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Da parte sua, Enoch aveva commesso un grosso sbaglio a intromettersi nella faccenda. Un uomo nella sua posizione non doveva immischiarsi nei fatti degli altri: aveva troppo da perdere. Meglio farsi da parte.

Ma cosa avrebbe dovuto fare? Rifiutare la protezione a Lucy, che si era rifugiata da lui con le spalle insanguinate dalla frusta? Avrebbe dovuto ignorare la disperata richiesta che aveva scritta in faccia?

No, certo, ma avrebbe dovuto cercare una via d’uscita più intelligente. Doveva esserci un’alternativa. Purtroppo, gli era mancato il tempo di pensare alle cose intelligenti; era riuscito a malapena a portarla al sicuro e a venir fuori ad affrontare gli altri.

E adesso che ci pensava, la cosa migliore sarebbe stata non uscire affatto; se fosse rimasto dentro, non sarebbe successo niente.

Era stato un gesto impulsivo, affrontarli. Forse era la cosa più decente da fare, ma restava un’imprudenza e ormai non si poteva tornare indietro. Se si fosse trovato ancora nella stessa situazione avrebbe agito diversamente, ma non sempre hai una seconda possibilità.

Girò sui tacchi pesantemente e tornò nella stazione.

Lucy era ancora sul divano e ammirava un oggetto scintillante che teneva fra le mani. Lo fissava rapita, con la stessa espressione intensa e vibrante con cui quella mattina aveva guardato la farfalla.

Enoch posò il fucile sulla scrivania e rimase immobile per non disturbarla, ma Lucy doveva aver intuito la sua presenza, perché gli lanciò un rapido sguardo. Poi tornò a guardare l’oggetto scintillante che teneva fra le mani.

Era la piramide, ma Enoch si accorse che adesso le sfere colorate ruotavano lentamente su se stesse, alcune in senso orario altre in senso antiorario, e che così facendo mandavano lampi di luce colorata, ognuna della sua particolare sfumatura, come se avessero dentro una calda e morbida fonte luminosa.

Alla vista di uno spettacolo così bello e fantastico Enoch trattenne il respiro: era l’antico, assoluto stupore di fronte al mistero dell’oggetto e al suo scopo. L’aveva esaminato cento volte senza mai riuscire a stabilirne la funzione o a risolverne gli interrogativi. A quanto ne sapeva serviva soltanto a essere guardato, ma continuava a dargli la sensazione di avere uno scopo e di poter essere messo in funzione. Come?

Ed ecco che Lucy ci era riuscita. Enoch ci aveva provato per anni, ma lei lo aveva preso in mano e al primo tocco aveva capito come si faceva.

Notò con quale rapimento lo guardasse e si chiese se avesse intuito il suo scopo.

Si avvicinò a lei sfiorandole un braccio. Lucy alzò gli occhi illuminati di gioia, tutta eccitata.

Enoch indicò la piramide, chiedendo cosa fosse, ma lei non capì. O forse sapeva ma si rendeva conto che era impossibile dargli una spiegazione. Fece con la mano il gesto lieve che le era tipico, accennando al tavolo carico di oggetti, e sembrò che sorridesse.

"È una bambina" pensò Enoch. "Una bambina alle prese con tanti giocattoli nuovi." Che significato avevano per lei quelle cose? Era eccitata e felice solo per la bellezza e la novità degli oggetti ammucchiati sul tavolo?

Enoch si allontanò con passo stanco per riappendere il fucile.

Lucy non avrebbe dovuto trovarsi nella stazione. Nessun essere umano, a parte lui stesso, aveva il permesso di entrarvi. Portandoci la ragazza aveva infranto il tacito patto stabilito con gli esseri che lo avevano nominato guardiano… anche se, di tutta la specie umana, Lucy era la sola che potesse venire esentata dal tacito divieto. Perché non avrebbe potuto raccontare quello che aveva visto.

Comunque non poteva restare. Doveva riaccompagnarla a casa, altrimenti si sarebbero messi alla ricerca della bella sordomuta scomparsa.

