— Risposta? — domandò il computer astrotel.
— Messaggio ricevuto — disse Gladstone. — Trasmettere: "Tenersi pronti" in codice diplomatico monouso.
Passò al secondo messaggio.
L'ammiraglio William Ajunta Lee apparve in una frammentaria proiezione bi-di, ovviamente perché il trasmettitore astrotel della nave lavorava a energia ridotta. Gladstone vide dalle colonne dati periferiche che la raffica era stata incorporata fra le trasmissioni telemetriche standard della flotta: a lungo andare i tecnici della FORCE avrebbero notato la discrepanza nella somma di controllo, ma forse sarebbero passate ore o addirittura giorni.
Il viso di Lee era insanguinato e lo sfondo era scuro di fumo. Dalla confusa immagine in bianco e nero, Gladstone ritenne che l'ammiraglio trasmettesse da uno scomparto di attracco dell'incrociatore. Sul banco da lavoro metallico alle spalle di Lee giaceva un cadavere.
— …un effettivo di marines è riuscito ad abbordare uno dei loro cosiddetti lancer — ansimò Lee. — Hanno davvero equipaggio… cinque individui per nave… e sembrano davvero Ouster; ma guardi cosa succede quando cerchiamo di fare l'autopsia. — Il quadro cambiò e Gladstone capì che Lee adoperava un'olocamera portatile collegata al trasmettitore astrotel. Ora Lee era fuori quadro e lei vedeva il viso livido e martoriato di un cadavere Ouster. Dal sangue fuoruscito dagli occhi e dalle orecchie, Gladstone dedusse che l'Ouster era morto per decompressione esplosiva.
Comparve la mano di Lee, riconoscibile dalla treccia di ammiraglio sulla manica, con un bisturi laser. Il giovane comandante non si preoccupò di rimuovere l'abbigliamento: praticò al cadavere una incisione verticale dallo sterno in giù.
La mano col laser si ritrasse e l'olocamera si stabilizzò: nel cadavere dell'Ouster iniziò una reazione. Ampie chiazze cominciarono a bruciare senza fiamma sul petto, come se il laser avesse dato fuoco ai vestiti. Poi l'uniforme bruciò completamente e fu subito chiaro che il petto dell'uomo ardeva in fori irregolari sempre più larghi e da quei fori splendeva una luce così vivida che l'olocamera portatile fu costretta a mettere al minimo la ricettività. Ora bruciavano anche parti del cranio, lasciando immagini secondarie nello schermo astrotel e nella retina di Gladstone.
L'olocamera smise di riprendere prima che il cadavere si consumasse, come se il calore fosse troppo intenso. Il viso di Lee galleggiò a fuoco. — Ecco, signora. Con tutti i cadaveri si è verificata la stessa cosa. Non abbiamo catturato nessun nemico vivo. Ancora non abbiamo scoperto il centro dello Sciame, abbiamo trovato solo altre navi da guerra, e ritengo che…
L'immagine scomparve e le colonne dati dissero che la raffica si era interrotta a metà trasmissione.
— Risposta?
Gladstone scosse la testa e aprì lo stanzino. Tornata nello studio, guardò con desiderio il divano, ma si sedette alla scrivania, sapendo che se avesse chiuso gli occhi per un secondo si sarebbe addormentata. Sedeptra la chiamò sulla frequenza privata e disse che il generale Morpurgo aveva bisogno di parlare con il PFE di questioni urgenti.
Il lusiano entrò e cominciò ad andare avanti e indietro per l'agitazione. — Signora, capisco il suo ragionamento nell'autorizzare l'uso della neurobomba, ma devo protestare.
— Perché, Arthur? — domandò Gladstone, chiamandolo per nome per la prima volta in settimane.
— Perché, maledizione, non ne conosciamo i risultati. È troppo pericoloso. Ed è… è immorale.
Gladstone inarcò il sopracciglio. — Perdere miliardi di cittadini in una guerra di logorio sarebbe morale, ma usare quell'aggeggio per uccidere milioni di nemici sarebbe immorale? È questa, Arthur, la posizione della FORCE?
— È la mia posizione, signora.
Gladstone annuì. — Capisco e prendo nota, Arthur. Ma la decisione è stata presa e sarà attuata. — Vide il vecchio amico scattare sull'attenti e prima che il generale aprisse bocca per protestare o, più probabilmente, per presentare le dimissioni, Gladstone disse: — Faresti una passeggiata con me, Arthur?
