I quattro sedevano a un capo della lunga tavolata, con Barrett al posto d’onore. La cena era stata portata alle sei e un quarto, ma i due coniugi di Caribou Falls non si erano fatti vedere.
«Se non avete nulla in contrario, terrei una seduta stasera» disse Florence.
Per un attimo la mano di Barrett si irrigidì, poi riprese a servirsi una seconda porzione di broccoli. «Io in contrario non ho niente» disse.
Florence lanciò un’occhiata a Edith, la quale scosse il capo. Poi guardò Fischer. «Per me va bene» questi disse, versandosi il caffè.
Florence annuì. «Dopo cena, allora.» Il suo piatto era vuoto: aveva solo bevuto dell’acqua.
Barrett domandò: «E lei, Mister Fischer, sarebbe disposto a tenere una seduta domattina?».
Fischer scosse il capo: «No. Non ancora».
Barrett annuì. Ecco, pensò. Ecco qua. Gliel’ho chiesto e lui ha detto di no. Poiché però è necessaria per il mio lavoro la collaborazione di un medium fisico, Deutsch non potrà aver nulla da ridire se io mando a chiamare un mio medium. Bene bene, pensò, benissimo. Avrebbe sistemato tutto l’indomani.
«Bisogna ammettere,» disse «che, almeno finora, questa casa non si è mostrata all’altezza della sua fama.»
Fischer sollevò gli occhi dalla contemplazione del suo piatto, pieno di avanzi. «Non ha preso le nostre misure, ancora» disse, e le sue labbra furono increspate da un sorriso senza allegria.
«Credo che sarebbe errato considerare che la casa in sé possieda dei poteri demoniaci» disse Florence. «È evidente che tale potere è esercitato da esseri incorporei… chiunque essi siano. Per certo possiamo dire che uno di essi è Belasco.»
«Lei si è messa in contatto con lui, quest’oggi, no?» le domandò Barrett. Il suo tono era mite, ma Florence vi avvertì una punta di sarcasmo.
«No» rispose. «Io no, ma Mister Fischer sì. Nel 1940, quando venne qui la prima volta. Del resto, la presenza di Belasco è ben stata documentata.»
«Riferita» corresse Barrett.
Florence esitò. Alla fine disse : «Carlo sia meglio che noi tutti si scopra le nostre carte. Dottor Barrett, presumo che lei sia tuttora convinto che non esistono spiriti e fantasmi».
«Se, con ciò, lei allude a esseri individuali venuti d’oltretomba,» disse Barrett «ebbene è esatto: non ci credo.»
«Nonostante il fatto che si sono avute testimonianze su di loro attraverso i secoli? che sono stati visti, anche da più persone contemporaneamente? che sono stati visti da animali? che sono stati perfino fotografati? che hanno fornito informazioni in seguito risultate esatte? che hanno toccato delle persone? spostato degli oggetti? che sono stati pesati?»
«Tutti questi, Miss Tanner, sono fatti che provano l’esistenza di un fenomeno, non già l’esistenza di fantasmi.»
Florence ebbe un mesto sorriso. «Non saprei cosa risponderle a questo punto» disse.
Barrett le restituì il sorriso, facendo un gesto come per dire: Non siamo d’accordo, perché non lasciamo dunque perdere?
Ma Florence insistette: «Lei dunque non ammette la vita ultraterrena, quella che si chiama “sopravvivenza”?».
«È un’idea affascinante, senza dubbio,» disse Barrett «e io non avrei nulla da obiettare, purché non si pretenda da me che io creda possibile “comunicare” con esseri ultraterreni, ovvero con i cosiddetti sopravviventi.»
Florence gli lanciò un’occhiata malinconica. «Eppure, lei ha udito singhiozzare di gioia, alle sedute spiritiche.»
«Ho anche udito simili singhiozzi nei manicomi.»
«Nei manicomi?»
Barrett sospirò. «Senza offesa per nessuno. Ma ci sono chiare prove che, a credere nella comunicazione coi defunti, si finisce spesso in manicomio, piuttosto che raggiungere la pace interiore.»