Una ragazza sorda e muta che sparisce avrebbe attirato i giornalisti nel giro di un giorno o due. Sarebbe finita sui quotidiani, alla radio, alla televisione e i boschi avrebbero pullulato di cercatori, a centinaia.

Hank Fisher avrebbe raccontato del suo inutile tentativo di penetrare nella casa misteriosa e altri si sarebbero messi in testa di fare quello che a lui non era riuscito. Un inferno.

Al solo pensarci, Enoch si sentì sudare.

Anni e anni passati nel tentativo di non farsi notare, di nascondersi alla gente, non sarebbero serviti a niente. La strana casa sul ciglio della collina sarebbe diventata un mistero per il mondo esterno, un bersaglio e una sfida per i pazzoidi di qualunque provenienza.

Andò all’armadietto dei medicinali e scelse un unguento tra quelli che gli aveva regalato la Centrale Galattica.

Aprì la bottiglietta e vide che ne restava più di metà: l’aveva usato lui stesso per anni, ma con parsimonia perché non c’era bisogno di metterne tanto.

Si avvicinò a Lucy e restò in piedi alle spalle del divano, spiegando a gesti quello che intendeva fare. Lei fece scivolare il vestito dalle spalle ed Enoch si chinò a guardare le ferite.

Non sanguinavano più, ma la carne era rossa e gonfia.

Enoch unse delicatamente le ferite lasciate dalla frusta.

Lucy aveva guarito la farfalla, ma non sapeva curare se stessa.

Sul tavolo davanti a lei la piramide di sfere continuava a ruotare scintillando, e i riflessi colorati illuminavano l’ambiente.

Funzionava, ma a cosa serviva?

Funzionava e non succedeva niente.

19

Ulisse arrivò al crepuscolo avanzato, quando era quasi buio. Enoch e Lucy avevano appena finito di cenare ed erano ancora seduti a tavola, quando Enoch sentì il rumore dei passi.

L’alieno si teneva nell’ombra, e guardandolo Enoch trovò che somigliasse più che mai a un pagliaccio crudele. Il corpo magro e fluido aveva il colore del cuoio conciato. I colori combinati della pelle mandavano una debole luminescenza e gli angoli repentini della faccia, la lucida calvizie e le orecchie appuntite ma incollate al cranio gli conferivano un aspetto sinistro e pauroso.

Chi non lo conoscesse per la persona gentile che era, si sarebbe spaventato a morte.

— Ti stavamo aspettando — disse Enoch. — Il caffè è sul fuoco.

Ulisse avanzò lentamente di un passo, poi si fermò.

— C’è qualcuno con te. Un altro essere umano, direi.

— Non c’è pericolo — lo rassicurò Enoch.

— È di un altro sesso. Hai trovato una compagna?

— No — rispose Enoch. — Non è la mia compagna.

— Ti sei comportato saggiamente per molti anni — osservò Ulisse. — Data la tua posizione, una compagna non è consigliabile.

— Ti ho già detto che non devi preoccuparti. È malata, non può comunicare. Non è in grado di parlare né di sentire.

— Malata?

— Sì, è nata così. Non ha mai parlato né sentito. Quindi non può raccontare niente di quello che ha visto qui.

— Si esprime a gesti?

— No, si è rifiutata d’imparare.

— È tua amica.

— Sì, da anni. È venuta a cercare protezione da me, perché suo padre la frustava.

— Suo padre sa che è qui?

— Pensa di sì, ma non è sicuro.

Ulisse uscì lentamente dall’ombra e si fermò in piena luce.

Lucy lo guardò senza terrore. I suoi occhi erano fermi e sereni, non distolse affatto lo sguardo.

— La prende bene — osservò Ulisse. — Non scappa e non urla.

— Non potrebbe urlare nemmeno se volesse — disse Enoch.

— Eppure devo sembrarle ripugnante, a prima vista.

— Lei non vede solo l’aspetto. Sa guardare anche dentro.