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— Sua moglie e suo figlio sono morti su Bressia — disse Freeman Ghenga. — Durante la guerra fra quel mondo e il Clan Moseman.

— Sì — disse il Console. — L'Egemonia ritenne che l'intero Sciame fosse coinvolto nell'attacco. Io non dissi niente per farle cambiare opinione.

— Ma sua moglie e suo figlio rimasero uccisi.

Il Console guardò al di là del cerchio di pietre, verso la vetta che già passava alla notte. — E allora? Non chiedo misericordia, a questo Tribunale. Non invoco circostanze attenuanti. Ho ucciso Freeman Andil e i tre tecnici. Li ho uccisi con premeditazione, a sangue freddo. Li ho uccisi senz'altro scopo che azionare il vostro congegno per aprire le Tombe del Tempo. Non c'entravano affatto, mia moglie e mio figlio!

Un Ouster barbuto, che era stato presentato come Portavoce Hullcare Amnion, avanzò nel cerchio interno. — Il congegno era inutile. Non funzionava.

Il Console si girò, aprì la bocca, la chiuse senza far parola.

— Una prova — disse Freeman Ghenga.

La voce del Console fu quasi impercettibile. — Ma le Tombe… si sono aperte.

— Sapevamo quando si sarebbero aperte — disse Coredwell Minmun. — La velocità di decadimento dei campi anti-entropici ci era nota. Il congegno era una prova.

— Una prova — ripeté il Console. — Ho ucciso quelle quattro persone per niente. Una prova.

— Sua moglie e suo figlio sono morti per mano Ouster — disse Freeman Ghenga. — L'Egemonia ha usato violenza a Patto-Maui. Le sue azioni erano prevedibili, entro certi parametri. Gladstone contava su questo. E noi pure. Ma dovevamo conoscere i parametri.

Il Console si alzò, mosse tre passi, mantenne la schiena girata agli altri. — Sprecato.

— Come sarebbe a dire? — domandò Freeman Ghenga. Il cranio glabro della donna brillò alla luce delle stelle e al riflesso del sole contro una fattoria cometa di passaggio.

Il Console rideva piano. — Tutto sprecato. Perfino i miei tradimenti. Niente reale. Sprecato.

Il Portavoce Coredwell Minmun si alzò e si lisciò la veste. — Questo Tribunale ha emesso la sentenza — disse. Gli altri sedici Ouster annuirono.

Il Console si girò. Sul viso stanco aveva un'espressione molto simile all'impazienza. — Avanti, allora. Per l'amor di Dio, facciamola finita.

Il portavoce Freeman Ghenga si alzò e si rivolse al Console. — Lei è condannato a vivere. È condannato a riparare una parte del danno fatto.

Il Console barcollò, come se l'avessero colpito in pieno viso. — No, non potete… dovete…

— È condannato a entrare nell'era di caos che s'avvicina — disse il Portavoce Hullcare Amnion. — Condannato ad aiutarci a riunire le famiglie separate della razza umana.

Il Console alzò le braccia come per difendersi da colpi fisici. — Non posso… non farò… colpevole…

Freeman Ghenga avanzò di tre passi, afferrò il Console per lo sparato della giacca da cerimonia e lo scosse senza tanti complimenti.

— Lei è colpevole! Proprio per questo deve aiutarci a migliorare il caos che sta per arrivare. Ha collaborato a liberare lo Shrike. Adesso deve tornare a provvedere che sia di nuovo chiuso in gabbia. Allora la lunga riconciliazione potrà avere inizio.

Lo lasciò andare, ma le spalle del Console si scuotevano ancora. In quel momento la montagna ruotò nella luce del sole e le lacrime brillarono negli occhi del Console. — No — mormorò lui.

Freeman Ghenga gli lisciò la giacca gualcita, gli strinse la spalla.

— Abbiamo i nostri profeti. I Templari si uniranno a noi nel seminare a nuovo la galassia. Lentamente, coloro che sono vissuti nella menzogna chiamata Egemonia si arrampicheranno fuori delle macerie dei loro mondi Nucleo-dipendenti e si uniranno a noi nella vera esplorazione… dell'universo e di quel reame ancora più vasto che si trova dentro di noi.