«Questo non è vero» disse Florence. «Se lo fosse, è da quel dì che si sarebbe smesso di cercar di comunicare con gli spiriti. Invece no. Da parecchi secoli si continua.» Guardò Barrett con attenzione, come per cercar di capire il suo punto di vista. «Lei dice ch’è un’idea affascinante, dottor Barrett. Ma è molto di più. Che ne pensa di quelle religioni che ammettono la vita ultraterrena? San Paolo ha detto: “Se i morti non risorgessero dalle tombe, vana sarebbe la nostra religione”.»
Barrett non rispose nulla.
«Ma lei non è d’accordo» disse Florence.
«No, non sono d’accordo.»
«E ha qualche alternativa da proporre?»
«Sì.» Barrett le restituì lo sguardo di sfida. «Un’alternativa molto più interessante, anche se assai più complessa e assai più esigente. Insomma: l’io sublimale. Vale a dire: quella vasta e arcana parte della personalità umana che, al pari di un iceberg, si trova celata al di sotto della cosiddetta soglia della coscienza. È qui che ha sede il mistero, Miss Tanner. Non già nei regni d’oltretomba, ma qui da noi, adesso. È quella che io chiamo la sfida di noi stessi. Quante capacità restano ancora da scoprire nello spettro dell’anima umana! dalle capacità infrarosse dei nostri corpi, alle capacità ultraviolette delle nostre menti! Questa è l’alternativa che io propongo: l’uomo possiede numerose facoltà di cui ancora non si è reso conto. E son queste facoltà — io ne sono convinto — che producono tutti i fenomeni, psichici.»
Florence rimase zitta per qualche minuto, poi sorrise. «Vedremo» disse.
Barrett annuì. «Vedremo, sì, certo.»
Edith si guardò intorno. «Quando è stata costruita questa casa?» domandò.
Barrett guardò Fischer. «Lei lo sa?»
«Nel 1919» rispose Fischer.
«Da alcune cose che lei è venuto dicendo, deduco che lei è ben informato sul conto di Belasco» disse Barrett. «Le dispiacerebbe ragguagliarci? Non sarà male se noi…» represse un sorriso «conoscessimo un po’ meglio l’avversario.»
Ti diverti? pensò Fischer. Non ti divertirai tanto, quando Belasco e i suoi compari si metteranno all’opera. «Cosa vuole sapere?» domandò.
«Tutto quello che è in grado di dirci. Ci sarà molto utile un quadro generale della sua vita.»
Fischer si versò un’altra tazza di caffè, ne bevve un sorso, poi prese a dire: «La data di nascita è il 1879. Era figlio illegittimo di Myron Sandler, un fabbricante di armi americano, e di Noelle Belasco, un’attrice inglese».
«Come mai ha preso il nome di sua madre?» domandò Barrett.
«Sandler era già sposato» disse Fischer. Fece una pausa, poi ripigliò: «Della sua infanzia non si conoscono che episodi isolati qua e là. A cinque anni impiccò un gatto per vedere un po’ se sarebbe risuscitato, dato che si dice che i gatti hanno nove vite. Poiché la povera bestia non resuscitava, lui si arrabbiò, la fece a pezzetti e scagliò i pezzi di gatto dalla finestra. Da allora sua madre lo chiamò Evil Emeric, Malvagio Emeric».
«Fu allevato in Inghilterra, presumo» interloquì Barrett.
Fischer annuì. «Altro episodio noto: un atto di violenza carnale nei confronti della sua sorellìna.»
Barrett si accigliò. «E tutto il resto è su questo tono?»
«Non è che abbia condotto una vita esemplare, dottore» disse Fischer, con una punta d’ironia nel tono di voce.
Barrett esitò. «Va bene» disse. Guardò Edith. «Hai qualcosa in contrario, mia cara?» le domandò. Edith scosse il capo. Egli guardò Florence. «E lei, Miss Tanner?»
«No, no, se il racconto ci aiuterà a capire il personaggio.»
Allora Barrett fece cenno a Fischer che continuasse pure.