Richard Matheson
La casa d’inferno
Con amore, alle mie figlie Bettina e Alison che tanto dolcemente hanno “infestato” la mia vita.
18 DICEMBRE 1970
ore 15.17
Era ormai dalle cinque di mattina, che pioveva a rovesci. Piove come in un romanzo della Bronte, pensò il dottor Barrett, e quasi sorrise fra sé e sé. Fatto sta, gli pareva proprio d’essere un personaggio di qualche rimodernato romanzo gotico. Quella pioggia incessante, quel freddo, quel viaggio: due ore d’auto, da Manhattan, a bordo di una enorme funerea limousine tappezzata in cuoio nero, di proprietà di Deutsch. Ed eccolo là ora che aspetta in quell’anticamera, da una mezza eternità, mentre uomini e donne dall’aria turbata vanno e vengono dalla stanza da letto di Deutsch, e gli lanciano occhiate distratte.
Tirò fuori l’orologio dal taschino del gilè, ne fece scattare il coperchio. Era già un’ora e più che aspettava. Che cosa avrà voluto, Deutsch, da lui? Certo, qualcosa attinente alla parapsicologia. Il vecchio era proprietario di una catena di giornali e riviste, che spesso pubblicavano articoli su questa materia. Ritorno dall’oltretomba, La ragazza che non voleva morire, roba del genere: sensazionale sempre, di rado, diciamo, attendibile.
Il dottor Barrett accavallò le gambe, con una smorfia che tradì lo sforzo. Era un uomo alto, passata la cinquantina, leggermente pingue, i cui capelli biondi, un po’ sraditi, conservavano il loro colore, mentre la barba recava tracce di grigio. Sedeva eretto su una sedia dallo schienale rigido, tenendo gli occhi fissi sulla porta della camera di Deutsch. Chissà Edith come sarà impaziente a quest’ora, pensò. E gli dispiacque di averla condotta con sé. Ma non poteva mica prevedere che c’era da perdere tutto quel tempo.
La porta della camera da letto si dischiuse, e il segretario di Deutsch, Hanley, apparve sulla soglia. «Dottore» disse.
Barrett afferrò il suo bastone e, alzatosi, attraversò zoppicando l’anticamera. Si fermò di fronte al segretario, più basso di lui, e attese che questi, rigirandosi, annunciasse dalla porta: «Il dottor Barrett, signore». Allora passò oltre ed entrò nella camera, mentre Hanley richiudeva il battente alle sue spalle.
La stanza da letto era immensa, con pannelli scuri alle pareti. Eccomi nel sancta sanctorum del re, pensò Barrett, appressandosi al letto, su cui il vecchio sedeva. Lo guardò: Rolf Rudolph Deutsch aveva ottantasette anni, era calvo, scheletrico, e i suoi occhi scuri scintillavano in fondo al pozzo delle orbite. Barrett sorrise. «Buon pomeriggio» disse, e intanto pensava, affascinato, che quel radere d’uomo imperava su un vasto dominio.
«Lei è zoppo» diceva la voce rasposa di Deutsch. «Questo non me l’avevano detto.»
«Chiedo scusa?» Barrett si era irrigidito.
«Lasciamo stare.» Deutsch tagliò corto. «Non è poi tanto importante. Lei mi è stato raccomandato da gente di cui mi fido. Mi assicurano che lei è fra i primi cinque, nel suo campo.» Il respiro del malato era affannoso. «Il suo onorario sarà di centomila dollari.»
Barrett trasalì.
«Il suo compito sarà quello di appurare dei fatti.»
«Riguardo a che cosa?» domandò Barrett.
Deutsch parve esitare prima di rispondere, quasi la cosa fosse indegna di lui. Alla fine disse: «Alla vita ultraterrena».
«Lei vuole che io?…»
«… che lei mi dica se c’è o meno un aldilà. Fatti.»
A Barrett cascarono le braccia. Quella somma di denaro era molto allettante ma, perbacco, come poteva, in coscienza, accettare un incarico del genere, a quei patti?
«Non voglio frottole» soggiunse Deutsch. «Accetterò la risposta, sì o no, quale che sia. Purché definitiva.»
Barrett ebbe un moto di disperazione. «Ma come potrò convincerla, in un senso o nell’altro?» Non era riuscito a trattenere queste parole.
