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Trovai Arundez e i suoi collaboratori — tre donne e quattro uomini, il cui abbigliamento e aspetto fisico suggerivano la provenienza da differenti mondi della Rete — due verande più avanti. Chini sopra la colazione e i comlog scientifici, discutevano con termini tecnici così astrusi da riempire d'invidia uno studioso del Talmud.

— Dottor Arundez? — dissi.

— Sì? — Sollevò lo sguardo. Era di vent'anni più vecchio di quanto non ricordassi, sulla sessantina, ma aveva sempre lo stesso profilo di notevole bellezza, pelle abbronzata, mascella volitiva, capelli neri e ondulati appena spruzzati di grigio alle tempie, acuti occhi castani. Capivo come una giovane studentessa fresca di laurea avesse potuto rapidamente innamorarsi di lui.

— Mi chiamo Joseph Severn — dissi. — Lei non mi conosce, ma io conoscevo una sua amica… Rachel Weintraub.

Arundez balzò in piedi, scusandosi con gli altri; mi prese per il braccio e mi guidò in un séparé vuoto, dentro uno stanzino, sotto una finestra circolare che guardava sui tetti di tegole rosse. Mi lasciò il braccio e mi valutò attentamente, notando gli abiti della Rete. Mi girò il polso, cercando la sfumatura azzurrina che rivelava il trattamento Poulsen. — Lei è troppo giovane — disse infine. — A meno che non abbia conosciuto Rachel bambina.

— A dire il vero, conosco meglio suo padre.

Il dottor Arundez sospirò e annuì. — Ma certo. Dov'è, Sol? Da mesi cerco di rintracciarlo tramite il consolato. Le autorità di Hebron dicono solo che ha cambiato residenza. — Mi rivolse di nuovo un'occhiata critica. — Lei è al corrente della… malattia di Rachel?

— Sì. — Il morbo di Merlino, che l'aveva fatta ringiovanire cancellandole i ricordi ogni giorno e ogni ora che passava. Melio Arundez era stato uno di quei ricordi. — So che una quindicina di anni standard fa lei è andato a farle visita, sul Mondo di Barnard.

Arundez fece una smorfia. — Fu un errore — disse. — Pensavo di parlare con Sol e con Sarai. Quando la vidi… — Scosse la testa. — Lei chi è? Sa dove si trovano, Sol e Rachel, in questo momento? Mancano tre giorni alla sua nascita!

Annuii. — Il suo primo e ultimo giorno. — Mi guardai in giro. Il corridoio era silenzioso e deserto, a parte il lontano mormorio di risate provenienti da un piano inferiore. — Sono qui in missione di ricerca dati per conto dell'ufficio del PFE — dissi. — Sol Weintraub e sua figlia hanno fatto il viaggio alle Tombe del Tempo.

Arundez mi guardò con l'aria di chi ha ricevuto un pugno alla bocca dello stomaco. — Qui? — esclamò. — Su Hyperion? — Per un momento fissò la distesa di tetti. — Dovevo capirlo… anche se Sol aveva sempre rifiutato di venire qui… ma dopo la morte di Sarai… — Mi guardò. — È in contatto con lui? Sta… stanno bene tutt'e due?

Scossi la testa. — Al momento attuale non esistono collegamenti con loro, via radio o sfera dati — risposi. — So che hanno terminato felicemente il viaggio. La questione è un'altra: cosa sa, lei? La sua squadra? Informazioni su quel che avviene in questo momento alle Tombe del Tempo sarebbero importantissime per la loro sopravvivenza.

Melio Arundez si passò le dita fra i capelli. — Se solo ci avessero permesso di andare sul posto! La maledetta, stupida, burocratica miopia… Ha detto di lavorare per l'ufficio di Gladstone. Non può spiegare loro perché è importantissimo che noi ci rechiamo laggiù?

— Sono un semplice messaggero. Ma mi spieghi il motivo e cercherò di passare l'informazione a qualcuno.

