Выбрать главу

«Dacci, o Divino Maestro, il modo di comunicare con quelli dell’aldilà, in particolare con quanti si agitano senza requie in questa casa di tormenti.»

Il respiro di Fischer era irregolare. Ricordava la sua prima seduta, nel 1940, in quella stessa sala, a quello stesso tavolo. Degli oggetti erano stati scagliati. Il dottor Graham era stato tramortito da uno di essi. Una nebbiolina verde traslucida aveva riempito l’aria. Fischer si sentiva la gola arida. Non dovrei essere qui, pensò, non dovrei trovarmi qui adesso.

«Fa’ che noi si riesca a gettare un ponte sull’abisso che separa la vita dalla morte, grazie alla nostra fede, sì che il dolore si tramuti in gioia, e il tormento in pace. Questo noi ti chiediamo nel nome del nostro eterno Padre. Amen.»

Fu silenzio per un po’. Poi Edith diede un balzo. Florence si era messa a intonare con voce melodiosa: «Passa sul mondo un alito vivificatore di vento dalle lontane plaghe del vasto firmamento. E gli spiriti risorgono trionfanti dalla morte e tornano alla terra e varcano queste porte».

C’era qualcosa, in quella sommessa cantilena, nelle tenebre fitte, che faceva accapponare la pelle.

Quando l’inno finì, Florence cominciò a respirare affannosamente e a passarsi le mani sul viso. Di lì a poco, prese a palparsi e strofinarsi con entrambe le mani le braccia e le spalle, il seno e la pancia e le cosce. Si massaggiava e c’era qualcosa di sensuale in quel suo palpeggiarsi le carni. Benché nel buio non si potesse vederla, si indovinava che teneva le labbra dischiuse e che tutto il suo corpo era abbandonato, languidamente, e che il suo viso aveva un’espressione di torpore estatico. Il respiro si fece più sonoro, più lento. Ben presto divenne rauco e a tratti sibilante. Ora le sue mani posavano inerti in grembo, e le braccia e le gambe avevano contrazioni nervose. A poco a poco la sua testa reclinò all’indietro, finché si arrovesciò sullo schienale. Trasse un lungo lamentoso respiro, poi rimase immobile.

Nel gran salone regnò un silenzio di tomba. Barrett fissava il punto in cui Florence si trovava, benché non riuscisse a veder nulla. Edith aveva chiuso gli occhi, preferendo una sua oscurità privata a quella del salone. Fischer sedeva, teso, al suo posto, e aspettava.

La sedia di Florence scricchiolò lievemente. «Io Nuvola Rossa» ella disse, con voce sonora. La sua faccia, nel buio, era come di pietra, e aveva un’espressione imperiosa. «Io Nuvola Rossa» ripeté.

Barrett sospirò. «Buonasera.»

Florence grugnì, annuendo. «Io venuto da molto lontano. Io saluti per voi da reame di Eterna Pace. Nuvola Rossa contento voi vedere. Sempre contento io vedere terrestri raccolti in cerchio di fede. Noi sempre con voi, noi guardiani, noi custodi. Morte non fine di strada. Morte soltanto porta per entrare in mondo senza fine. Questo sappiamo.»

«Potresti…» cominciò Barrett.

«Anime terrene in prigione» l’interruppe Florence. «Carcerate in carcere di carne.»

«Sì,» disse Barrett «ma potresti…»

«Morte perdono, morte liberazione. Lasciati vestimenti di fango, spezzate catene, troverai libertà… luce… eterna gioia.»

«Sì, ma tu pensi che…»

Edith si morse il labbro per non ridere, allorché Florence l’interruppe di nuovo. «Donna Tanner dice azionare macchina, registrare voce su nastro. Io non capisco cosa essa intende. Tu capito?»

Barrett grugnì. «Perfettamente.» Allungò una mano e cercò tentoni il registratore sul tavolo, lo mise in moto e orientò il microfono dalla parte di Florence. «Ora, se tu…»

«Nuvola Rossa donna Tanner guida. Guida altro medium questa parte qua. Parla con donna Tanner. Porta altri spiriti.»

D’un tratto Florence si guardò intorno, scoprendo i denti, accigliata, con un borbottio di disapprovazione in gola. «Casa cattiva. Luogo di malattia. Male qui. Cattiva medicina.» Scosse la testa ed emise una specie di ringhio. «Cattiva medicina.»