«Presentandomi dei fatti» Deutsch rispose, irritato.
«E dove li dovrei trovare? Io sono un fisico. Studio parapsicologia da vent’anni, e non m’è ancora capitato…»
Deutsch l’interruppe: «Se esistono dei fatti, lei potrà accertarsene nel solo luogo su questa terra dove, ch’io sappia, la vita ultraterrena non è mai stata confutata. La casa Belasco su nel Maine».
«La Casa d’Inferno?»
Una luce brillò nelle pupille del vecchio.
«La Casa d’Inferno» disse.
Barrett avvertì una punta di eccitazione. «Mi risulta però che gli eredi di Belasco l’hanno fatta murare dopo quello che accadde…»
«Sono passati trent’anni da allora» l’interruppe nuovamente il vecchio. «Più di trent’anni. Ora avevano bisogno di denaro, hanno venduto, e l’ho comprata io, quella proprietà. Lei può recarsi là lunedì prossimo?»
Barrett esitò. Poi, vedendo che Deutsch si accigliava, fece un cenno di assenso. «Sì.» Non poteva lasciarsi scappare quell’occasione.
«Con lei verranno altre due persone» disse Deutsch.
«Posso chiederle chi?…»
«Florence Tanner e Benjamin Franklin Fischer.»
Barrett cercò di non tradire il suo disappunto. Quei due lì! una medium spiritualista iperemotiva e l’unico superstite del disastro del 1940! Rifletté, se valesse la pena di sollevare obiezioni. Lui aveva già i propri assistenti, dotati di virtù medianiche, e non vedeva proprio come Florence Tanner oppure quel Fischer gli sarebbero stati d’aiuto. Fischer, sì, da ragazzo, aveva dato prove strabilianti; ma, dopo il collasso subito, aveva evidentemente perso i suoi doni naturali: diverse volte era stato colto in fallo, per frodi, finché era scomparso del tutto dalla scena. Distratto da questi pensieri, quasi non ascoltava Deutsch che, frattanto, gli stava dando dei ragguagli: Florence Tanner avrebbe fatto il viaggio in aereo insieme a lui, mentre Fischer li avrebbe raggiunti poi nel Maine.
Il vecchio notò la sua espressione. «Non si preoccupi, sarà lei a comandare,» disse «e se le affianco la Tanner è solo perché i miei consulenti m’assicurano ch’è una medium di prim’ordine…»
«Una medium mentale però» disse Barrett.
«… e io desidero che, oltre al suo, dottore, si segna anche il metodo medianico» seguitò Deutsch, come se l’altro non avesse interloquito. «Quanto a Fischer, la sua presenza è ovvia.»
Barrett annuì. Si rendeva conto che non c’era altro da fare. Tuttavia, una volta avviate le cose, avrebbe fatto lo stesso venire uno dei suoi assistenti. «Quanto alle spese…» cominciò.
Il vecchio l’interruppe con un gesto. «Se la veda con Hanley. I fondi a sua disposizione saranno illimitati.»
«E quanto al tempo?»
«Questo è invece limitato» disse Deutsch. «Io voglio la risposta in capo a una settimana.»
Barrett si mostrò perplesso.
«Prendere o lasciare!» esclamò il vecchio, digrignando i denti, con rabbia nella voce e nel viso. Barrett capì che doveva acconsentire, per non perdere quell’opportunità: ma sì, forse ci sarebbe riuscito a costruire in tempo la sua macchina.
Sicché annuì brevemente. «Una settimana» disse.
ore 15.30
«Occorre altro?» domandò Hanley.
Barrett ricapitolò mentalmente le sue richieste. Un elenco completo di tutti i fenomeni osservati nella casa dei Belasco. Ripristino dell’impianto elettrico. Installazione di apparecchi telefonici. Una piscina e un bagno turco per lui. (A questo punto Barrett aveva ignorato il lieve cipiglio del segretario: per lui, una nuotata e un bagno a vapore ogni giorno erano una necessità.)
«Ancora una cosa» disse. Cercò di dirlo in tono noncurante, ma era troppo eccitato per riuscirci. «Ho bisogno di far costruire una macchina. Ho già pronto lo schema, i disegni, tutto quanto, a casa mia.»