Le mani di Arundez strinsero a mezz'aria una sagoma invisibile. La sua tensione e la sua ira erano palpabili. — Per tre anni i dati sono giunti per via telemetrica, una volta alla settimana, grazie alle raffiche astrotel concesse dal consolato sul loro prezioso trasmettitore. Mostravano una lenta ma costante degradazione dell'involucro anti-entropico… le maree del tempo… dentro le Tombe e tutt'intorno. Era irregolare, illogica, ma continua. La nostra squadra fu autorizzata a venire qui, poco dopo l'inizio del fenomeno. Siamo giunti circa sei mesi fa; i dati indicavano che le Tombe si aprivano… che tornavano in fase con il presente. Ma quattro giorni dopo il nostro arrivo, gli strumenti hanno smesso di trasmettere. Tutti. Abbiamo supplicato quel bastardo di Lane di lasciarci andare a regolarli di nuovo e a sistemare nuovi sensori, se non voleva che investigassimo di persona.

"Niente da fare, nessun permesso di transito. Nessun contatto con l'università… nemmeno quando l'arrivo delle navi della FORCE l'ha reso più facile. Abbiamo provato a risalire il fiume da soli, senza permesso, e alcuni bifolchi dei marines di Lane ci hanno intercettati alle chiuse Karla e ci hanno riportati qui in manette. Ho fatto quattro settimane di prigione. Adesso ci permettono di girare per Keats, ma se lasciamo di nuovo la città, ci sbattono in galera a tempo indeterminato. — Arundez si sporse verso di me. — Lei non può aiutarci?"

— Non so — risposi. — Voglio aiutare i Weintraub. Forse la cosa migliore sarebbe se potessi portare sul posto lei e la sua squadra. Sa quando le Tombe si apriranno?

Il cronofisico fece un gesto di stizza. — Se avessimo nuovi dati! — Sospirò. — No, non lo sappiamo. Potrebbero aprirsi già adesso oppure fra sei mesi.

— Quando dice "aprire" non si riferisce all'apertura fisica, vero?

— No, naturalmente. Le Tombe sono fisicamente aperte all'ispezione fin da quando sono state scoperte, quattro secoli standard fa. Parlo di apertura nel senso di caduta delle cortine temporali che nascondono parte delle Tombe: l'intero complesso tornerebbe in fase con il flusso del tempo locale.

— Per "locale" intende…

— Di questo universo, è ovvio.

— È sicuro che le Tombe si muovano a ritroso nel tempo… a partire dal nostro futuro?

— A ritroso nel tempo, sì. Dal nostro futuro, si può dire. Ma non siamo sicuri nemmeno di cosa significhi "futuro", in termini temporali/fisici. Potrebbe essere una serie di probabilità a onda sinusoidale oppure un mega-universo a diramazioni decisionali, o perfino…

— Qualunque cosa sia — lo interruppi — le Tombe del Tempo e lo Shrike provengono da qui?

— Le Tombe, di sicuro. Non conosco lo Shrike. Personalmente ritengo che sia un mito alimentato dalla stessa fame di verità superstiziose che spinge altre religioni.

— Anche dopo quel che è accaduto a Rachel? Ancora non crede allo Shrike?

Melio Arundez mi lanciò un'occhiata di fuoco. — Rachel ha contratto il morbo di Merlino — rispose. — Una malattia d'invecchiamento anti-entropico, non il morso d'un mostro mitico.

— Il morso del tempo non è mai stato mitico — dissi, sorprendendo me stesso con questo frammento da quattro soldi di filosofia fatta in casa. — La domanda è: lo Shrike, o quale che sia il potere che abita le Tombe, riporterà Rachel al flusso di tempo "locale"?

Arundez annuì e rivolse lo sguardo ai tetti. Il sole si era spostato fra le nuvole; il mattino era smorto, le tegole rosse parevano slavate di ogni colore. La pioggia cominciava a cadere di nuovo.

— E c'è un'altra domanda — continuai, sorprendendomi di nuovo. — Lei è ancora innamorato di Rachel?

Arundez girò lentamente la testa per fissarmi con occhi pieni di rabbia. Controllò a fatica l'impulso a rispondere per le rime, forse non solo a parole. Poi si calmò, infilò la mano nella tasca della giacca e mi mostrò un'olografia, l'istantanea d'una donna attraente ma non più giovane e di due bambini sui dieci anni. — Mia moglie e i miei figli — disse. — Mi aspettano, su Vettore Rinascimento. — Puntò contro di me il dito tozzo. — Se… se Rachel fosse curata oggi, avrei ottantadue anni standard, prima che raggiungesse di nuovo l'età che aveva quando la conobbi. — Ripose in tasca l'olografia. — E… sì, sono ancora innamorato di lei.