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— Santo Dio, amico, qui sta succedendo qualcosa di grosso. Potrebbe dirmi almeno di che si tratta.

Enoch esitò.

— Darmi un’idea. Non i particolari, solo…

— Lei riporti il corpo — disse Enoch lentamente. — Poi, forse, ne riparleremo.

— Sarà riportato — promise Lewis.

— In caso contrario, si consideri morto fin da adesso.

Enoch si voltò, attraversò il giardino e risalì per la collina.

Lewis restò a lungo sull’aia, seguendo con lo sguardo la luce vacillante della lanterna che si allontanava.

22

Quando Enoch entrò nella stazione trovò solo Ulisse, che nel frattempo aveva rispedito lo splendente a Vega e fatto proseguire il thubano.

Una caffettiera fresca era quasi pronta e Ulisse era sdraiato sul divano, a far niente.

Enoch riappese il fucile e spense la lanterna; si tolse la giacca, la gettò sulla scrivania e sedette su una poltrona di fronte al divano.

— Il cadavere sarà riportato entro domani sera a quest’ora — disse.

— Spero che serva a qualcosa — dichiarò Ulisse. — Ma ne dubito.

— Allora avrei potuto fare a meno di prendermela tanto — osservò Enoch, amaro.

— Sarà una dimostrazione di buona fede e avrà un certo peso nella decisione definitiva.

— Lo splendente avrebbe potuto dirmi dove avevano portato il corpo — disse Enoch. — Se sapeva che era stato tolto dalla tomba, sapeva anche dove era possibile trovarlo.

— Penso che lo sapesse — ammise Ulisse — ma non poteva dirtelo. Tutto quello che poteva fare era presentare la protesta, il resto spettava a te. Un vegano non dimentica la propria dignità al punto da suggerire il da farsi a chi ha mancato; ufficialmente la parte lesa è la sua.

— Tutte queste complicazioni mi fanno impazzire — sospirò Enoch. — Nonostante le istruzioni della Centrale non mancano continue trappole e sorprese, e tu ci cadi dritto dentro.

— Un giorno le cose cambieranno — disse Ulisse. — Se guardo al futuro, vedo che fra qualche migliaio d’anni le civiltà galattiche si fonderanno in una sola grande cultura, un vasto bacino della comprensione. Naturalmente le diversità locali e razziali continueranno a esistere ed è giusto che sia così, ma ci sarà una tolleranza così grande che potremmo avere la tentazione di chiamarla fratellanza.

— Parli quasi come un essere umano — osservò Enoch. — Questa è la speranza di molti nostri pensatori.

— Può darsi — ammise Ulisse. — Ho passato molto tempo sul vostro pianeta. Ma, a proposito, hai fatto un’ottima impressione al vegano.

— Non me n’ero accorto — disse Enoch. — È stato cortese e affabile, ma niente di più.

— È per la scritta sulla lapide. È rimasto molto colpito.

— Non l’ho fatto per mettermi in mostra. L’ho scritta perché sentivo di doverlo fare e perché mi piacciono gli splendenti. Ho cercato di comportarmi in modo da fare la cosa giusta dal loro punto di vista.

— Senza la pressione delle altre fazioni galattiche — disse Ulisse — sono convinto che i vegani sarebbero disposti a dimenticare l’incidente, e questa sarebbe una grandissima concessione da parte loro. Può anche darsi che si schierino dalla nostra parte, quando verrà il momento di mettere le carte in tavola.

— Vuoi dire che potrebbero salvare la stazione?

Ulisse scosse la testa. — Non credo che nessuno sia in grado di salvarla, ma se i vegani fossero con noi le cose potrebbero essere più facili, per la Centrale.

Il caffè brontolava ed Enoch tolse il bricco dal fuoco. Ulisse aveva messo da parte alcuni dei regali ammucchiati sul tavolo e fatto spazio per due tazze. Enoch le riempì e mise la caffettiera sul pavimento.

Ulisse prese la sua tazza, la tenne per un momento fra le mani, poi la posò.