Il generale della FORCE rimase sconcertato. — Una passeggiata? Perché?
— Abbiamo bisogno di aria fresca. — Senza attendere risposta, Gladstone andò al teleporter privato, azionò il diskey manuale e passò dall'altra parte.
Morpurgo varcò il portale opaco, fissò l'erba dorata che gli arrivava alle ginocchia e si estendeva fino all'orizzonte lontano, alzò il viso verso il cielo color giallo zafferano dove nubi cumuliformi color bronzo si levavano in guglie frastagliate. Alle sue spalle, il portale scomparve: ne segnò la posizione solo un diskey di controllo alto un metro, l'unica cosa fatta dall'uomo visibile nella distesa di erba dorata e di cielo pieno di nuvole. — Dove diavolo siamo? — domandò Morpurgo.
Gladstone aveva strappato un filo di erba e lo masticava. — Kastrop-Rauxel. Non ha sfera dati, marchingegni orbitanti, abitazioni umane o mecc di qualsiasi genere.
Morpurgo sbuffò. — Tanto non sarà più al sicuro dalla sorveglianza del Nucleo del posto in cui Byron Lamia soleva portarci, Meina.
— Forse no — convenne Gladstone. — Arthur, ascolta. — Mise in azione le registrazioni comlog delle due trasmissioni astrotel appena ricevute.
Al termine, quando il viso di Lee scomparve bruscamente, Morpurgo si allontanò nell'erba alta.
— Allora? — disse Gladstone, affrettandosi per stargli dietro.
— Così i corpi degli Ouster si autodistruggono nel modo tipico dei cadaveri cìbridi. E con ciò? Credi che il Senato o la Totalità l'accetteranno come prova del fatto che dietro l'invasione c'è il Nucleo?
Gladstone sospirò. L'erba aveva un aspetto morbido, invitante. Immaginò di distendersi e sprofondare in un sonno dal quale non dovesse mai fare ritorno. — È prova sufficiente, per noi. Per il gruppo. — Non era necessario precisare quale. Da quando era entrata al Senato, si erano tenuti in contatto scambiandosi i sospetti sul Nucleo, con la speranza di ottenere un giorno la vera libertà dal dominio delle IA. Sotto la guida del senatore Byron Lamia… Ma era accaduto tanto tempo prima.
Morpurgo guardò il vento frustare le steppe dorate. Un bizzarro tipo di fulmine globulare giocò dentro le nuvole color bronzo nei pressi dell'orizzonte. — E allora? Saperlo è inutile, se non sappiamo dove colpire.
— Abbiamo tre ore.
Morpurgo guardò il comlog. — Due ore e quarantadue minuti. Non bastano, Meina, per un miracolo.
Gladstone non sorrise. — Non bastano per nient'altro, Arthur. Toccò il diskey e con un ronzio comparve il portale.
— Cosa possiamo fare? — domandò Morpurgo. — In questo momento, le IA insegnano ai nostri tecnici come usare la neurobomba. La nave torcia sarà pronta entro un'ora.
— La faremo esplodere dove non danneggerà nessuno.
Il generale smise di andare avanti e indietro e la fissò. — E dove diavolo sarebbe? Quel merdoso di Nansen dice che l'ordigno ha un raggio letale di almeno tre anni-luce, ma come possiamo fidarci di lui? Facciamo esplodere un solo ordigno, nei pressi di Hyperion o altrove, e forse condanneremo la vita umana dovunque.
— Ho un'idea, ma voglio dormirci sopra.
— Dormirci sopra? — brontolò Morpurgo.
— Schiaccerò un pisolino, Arthur. Ti suggerisco di fare lo stesso. — Varcò il portale.
Morpurgo borbottò una parolaccia, si aggiustò il berretto e seguì Gladstone, a testa alta, schiena dritta, sguardo avanti: un soldato che si avvia alla propria esecuzione.
Sulla terrazza più alta di una montagna in movimento nello spazio, a una decina di minuti-luce da Hyperion, il Console e diciassette Ouster sedevano sopra un cerchio di pietre basse all'interno di un cerchio più ampio di pietre più alte: si decideva la sorte del Console.