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Un altro lungo tremito fugò ogni dubbio. Quella donna avrebbe potuto diventare una splendida dama del Weyr, se solo fosse stata più giovane, pensò tristemente F’lar.

Il Connestabile offrì a Fax una porzione alquanto scarsa di carne troppo cotta. Le sue mani tremavano.

Fax agitò furente il pugno e il piatto, unitamente al suo contenuto, finì in faccia al Connestabile. A F’lar sfuggì un sospiro: quella era l’unica carne commestibile dell’intero animale.

— Secondo te è cibo? Secondo te è cibo? — gridò il signore della fortezza. Le vibrazioni prodotte dalla sua voce fecero cadere gli insetti appesi al soffitto. — Questa è banalissima sbobba!

F’lar si diede da fare per scacciare gli insetti da dama Gemma, in preda a una fortissima contrazione.

— Non avevamo altro a disposizione, così, senza preavviso — gemette il Connestabile con le guance ricoperte di quel sugo sanguinolento. Fax gli lanciò addosso la coppa e il vino gli si riversò sul petto, quindi fu la volta del piatto delle radici, che fecero urlare l’uomo con il loro liquido bollente.

— Mio signore, mio signore, se fossi stato avvertito!

— È chiaro che Ruatha non è in grado di ricevere adeguatamente il suo signore. Devi lasciarla libera — F’lar si ritrovò a dire.

Nell’udire quelle parole, rimase colpito quanto gli astanti. Calò il silenzio, interrotto solo dagli insetti e dal brodo delle radici che colava a terra dai vestiti del Connestabile. I tacchi degli stivali di Fax furono perfettamente uditi da tutti mentre si giravano verso il pilota di bronzo.

Intento a reagire al proprio stupore e a cercare un modo per aggiustare le cose, F’lar vide F’nor alzarsi adagio con la mano appoggiata all’impugnatura della daga.

— Ho capito bene? — domandò Fax con il volto inespressivo e gli occhi sfolgoranti.

Non riuscendo a capacitarsi di come avesse potuto fare una cosa simile, F’lar assunse una posa languida.

— L’hai detto tu stesso che se una delle tue fortezze non fosse stata autosufficiente e si fosse dimostrata incapace di ricevere il suo signore l’avresti abbandonata — mormorò.

Fax lo guardò a sua volta con un’espressione che rivelava molti istinti repressi sotto l’atteggiamento di trionfo. F’lar stava facendo funzionare il proprio cervello a tutta velocità. Nel nome dell’Uovo, dove era finita la sua discrezione?

Cercando di apparire disinvolto infilzò qualche pezzo di verdura e iniziò a mangiarlo. F’nor intanto stava studiando i presenti. Improvvisamente la mente di F’lar si illuminò: quella sua reazione era stata la risposta a un’azione segreta del potere. Lui, il cavaliere di bronzo, era stato portato a battersi con Fax. Per quale motivo? Per costringerlo a rinunciare a Ruatha? Era da non credere! Ma era l’unica spiegazione possibile a quanto era successo. F’lar provò una baldanza quasi dolorosa. L’unica cosa da farsi era mantenere quella posa annoiata e cercare in ogni modo di stornare Fax dall’idea di un duello. Non avrebbe avuto senso arrivare a tanto, non aveva tempo da perdere, lui.

Un lamento di dama Gemma ruppe la tensione dei due che continuavano a fissarsi negli occhi. Scocciato, Fax guardò la donna con il pugno serrato pronto a colpire quella temerarietà verso il signore e padrone, ma le contrazioni erano ormai inequivocabili, come il dolore. F’lar non ebbe il coraggio di guardarla. Si chiese, però, se quel gemito non fosse stato un volontario tentativo di mettere fine alla scena.

Con grande stupore di tutti, Fax iniziò a ridere, rovesciando indietro la testa e mettendo in mostra i denti macchiati. Sembrava che ruggisse.

— Certo che rinuncio a Ruatha, lo faccio in favore di suo figlio, se è maschio… e se è vivo! — gracchiò rauco.

— Sentito e testimoniato! — scattò F’lar balzando in piedi e accennando ai suoi uomini. I dragonieri si alzarono subito: — Sentito a testimoniato! — dichiararono, rispettando la tradizione.

