F’lar sorrise. Quella donna aveva nascosto la mano tanto abilmente che lui aveva pensato di essersi sbagliato. Sotto lo sporco e il grasso era giovane, abbastanza giovane per il Weyr e niente affatto squallida. Per fortuna era troppo vecchia per poter essere figlia di Fax. Che fosse un’illegittima del signore precedente? No, il suo sangue era puro, qualunque fosse la sua casata di appartenenza, e probabilmente era proprio una ruathana. Grazie a qualche espediente sconosciuto era sfuggita al massacro avvenuto dieci Giri prima e ora aveva realizzato la sua vendetta. Quale altro motivo avrebbe avuto per costringere Fax a rinunciare a quella fortezza?
Contento e affascinato da quella fortuna inaspettata, F’lar allungò una mano per toglierle gli abiti, ma si fermò immediatamente. La ragazza aveva ripreso conoscenza e due grandi occhi famelici lo guardavano cauti ma senz’ombra di paura e di curiosità.
F’lar restò divertito a guardare il mutamento che i lineamenti della ragazza subirono volontariamente assumendo dei tratti ripugnanti.
— Vorresti imbrogliare un dragoniere? — rise. Rinunciò a toccarla e si appoggiò alla grande testata decorata del letto. Incrociò le braccia ma fu costretto a cambiare posizione a causa del dolore alla ferita.
— Dimmi come ti chiami e qual è il tuo rango.
Lessa si raddrizzò senza più contorcere i lineamenti. Si appoggiò sicura alla testata. Si squadrarono, fermi alle due parti del letto. — E Fax?
— È morto. Dimmi il tuo nome!
Sul volto della ragazza si dipinse un’espressione di esultanza e di trionfo. Si alzò e rimase in piedi diritta e incredibilmente alta.
— Allora posso rivendicare ciò che mi appartiene: sono del Sangue di Ruatha. Rivendico la fortezza.
F’lar rimase a osservarla felice di quell’orgoglio, poi rovesciò il capo all’indietro e si lasciò andare a una risata.
— Rivendichi questo mucchio di rovine? — non poté evitare di sottolineare la discrepanza tra i modi della ragazza e il suo aspetto esteriore. — Oh, no. Oltretutto, mia bella signora, Fax ha rinunciato alla fortezza a vantaggio del suo erede. Dovrò affrontare anche quel neonato per te? Dovrò farlo soffocare nelle sue fasce?
Negli occhi di Lessa comparve un lampo improvviso, mentre le labbra le si aprivano in un terribile sorriso.
— Non ci sono eredi. Gemma è morta senza aver dato alla luce il bambino. Ho mentito.
— Mentito? — chiese F’lar sentendosi invadere dalla collera.
— Esattamente — rispose in tono di sfida. — Il bambino non è mai nato. Volevo solo assicurarmi che tu sfidassi Fax.
F’lar l’afferrò per il polso, furente per essersi lasciato abbindolare per ben due volte. — Hai provocato un dragoniere? Per farlo uccidere? Quando sta svolgendo la Cerca?
— La Cerca? E cosa me ne importa della Cerca? Ora Ruatha è di nuovo mia. Ho aspettato e tramato nell’ombra per dieci Giri. Cosa vuoi che mi interessi della tua Cerca?
F’lar l’avrebbe volentieri picchiata per farle sparire dal volto quell’aria altezzosa e sprezzante. Le torse il braccio con rabbia, per farla cadere. Lessa rise. Prima ancora che lui se ne rendesse conto era già sgattaiolata fuori della stanza correndo.
Imprecando contro se stesso si gettò di corsa nei corridoi scavati nella roccia. La ragazza, per uscire dalla fortezza, avrebbe dovuto passare dalla Grande Sala. Ma quando vi arrivò non riuscì a vederla fra i presenti.
— È passata di qua quella donna? — gridò a F’nor che si trovava casualmente vicino alla porta che si apriva sul cortile.
— No. Allora il potere viene da lei?
— Sì — rispose F’lar ancora più inviperito per essersela lasciata scappare. Dove si era cacciata? — E ha il Sangue di Ruatha nelle vene, per giunta!
