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Fischer si allontanò di gualche passo. Si guardò intorno, impacciato. Qualcosa di diverso c’era, sì, lo sentiva. Ma avrebbe potuto essere un trucco, però. C’era cascato già un’altra volta. E adesso non osava esporsi di nuovo in quel modo.

Barrett lo guardava, nervoso. Era impaziente e, d’un tratto, esclamò: «Ci provi, Mister Fischer. Le garantisco che andrà tutto liscio».

Fischer attraversò il vestibolo, con lo sguardo fisso innanzi a sé. L’atmosfera era davvero mutata. Sorprendente! Anche senza aprirsi, lui questo lo sentiva. Ma fino a che punto era mutata? Fino a che punto poteva, lui, aver fede in Barrett? La sua teoria era allettante, certo. Ma Barrett non gli chiedeva solo di credere in una teoria. Gli chiedeva di mettere in gioco la sua vita.

Oltrepassò l’arcata ed entrò nel salone, I Barrett lo seguivano. Si fermò, si guardò intorno. Il pavimento era cosparso di oggetti rotti. Un arazzo pendeva sbilenco dalla parete. Che cosa aveva combinato il Reversore? Era molto curioso di saperlo, ma aveva anche paura di accertarsene.

«E allora?» chiese Barrett.

Fischer gli rispose con un gesto, che aspettasse. E, con rabbia, disse fra sé: lo farò quando mi pare.

Restò immobile, tendendo l’orecchio, in attesa.

Poi, ubbidendo a un impulso repentino, chiuse gli occhi, allargò le braccia, dilatò le dita, respirò a fondo per inalare tutto ciò che aleggiasse d’intorno. Si aprì insomma, abbattendo le barriere dell’io.

Riaprì gli occhi. Si guardò intorno sbigottito.

Non c’era niente.

La sfiducia lo riassalì. Si volse e s’allontanò rapidamente. Edith si mostrò allarmata ma Barrett la prese per un braccio per infonderle coraggio. «È sorpreso perché non capta niente» le disse.

Fischer, attraversato il vestibolo, si diresse verso la cappella e, spinta con violenza la porta, vi entrò. Niente, neanche qui. Allora si recò negli scantinati, scendendo le scale a quattro a quattro, impetuoso, senza badare al proprio malditesta. Penetrò nel locale della piscina, lo percorse a passi rapidi, entrò nel bagno turco. Si concentrò.

Niente. Niente.

Fu preso da timore reverenziale. «Non ci credo!»

Ritornò sui suoi passi. Andò nella cantina. Neanche lì, niente. Ansimando, si recò allora nel teatro. Niente. Andò nella sala da ballo. E niente. Nella sala da biliardo. Niente. Corse in cucina. Niente. In sala da pranzo. Niente. Riattraversò il salone e tornò nel vestibolo. Edith e Barrett erano ancora lì. Fischer si fermò, col fiato grosso, davanti a loro. Fece per parlare, poi invece corse verso lo scalone. Barrett fu preso da un impeto di esultanza. «È fatta» disse. «È fatta, Edith, ce l’ho fatta!» La prese fra le braccia, la strinse a sé. Il cuore le batteva forte, anche a lei. Ma ancora non riusciva a crederci. Eppure Fischer era fuori di sé. Lo guardò mentre saliva gli scalini a due a due.

Fischer si precipitò verso la camera dei Barrett, vi entrò. Niente! niente! Compì una giravolta e si avventò, con un grido, verso la camera di Florence. Niente! Corse in camera sua. E niente! Entrò nell’appartamento di Belasco. Anche qui niente. Dio onnipotente, proprio nulla! nulla! La testa gli dava martellate, ma non gliene importava. Percorse il corridoio, spalancando le porte di tutte le altre camere da letto. Niente. Dovunque andasse, niente, assolutamente nulla! Si sentiva scoppiare di gioia. Barrett allora ce l’aveva fatta!

La Casa d’Inferno era stata mondata!

Dovette sedersi. Si lasciò cadere sulla prima sedia che vide. La Casa d’Inferno era stata resa innocua. Incredibile! Ora avrebbe dovuto ricredersi, rinunciare a tutte le opinioni precedenti. Ma che importava? La Casa d’Inferno era stata resa innocua, esorcizzata da quel fantastico… che cosa?… giù a pianterreno. Rise fra sé, rauco. E l’aveva chiamato un catorcio, un ammasso di ferrivecchi! Gesù, Gesù, altro che ferrivecchi! Perché Barrett non gli aveva dato un calcio in bocca? gli sarebbe stato bene.

