero un pittore. Ero… fui… un poeta. Ma l'identità Severn, che avevo assunto a partire dalla morte e dalla nascita della mia persona reale un anno prima, mi proclamava pittore: era scritto nel mio file della Totalità.

— L'ho ricordato — rise la signora. Mentiva. Si era servita del costoso innesto comlog per accedere alla sfera dati.

Non avevo bisogno di accedere… parola goffa e ridondante che disprezzavo nonostante la sua antichità. Mentalmente chiusi gli occhi e fui nella sfera dati, scivolai al di là delle barriere superficiali della Totalità, sotto le onde dei dati di superficie, e seguii il lucente cavo del cordone ombelicale d'accesso, fino alle buie profondità del flusso di dati "riservati".

— Sono Diana Philomel — disse lei. — Mio marito è amministratore zonale trasporti per Sol Draconis Septem.

Accettai la mano che mi porgeva. La donna non aveva accennato al fatto che il marito era stato capo agente provocatore per il sindacato dei grattamuffa di Porta del Paradiso, prima che raccomandazioni politiche lo promuovessero a Sol Draconis… né che lei un tempo era conosciuta come Dinee la Tettona, ex puttana di bordello e cameriera volante per i procuratori di polmotubature nelle Lande di Mediocesso… né che era stata arrestata due volte per abuso di Flashback e la seconda aveva ferito gravemente un medico dell'istituto per il recupero di ex detenute… né che a nove anni aveva avvelenato il fratellastro, dopo che lui aveva minacciato di raccontare al padre che lei s'incontrava con un minatore di Piana Fangosa, di nome…