I presenti si misero a parlare contemporaneamente, in preda a un sollievo nervoso. Le donne si diedero da fare, ognuna a modo proprio, per l’imminente parto, davano ordini alle serve e si scambiavano suggerimenti. Circondarono dama Gemma, mantenendosi fuori della portata di Fax, simili a stupidi wherry allontanati dai loro trespoli. Era evidente la loro indecisione: desideravano aiutare la partoriente, ma nello stesso tempo erano intimorite dal loro signore.

Fax capì la situazione e, continuando a ridere, arretrò. Fece cadere la sedia, la scavalcò e si incamminò verso la tavola delle carni. Tagliò dei pezzi con il suo coltello e se li mise in bocca, sempre continuando a sghignazzare.

F’lar si piegò su dama Gemma per aiutarla a mettersi in piedi. La donna gli strinse convulsamente il braccio e lo attirò più vicino. Si guardarono; gli occhi di lei erano velati dal dolore.

— Vuole ucciderti, cavaliere di bronzo. È una cosa che gli piace fare — sussurrò.

— Non è facile ammazzare un dragoniere, nobile dama. Comunque ti ringrazio.

— Non voglio che tu muoia — rispose la donna mordendosi le labbra. — Ce ne sono talmente pochi di cavalieri di bronzo. — F’lar rimase senza parole. Possibile che la moglie di Fax desse credito alle Vecchie Leggi? Indicò a due uomini del Connestabile di riportarla nella fortezza, quindi afferrò per un braccio dama Tela che gli stava passando di fianco svolazzando.

— Cosa ti serve?

— Oh, oh! — esclamò la donna, torcendosi le mani in preda al panico. — Dell’acqua calda e pulita. Dei panni. Una levatrice. Sì, certo, ci vuole una lavatrice.

F’lar si volse a guardare la sguattera che aveva iniziato a ripulire il pavimento dal cibo, quindi fece un cenno al Connestabile e gli ordinò di procurarsi una levatrice. Il Connestabile sferrò un calcio alla serva china a terra.

— Tu… tu, come ti chiami, corri dagli artigiani a prenderla. Saprai bene chi è.

Con un’agilità sorprendente per il suo aspetto decrepito, la sguattera schivò il calcio del Connestabile e correndo attraverso la sala sparì in cucina.

Fax continuava a tagliare la carne e di tanto in tanto scoppiava ancora a ridere, divertito dai propri pensieri. F’lar gli si avvicinò e, senza essere stato invitato a farlo, iniziò a sua volta a prendersi della carne, invitando i suoi a fare altrettanto. I soldati di Fax, invece, aspettarono che il loro signore avesse terminato di mangiare.

O Signore della Fortezza, le tue cose son sicure fra spessi muri, porte di ferro e niente verzure.

Lessa si precipitò fuori della sala in cerca della levatrice. I suoi pensieri ardevano per la frustrazione. Ci era arrivata tanto vicina! Così tanto! Come aveva potuto fallire il suo scopo? Fax avrebbe dovuto sfidare il cavaliere di bronzo. Il dragoniere era giovane e forte, aveva l’aria di un combattente austero e controllato. Non avrebbe dovuto perdere tempo. Forse che anche l’onore a Pern era stato soffocato dall’erba?

Ma perché mai dama Gemma aveva scelto proprio quel momento per iniziare le doglie? Se i suoi lamenti non avessero attratto l’attenzione di Fax il duello ci sarebbe stato, e neanche un combattente feroce come Fax avrebbe potuto avere la meglio con un dragoniere appoggiato da Lessa. Ruatha doveva essere restituita al Sangue legittimo e Fax non doveva andarsene vivo.

Sulla torre il drago di bronzo emise uno strano verso: i suoi occhi sfaccettati luccicavano nell’oscurità sempre più fitta.

Lo mise a tacere inconsapevolmente, come avrebbe fatto con il wher da guardia. Il wher! Non era neanche uscito dalla sua tana quando era passata lei. Le avevano detto che i draghi avevano cercato di aggredirlo e poteva sentirlo vaneggiare in preda al panico: lo avrebbe ucciso, prima o poi.