Si voltò, con un grugnito di stupore, come se qualcuno fosse sopraggiunto alle sue spalle. «Uomo qui. Brutto uomo. Simile uomo caverne. Lunghi capelli. Fango in faccia. Graffi. Pustole. Denti gialli. Uomo chinato, contorto. Niente vestiti. Come animale. Respiro affannoso. Sofferenza. Molto malato. Dice: “Datemi la pace. Liberatemi”.»

Edith strinse forte la mano di Lionel, e aveva paura di aprire gli occhi, casomai le apparisse davvero l’uomo descritto dalla voce.

Florence scosse la testa, poi lentamente sollevò le braccia e indicò verso il vestibolo. «Via! Fuori da questa casa.» Fissava le tenebre. Si volse con un grugnito. «Non ubbidisce. Qui da troppo tempo. Non ascolta. Non capisce.» Si picchiò un dito sulla fronte. «Troppo malato qui dentro.»

Emise un suono come se le avessero comunicato qualcosa di interessante. «Limiti» disse. «Nazioni. Confini. Non capisco cosa questo vuol dire. Estremi e confini. Termini ed estremità.» Scosse la testa. «Non so.»

Si rigirò come se qualcuno l’avesse agguantata rudemente per una spalla. «No. Va’ via.» Grugnì. «Giovane uomo qui. Dice bisogna parlare… bisogna parlare.» Emise un suono rauco, poi tacque.

Tutti e tre sobbalzarono quando poi Florence urlò: «Non vi conosco voialtri!». Volse gli occhi intorno, con un’espressione di rabbia e di angoscia. «Perché siete qui? Non serve a niente. Non cambia nulla. Nulla! Uscite da qui, o vi farò pentire. Non riesco… non posso trattenermi. Che Dio vi maledica, sporchi figli di cani!»

Edith si tese tutta. Quella voce era totalmente diversa da quella abituale di Florence: isterica, scurrile, minacciosa.

«Non vedete che non riesco a trattenermi? Non vorrei farvi del male, ma devo. Devo!» Florence allungò il collo, gli occhi le schizzavano dalle orbite, le labbra tirate scoprivano i denti digrignanti. «Vi avverto!» gridò con voce gutturale. «Andate fuori da questa casa prima che vi ammazzi tutti!»

Edith gettò un grido, quando si udirono alcuni colpi battuti sul tavolo. «Che cos’è questo?» chiese. La sua voce fu coperta dai colpi ch’erano infittiti. Era come se un pazzo picchiasse più forte che poteva, martellasse più in fretta che poteva il piano del tavolo. Barrett fece per allungare una mano verso i suoi strumenti, poi ricordò che mancava la corrente. Accidenti, pensò.

D’un tratto, i colpi cessarono. Edith guardò dalla parte di Florence: la medium aveva cominciato a emettere dei suoni lamentosi. Ella udiva ancora l’eco di quei colpi rintronarle negli orecchi. Si sentiva tutto il corpo indolenzito, come se le vibrazioni le avessero ammaccato la carne.

Sobbalzò, quando Lionel le lasciò la mano. Udì un fruscio di abiti. Sobbalzò di nuovo, quando apparve una piccola luce rossa dove lui era seduto. Aveva estratto una pila da tasca e ne stava dirigendo il sottile raggio verso Florence: nel tenue chiarore, la medium apparve con la testa rovesciata indietro, ciondolante, la bocca allentata.

Si irrigidì: sentì un freddo che veniva da sotto la tavola. Rabbrividendo, mise le braccia conserte. Fischer strinse i denti, fece uno sforzo di volontà per non balzare su.

Barrett tirò il filo del microfono. Il fruscio che ne uscì fece rabbrividire Edith. E lui, avvicinato a sé il microfono, dettò le seguenti rapide annotazioni: «Calo di temperatura. Fenomeni tattili. Lettura strumenti impossibile. Fenomeni fisici cominciati con serie di forti percussioni». Di nuovo diresse la lucetta su Florence. «Miss Tanner ha reagito irregolarmente. Stato di trance permane, ma varia. Possibile stato di confusione a causa di fenomeni fisici inattesi. Le passo tubetto soluzioni sali d’uranio.»

Edith seguì la lucetta, vide la mano di Lionel prendere il tubetto. Il freddo che veniva da sotto la tavola le faceva dolere le gambe. Tuttavia il tono calmo della voce di Lionel ebbe su di lei un effetto calmante. Barrett mise il tubetto nella mano di Florence.