— Oh, oh! allora deporrà il bambino? — domandò F’nor accennando alla levatrice seduta vicino al camino ora acceso.
F’lar esitò un istante, quindi si accinse a riprendere la sua ricerca fra gli innumerevoli corridoi della fortezza. Infine spalancò gli occhi, atterrito, e guardò il fratellastro.
— Il bambino? che bambino?
— Il figlio di dama Gemma — si stupì F’nor.
— È vivo?
— Sì, ed è molto forte, anche se prematuro ed estratto a forza dal grembo della madre morta, così ha detto la levatrice.
F’lar chinò indietro il capo e scoppiò a ridere. Nonostante tutti i suoi tentativi quella ragazza era stata vinta dalla Verità.
Udì il ruggito di Mnementh, esultante, seguito da quello di tutti gli altri draghi.
— L’ha trovata Mnementh — gridò F’lar felice. Scese le scale a grandi passi, oltrepassò il corpo di Fax e uscì in cortile.
Chiamò il drago di bronzo che aveva lasciato la torre. Mnementh arrivò dall’alto, con una grande spirale, e F’lar vide che stringeva qualcosa tra le zampe anteriori. Era la ragazza che stava cercando. Il drago l’aveva vista mentre si calava da una finestra e l’aveva afferrata. Si posò goffamente sulle zampe posteriori, muovendo le ali per mantenere l’equilibrio e depose delicatamente Lessa, creandole intorno una specie di gabbia con i suoi artigli. La ragazza restò immobile dentro quell’inusuale cerchio, con il viso rivolto verso l’immensa testa a forma di cuneo che si muoveva sopra di lei.
Il wher da guardia stava forzando con tutto se stesso la catena per venirle in aiuto, urlando per la paura e la rabbia. Quando F’lar gli passò vicino tentò di abbrancarlo.
— Il coraggio non ti manca, ragazza! — riconobbe appoggiando distrattamente una mano su un artiglio di Mnementh. Il drago era immensamente compiaciuto di se stesso; abbassò il capo per farsi grattar le sopracciglia.
— Avevi detto la verità, sai — la informò F’lar incapace di resistere.
Lessa si volse lentamente verso di lui con il volto impassibile. I draghi non la intimorivano, notò F’lar compiaciuto.
— Il bambino è vivo ed è un bel maschietto.
Lessa non riuscì a celare lo sbigottimento: piegò un istante le spalle, ma si raddrizzò subito.
— Ruatha è mia — ripeté con voce bassa e intensa.
— Lo sarebbe diventata se tu ti fossi rivolta direttamente a me quando sono arrivato.
Lessa spalancò gli occhi.
— Cosa intendi dire?
— Un dragoniere può prendere le difese di chiunque abbia subito un torto e quando siamo arrivati, mia signora, sarei stato ben felice di sfidare Fax avendo un motivo plausibile, nonostante la Cerca. — Non che fosse del tutto vero, ma F’lar voleva far capire a quella ragazza che non si potevano controllare i dragonieri. — Se avessi prestato più attenzione ai canti degli arpisti, conosceresti i tuoi diritti. E… — Il tono di risentimento lo sorprese. — Dama Gemma forse non sarebbe morta. Quella poveretta ha coraggiosamente patito più di te per colpa di Fax.
Qualcosa del comportamento della ragazza gli fece capire che la morte della dama l’aveva colpita.
— Cosa te ne fai a questo punto di Ruatha? — domandò F’lar accennando al cortile in rovina e alla desolazione della fortezza e infine alla valle improduttiva. — Hai davvero ottenuto quello che desideravi: una conquista vana e la morte del suo conquistatore.
Sbuffò.
— Comunque va tutto per il meglio e finalmente le altre fortezze saranno restituite ai legittimi signori. Un signore per una fortezza. Ogni altra soluzione contrasta con la tradizione. Ma potresti anche trovarti nella necessità di difenderti da chi si è lasciato contagiare dalla pazzia di Fax. Saresti in condizione di proteggere Ruatha, così com’è ridotta adesso?