La bambina annuì impercettibilmente. Nessuno si mosse.
«I suoi occhi! Guardateli, sono rossi! Se guardate bene — ma non dite una parola altrimenti si spaventa — riuscite a vederne uno proprio là. Visto? È quel piccolo puntino rosso nell’aria. Assomiglia al sangue vero? È come una goccia di sangue che galleggia nell’aria.»
Tutti guardarono.
Tutti arretrarono di qualche passo.
Il parco era silenzioso ormai, a parte il rumore delle foglie.
«Ah, dici un sacco di stronzate», esclamò il ragazzo con il cappuccio e se ne andò frettolosamente, in tempo per scontrarsi con i genitori che si stavano allontanando proprio in quel momento. Sorrise loro e li abbracciò stretti e Don dovette restare da parte, a osservare i bambini che si allontanavano verso i genitori, mentre il laghetto cominciava a riecheggiare di voci, di rumori, di facce che conosceva e che lo ringraziavano per essersi preso cura dei piccoli i quali, altrimenti, si sarebbero annoiati ad ascoltare la musica, e in modo sicuramente più economico di una qualsiasi baby-sitter.
Si mise le mani in tasca e si gettò in spalla la giacca nera della tuta e la camicetta grigia. I capelli castani chiari gli cadevano a ciuffi sulla fronte, si arricciavano dietro alle orecchie e sulla nuca. Era magro, non alto, aveva il viso segnato qua e là da qualche ruga che lo faceva sembrare più vecchio di quanto non fosse in realtà.
Nel giro di qualche minuto, genitori e bambini se ne erano andati.
«Ehi, Boyd, continui a giocare al Cantastorie?»
Guardò sull’altro lato del laghetto e si mise a sorridere inconsciamente. Tre ragazzi si diressero verso di lui, rispondendo al suo sorriso, gli arruffarono i capelli e lo spinsero nel mezzo del gruppo facendolo ridere per tutto il tragitto fino all’uscita a sud, dove erano posteggiate le biciclette.
«Avresti dovuto venire anche tu, Donny», gli disse Fleet Robinson, avvicinandosi e aggrappandosi a un braccio di Don. «C’era Chris Snowden.» Alzò gli occhi al cielo mentre gli altri fischiavano. «Dio, come faccia a vedere la tastiera del piano con quelle tette, resta un mistero.»
«Ehi, non si deve parlare in questo modo davanti a Paperino», dichiarò solennemente Brian Pratt. Poi gli strizzò l’occhio, ma senza gentilezza. «Lo sapete che non gli piacciono questi discorsi di sesso.»
«Va’ al diavolo, Brian», rispose tranquillamente Don.
Pratt lo ignorò. Scansando bruscamente Robinson, si mise in testa al gruppo e cominciò a camminare all’indietro con arroganza, mentre il rosso elettrico della T-shirt e dei pantaloncini corti sfidava il freddo di quella sera autunnale. «Ma se vogliamo toccare il fondo, brutti bastardi, se vogliamo veramente toccare il fondo, allora vi racconto di Tracey. Cristo! Volete sapere che cos’è successo? Gesù, potrei anche morire, non so se mi capite. Ne aveva voglia, ne aveva veramente voglia, sapete? Capite, glielo si leggeva in faccia. Cristo, l’ha chiesto a tutti da quel palco! Oh, mio Dio, avrei voluto che non ci fosse stato suo padre, che fosse di servizio o qualcosa del genere. Le sarei saltato addosso, non appena ha posato il flauto… Oh, Dio, credo di morire!»
La mano di Robinson si strinse, mettendo in mostra i muscoli. «Non ascoltarlo, Don. Innanzitutto, Tracey non gli ha più rivolto la parola fin dall’asilo, a parte quelle poche volte in cui l’ha mandato al diavolo, e poi, lui non vede altro che quello che impara dalle sue riviste.»
«Riviste, merda», proruppe Jeff Lichter. «Ma se quello non sa nemmeno leggere.»
«Leggere?» esclamò Pratt, a occhi spalancati. «Che cos’è?»
«Leggere», spiegò Tar Boston. «In genere si fa quando si apre un libro.» Fece una pausa e si mise le mani sui fianchi. «Ricordi i libri, Brian? Sono quelle cose che stai facendo marcire nel ripostiglio.»