— Le cose vanno male — disse. — Non è più come una volta. La Centrale è preoccupata per le rivalità che serpeggiano fra i popoli, per tutto questo spingere e fare pressioni a vicenda.

Diede un’occhiata a Enoch. — Credevi che tutto filasse a gonfie vele, eh?

— No — rispose Enoch. — Sapevo che c’erano divergenze e problemi, ma ho paura di aver messo tutto su un piano troppo elevato. Una specie di leali schermaglie tra gentiluomini e persone raffinate.

— Era così, una volta. Ci sono sempre state diverse opinioni, ma tutte basate su principi etici, non su interessi particolari. Avrai sentito parlare della forza spirituale, immagino. La forza spirituale universale.

Enoch ammise che era così. — Ho letto qualcosa. Non ho capito tutto, ma so che esiste questa forza. So anche che è possibile mettercisi in contatto.

— Il Talismano — spiegò Ulisse.

— Sì, il Talismano. Una specie di macchina.

— Chiamala così se vuoi, ma la parola "macchina" non è la più adatta. La sua costruzione trascende la meccanica e ne esiste un solo esemplare, costruito da un sant’uomo vissuto diecimila dei vostri anni fa. Vorrei poterti dire cosa sia e come funzioni, ma purtroppo nessuno ne sa niente. Molti hanno tentato di costruire una copia del Talismano, senza successo. Il santo che l’ha creato non ha lasciato progetti né appunti di nessun tipo.

— Non vedo perché non dovrebbe essere possibile costruirne un altro — obiettò Enoch. — Non posso credere che esistano tabù religiosi, quindi non dovrebbe essere un sacrilegio fabbricarne una copia.

— No, anzi sarebbe indispensabile che ne avessimo una — confermò Ulisse. — In questo momento siamo senza Talismano, perché è scomparso.

Enoch sobbalzò sulla sedia.

— Scomparso? — ripeté.

— Perduto — spiegò Ulisse. — Smarrito, rubato. Nessuno lo sa.

— Ma io non…

Ulisse ebbe un triste sorriso. — Tu non ne hai sentito parlare, lo so. Non sono cose che andiamo a raccontare in giro. Non oseremmo, perché almeno per il momento la gente non deve sapere.

— Ma come sperate di mantenere il segreto?

— Non è difficile. Tu sai che un custode trasportava il Talismano di pianeta in pianeta, mostrandolo durante grandi raduni e che, toccandolo, si entrava in contatto con la forza spirituale. Le visite del custode non seguivano un itinerario fisso: lui andava dove credeva meglio, e magari tra una visita e l’altra passavano cento dei vostri anni. La popolazione non si aspettava di vederlo arrivare: sapeva soltanto che un giorno ci sarebbe stata la visita e lui si sarebbe mostrato con il Talismano.

— Così è possibile tener nascosta la notizia per anni.

— Certo. E in tutta sicurezza — confermò Ulisse.

— Però i capi lo sanno, immagino.

— Non tutti. L’abbiamo detto solo ai pochi di cui possiamo fidarci. La Centrale Galattica ne è al corrente, naturalmente, ma noi sappiamo tenere la bocca chiusa.

— E allora perché…

— Perché lo racconto a te? Lo so, non avrei dovuto farlo e non riesco a capire perché te ne abbia parlato. O forse sì. Che effetto fa, amico mio, essere nei panni del pietoso confessore?

— Sei preoccupato — disse Enoch. — Non ho mai pensato che un giorno ti avrei visto preoccupato.

— È una faccenda strana — continuò Ulisse. — Il Talismano è scomparso da parecchi anni, ormai, e nessuno lo sa all’infuori della Centrale e della… (come la chiamereste, voi?) gerarchia, suppongo, la comunità di studiosi del sacro che si occupa di questioni spirituali. Anche se nessuno ne sa niente, nella galassia cominciano a notarsi segni di logorio; le cuciture si strappano. Col tempo, tutto potrebbe andare a rotoli. Il Talismano era una forza capace di tenere misteriosamente unite le razze della galassia ed esercitava il suo potere anche quando era lontano.