Si rilassò, chiuse gli occhi, riprese fiato.

D’un tratto, una brusca reazione. Se Florence avesse resistito ancora un’ora! Un’ora soltanto. E si sentì invadere dalla rabbia, contro Barrett che l’aveva lasciata sola.

Ma quel sentimento ostile non durò a lungo. Fu vinto dal rispetto per l’uomo di scienza. Con pazienza, con accanimento, Barrett aveva portato a termine il suo lavoro, nonostante la loro incredulità. E aveva dimostrato d’aver ragione lui. Fischer scosse la testa, strabiliato. Era un vero miracolo. Respirò profondamente. Gli venne da sorridere. L’aria puzzava ancora.

Ma non era una puzza di morti.

ore 14.01

Fischer rallentò l’andatura, poiché la nebbia si era fatta più fitta. Quella Cadillac (così aveva deciso) l’avrebbe venduta e avrebbe spartito il ricavato con Barrett. Se non trovava un compratore, l’avrebbe buttata in un lago. Ma a Deutsch non gliel’avrebbe mai restituita. Sperava, inoltre, che Barrett riuscisse a portar via il Reversore dalla Casa d’Inferno prima che Deutsch ci mettesse sopra le mani. Doveva valere una fortuna, quel coso.

Mise in azione i tergicristalli. Teneva gli occhi fissi sulla strada, che attraversava un bosco. E intanto cercava di metter ordine nel suo cervello.

In primo luogo, Barrett aveva avuto ragione. L’energia della casa era costituita da ingenti residui di radiazioni elettromagnetiche. Mediante una carica di segno opposto, Barrett l’aveva fatta svanire. E allora, che ne restava delle teorie di Florence Tanner? Risultavano, adesso, del tutto invalidate? Ella aveva davvero, come asseriva Barrett, creato da sé gli spiriti infestanti, manovrando inconsciamente l’energia presente nella casa, onde fornir delle prove a sostegno delle proprie convinzioni? Ciò pareva ragionevole. Il conto tornava. Ne uscivano malconce anche le sue teorie, però il conto tornava.

E tuttavia… perché mai la sua inconscia volontà avrebbe scelto di effettuare determinati fenomeni, d’un tipo da lei mai effettuato in precedenza? Ma sì: per convincere Barrett, il quale era disposto ad ammettere eventualmente soltanto fenomeni del tipo fisico, e non già fenomeni spiritualistici.

E va bene, un Daniel Belasco era davvero esistito ed era stato murato vivo in cantina, da qualcuno, forse da suo padre. Questo Florence l’aveva captato psichicamente, sfruttando l’energia della casa come si sfrutta la memoria elettronica di un computer. Che Daniel Belasco costituisse la forza infestante della casa, pertanto, lei l’aveva erroneamente dedotto da questi fatti, interpretandoli a modo suo.

Ma perché si era poi spinta a tali estremi, fino a togliersi la vita? Questo era il busillis. Dopo un’intera vita intelligentemente dedicata all’attività medianica, aveva dovuto addirittura uccidersi, per dimostrare di aver ragione? Che genere di persona era, in realtà, Florence? Il suo comportamento esteriore era da cima a fondo un’ingannevole facciata? Gli sembrava impossibile. Aveva funzionato da medium psichica per anni, senza mai nuocere né a se stessa né ad altri (finché non era entrato in scena Barrett). Forse il potere della Casa d’Inferno l’aveva sopraffatta, e lei non era riuscita a venirne a capo. Certo, era così che la metteva Barrctt. E anche lui, Fischer, ne sapeva qualcosa, di quanto fosse enorme il potere della casa. Eppure…

Fischer si accese una sigaretta. Aspirò il fumo con avidità. Comunque, era un fatto incontrovertibile che la casa era, adesso, sgombra. Barrctt aveva vinto, non lo si poteva negare. La sua teoria era sensata: nella casa si trovava sólo dell’energia informe che aveva bisogno, per funzionare, di qualche intruso che la dirigesse. Che cosa avrà regnato, fra quelle mura, fra il 1940 e giovedì scorso? si domandò. Il silenzio? L’attesa di qualche ospite, di qualche volontà estranea? Certo… poiché Barrett aveva ragione.