Pratt, sogghignando, fece un gesto volgare. Robinson e Boston, entrambi ben coperti con giacconi da football sopra i rispettivi maglioni, cominciarono a seguirlo, urlando, agitando le braccia, come se stessero precipitando da una collina.
Più avanti, c’era il cancello a sud e, dall’altra parte, si vedevano le luci del Parkside Boulevard.
Jeff era rimasto indietro. Era il più basso del gruppo e l’unico che portava gli occhiali; i lunghi capelli castani gli arrivavano alle spalle. «Che cari ragazzi.»
Don si strinse nelle spalle. «Forse.»
Proseguirono il cammino tra gli intervalli di luce dei lampioni ai lati del vialetto. I tacchi di Jeff risuonavano sul selciato; le scarpe da tennis di Don sembravano fatte di gomma dura.
«Quando ti stancherai?» domandò Lichter.
«Di cosa? Di fare il cantastorie?»
«Sì».
«Non mi stancherò. La signora Klass mi aveva chiesto di badare a Cheryl per un po’ di tempo. Mi aveva promesso qualche dollaro, se riuscivo a tenerla a bada. Poi mi sono ritrovato con tutta la banda di bambini.»
«Già, è la storia della tua vita.»
Don si voltò verso l’amico, ma non vide nulla nel suo sguardo che gli indicasse sarcasmo o pietà.
«Ti paga?»
«Mi pagherà a scuola, domani.»
«Appunto, è la storia della tua vita.»
Al parcheggio delle biciclette, si fermarono a osservare la strada deserta, oltre le colonne di pietra. Pratt e gli altri erano spariti e ormai era rimasto poco traffico a rompere il silenzio del parco.
«Quel pazzo ne ha preso un altro, sai?» proseguì Jeff, guardandosi nervosamente alle spalle, in direzione degli alberi. «Lo Squartatore, intendo.»
«L’ho sentito dire.» Non aveva voglia di parlarne. Non aveva voglia di parlare di nessun pazzo di New York che se ne andava in giro a squartare bambini con le sue stesse mani, per poi mettersi a urlare come un lupo a lavoro terminato. Ne aveva uccisi cinque o sei, più o meno, uno al mese dall’ultima primavera. E il peggio era che nessuno sapeva che aspetto avesse. Poteva essere un vecchio, una donna che odiava i bambini… persino un ragazzino.
«Be’, se viene qui», disse Lichter, con fare minaccioso nell’oscurità, mentre il vento gli scompigliava i capelli sulla fronte, «lo prenderò a calci nelle palle fino a fargliele ingoiare. Altrimenti lo faccio arrestare dal padre di Tracey per mutilazione illegale.»
Don scoppiò in una risata. «Che cosa? Vuoi dire che esiste il termine “mutilazione illegale”?»
«Certo. Non hai mai visto i vestiti che mette Chris? Come se fosse una suora. Quella è una mutilazione, fratello, e dovrebbe essere arrestata per questo.»
Scoppiarono a ridere insieme, scuotendo la testa e condividendo l’opinione comune secondo la quale il corpo di Chris Snowden era più esplosivo della dinamite, più preciso di un proiettile ad alta velocità, più efficace di una bocciatura nel provocare infarti ai maschi dell’università.
Lichter si tolse gli occhiali e se li pulì sul giaccone.«Te lo giuro, è sufficiente per farmi desiderare di essere ancora vergine.»
Questa volta la risata di Don risultò forzata, ma nello stesso tempo annuì. Non era un puritano; non era un problema parlare di sesso e di donne, ma si augurava sempre che gli altri la smettessero con i loro pavoneggiamenti e le loro menzogne. Se avessero continuato tutti su quella strada, un giorno o l’altro si sarebbe lasciato andare e avrebbero scoperto il suo segreto.
«Allora, inizi la settimana prossima a studiare per il compito in classe di biologia?» domandò Lichter con tono malizioso, sottointendendo che già conosceva la risposta.
«Credo di sì», ammise con un sorriso imbarazzato. «Dovrebbe essere uno scherzetto.»
«È vero. Uno scherzetto. E se non lo sarà, noi due resteremo fuori dalla roulette del diploma.» Sospirò profondamente e alzò gli occhi al cielo. «Oh, Dio, altri otto mesi e poi la tortura sarà finita.»