Il Console diede l'impressione di non avere udito. Si girò bruscamente da parte. — Il Nucleo vi distruggerà — disse, senza guardare in viso nessuno. — Proprio come ha distrutto l'Egemonia.

— Lei dimentica che il suo stesso mondo fu fondato sulla base di un solenne patto di vita — disse Coredwell Minmun.

Il Console si girò verso l'Ouster.

— Un patto simile governa la nostra vita e le nostre azioni — continuò Minmun. — Non solo per preservare alcune specie della Vecchia Terra, ma per trovare unità nella diversità. Per diffondere il seme della razza umana in tutti i mondi, in ambienti diversi, rispettando però la diversità di vita che troviamo altrove.

Il viso di Freeman Ghenga era luminoso, nel sole. — Il Nucleo offrì unità nel servilismo inconsapevole — disse piano. — Sicurezza nel ristagno. Dove sono, dopo l'Egira, le rivoluzioni del pensiero umano, della cultura, dell'azione?

— Terraformate in cloni sbiaditi della Vecchia Terra — rispose Coredwell Minmun. — La nostra nuova epoca di espansione umana non terraformerà niente. Gioiremo delle difficoltà e accoglieremo le bizzarrie. Non modificheremo l'universo per adattarlo a noi… saremo noi, ad adattarci.

Il Portavoce Hullcare Amnion indicò le stelle. — Se la razza umana sopravvive a questa prova, il nostro futuro sarà nelle buie distanze fra le stelle, oltre che nei mondi illuminati dal sole.

Il Console sospirò. — Ho degli amici, su Hyperion — disse. — Posso tornare ad aiutarli?

— Può tornare — rispose Freeman Ghenga.

— E affrontare lo Shrike?

— Lo affronterà — rispose Coredwell Minmun.

— E sopravvivere per vedere l'età del caos?

— Deve vederla — rispose Hullcare Amnion.

Il Console sospirò di nuovo e si mosse lateralmente con gli altri, mentre, sopra di loro, una grande farfalla con ali a celle solari e la pelle lucida resistente al vuoto o alle radiazioni dure si abbassò verso il cerchio simile a Stonehenge e aprì il ventre per accogliervi il Console.

Nella clinica della Casa del Governo, su Tau Ceti Centro, padre Paul Duré dormì di un sonno vuoto e artificialmente indotto, sognando fiamme e la morte di mondi.

A parte la breve visita di Meina Gladstone e una visita ancora più breve del vescovo Edouard, Duré era rimasto da solo per tutta la giornata, vagando dentro e fuori una foschia piena di dolore. I medici avevano chiesto altre dodici ore prima di dimettere il paziente; il Collegio dei Cardinali di Pacem aveva acconsentito, con l'augurio di pronta guarigione in attesa della cerimonia: entro ventiquattr'ore, il prete gesuita Paul Duré di Villefranche-sur-Saône sarebbe divenuto Papa Teilhard I, 487 vescovo di Roma, diretto successore del discepolo Pietro.

Ancora in fase di guarigione, con la carne che riformava i tessuti sotto la guida di un milione di selettori RNA, con i nervi che si rigeneravano allo stesso modo grazie alla miracolosa medicina moderna (non tanto miracolosa, si disse Duré, da eliminare il terribile prurito in tutto il corpo), il gesuita rimase a letto e pensò a Hyperion e allo Shrike e alla propria lunga vita e al confuso stato di affari nell'universo di Dio. Alla fine si addormentò e sognò Bosco Divino in fiamme e la Vera Voce dell'Albero Mondo che lo spingeva attraverso il portale; e sognò sua madre e una donna di nome Semfa, ora morta, che un tempo aveva lavorato nella piantagione Perecebo, nella periferia della Periferia, il territorio della fibroplastica a est di Port Romance.

E in questi sogni fondamentalmente tristi, Duré si accorse a un tratto di un'altra presenza: non un'altra presenza di sogno, ma la presenza di un altro sognatore.

Duré camminava con qualcuno. L'aria era fredda, il cielo era di un azzurro sconvolgente. Avevano appena superato una curva della strada e ora davanti a loro si vedeva un lago, con le rive costeggiate di graziosi alberi, una cornice di montagne alle spalle, una fila di basse nubi che davano colore e profondità alla scena, e una singola isola che pareva galleggiare molto lontano nelle acque calme come specchio.