Quel suono si ripeté, a una tonalità tanto fastidiosa che Lessa accelerò i movimenti. Non aveva ancora tolto gli indumenti che aveva indosso che già F’lar le stava infilando dalla testa quel vestito bianco. Riuscì a liberarsi le braccia appena in tempo per essere trascinata fuori della camera con i capelli resi svolazzanti dall’elettricità.
Arrivarono nella grande caverna: nel mezzo si ergeva il drago intento a sorvegliare l’ingresso della camera da letto. Pareva impaziente e i grandi occhi tanto affascinanti erano iridescenti. Era particolarmente eccitato e cantilenava una nenia a una tonalità molto più bassa di quella del grido che li aveva scossi.
Sebbene agitati e impazienti drago e dragonieri si fermarono all’improvviso e Lessa comprese che stavano parlando di lei. L’enorme testa dell’animale le stava proprio davanti, nascondendole ogni visuale, e le giungeva il suo respiro carico di fosfina. Si accorse che stava comunicando a F’lar la sua soddisfazione per la donna di Ruatha.
Tirandola violentemente il dragoniere la trascinò nella galleria, seguito dal drago che procedeva a tale velocità che Lessa temeva di vederlo catapultarsi giù dal cornicione da un momento all’altro. Senza neanche rendersene conto si ritrovò accucciata sul collo bronzeo dell’animale, saldamente tenuta da F’lar. Con un movimento fluido furono alti sopra l’immensa conca del Weyr. Tutto intorno si distinguevano ali e code di draghi in volo e i loro suoni riecheggiavano nella valle pietrosa.
Mnementh si lanciò, parve a Lessa, in gara con gli altri animali, verso un varco nero in alto nel precipizio. Come per magia, i draghi vi entrarono, sfiorando l’apertura d’ingresso con le ali.
La galleria vibrava dei loro movimenti. Quindi raggiunsero un’immensa caverna.
Stupefatta Lessa pensò che la montagna doveva esser completamente vuota all’interno. In file compatte, innumerevoli draghi se ne stavano appollaiati sui cornicioni di quella immensa cavità. Ce n’erano di verdi, azzurri, marroni, soltanto due erano bronzei come Mnementh. La caverna era tanto grande da contenerne altrettanti. Istintivamente consapevole dell’importanza del momento, la ragazza si aggrappò alle scaglie del suo animale.
Mnementh, ignorando gli altri draghi di bronzo, scese verso il basso. A quel punto Lessa vide sul fondo sabbioso della grotta delle uova di drago. Erano una decina, mostruose e chiazzate, con dei gusci che si muovevano spasmodicamente sotto le pressioni dei piccoli impegnati ad aprirsi un varco. In disparte, su un rialzo, era stato collocato un uovo dorato, molto più grande degli altri e lì vicino era immobile la vecchia regina.
Non appena Mnementh fu a poca distanza dall’uovo dorato, F’lar sollevò la ragazza e la depose al suolo insensibile alla sua stretta preoccupata. La fissò negli occhi d’ambra.
— Ricordati, Lessa!
Mnementh le lanciò uno sguardo d’incoraggiamento, quindi si alzò in volo. Lessa protese una mano supplichevole. Si sentiva completamente abbandonata a se stessa, priva anche di quella forza interiore che l’aveva sorretta nella lunga lotta con Fax. Il drago si sistemò sul costone più vicino e abbassò il collo per far scendere F’lar, che tese una mano distrattamente per accarezzarlo.
A quel punto la sua attenzione venne richiamata da urli e lamenti. Gli altri draghi si abbassarono, arrivando quasi a toccare il fondo della caverna, e da ognuno di essi scese a terra una giovane donna, dodici in tutto, compresa Lessa che si mantenne in disparte dal gruppo. Le guardava incuriosita, biasimandone le lacrime, anche se forse non era meno impaurita di loro. Non le venne in mente che piangere potesse costituire uno sfogo. Perché quelle lacrime? Nessuna era ferita. Il disprezzo per quel pianto le fece comprendere la loro avventatezza. Respirò a fondo, cercando di dominare il vuoto che sentiva dentro di sé. Quelle si potevano permettere di avere paura, non lei. Lei era Lessa di Ruatha e non aveva nulla da temere.
Proprio in quel momento l’uovo dorato si agitò terribilmente, facendo arretrare le ragazze terrorizzate. Una bella ragazza bionda, con i capelli intrecciati che sfioravano terra, tentò di farsi avanti, ma si fermò e urlando tornò atterrita verso le altre.
Lessa si volse di scatto, per vedere cosa avesse provocato quella reazione nella ragazza e anche lei involontariamente arretrò.
Dove la caverna era più ampia, diverse uova si erano schiuse e i piccoli avanzavano gracchiando con voce fievole. Sbigottita Lessa si rese conto che si stavano dirigendo verso i ragazzi immobili disposti a semicerchio. Alcuni di quelli non erano certo più vecchi di quanto fosse lei al tempo della conquista di Ruatha da parte di Fax.
Le grida delle donne si ridussero a singhiozzi quando uno dei piccoli nati cercò di afferrare un ragazzo con il becco e gli artigli.
Lessa si costrinse a guardare il giovane drago che gettava da parte la sua preda, insoddisfatto. Il ragazzo non si mosse, nonostante il sangue delle sue ferite arrossasse tutta la sabbia.
Un altro drago si avventò contro un altro ragazzo e poi si fermò agitando impotente le ali bagnate. Sollevò il magro collo e intonò maldestramente la incoraggiante cantilena che Mnementh cantava spesso. Il ragazzo, esitante, sollevò una mano per grattargli le sopracciglia. Lessa era incantata da quella incredibile scena: il piccolo drago iniziò a colpire delicatamente con la testa il corpo del ragazzo, che si abbandonò a un estatico sorriso di sollievo.
Staccati gli occhi da quell’immagine, vide che un’altra delle bestie appena nate stava attuando lo stesso comportamento con un altro giovane. Intanto, altre due uova si erano aperte e uno dei draghi che ne erano usciti aveva travolto un ragazzo e lo stava calpestando senza rendersi conto delle ferite infertegli con i suoi artigli. Il drago che gli stava dietro si fermò accanto al giovane, gli si avvicinò e iniziò la cantilena. Il ragazzo si alzò faticosamente in piedi e, con le guance bagnate di lacrime, rassicurò l’animale dicendogli che erano solo dei graffi.
In breve tempo quella scena terminò e i giovani si appartarono con i loro nuovi draghi. I cavalieri verdi portarono via i ragazzi che non erano stati scelti e quelli azzurri condussero fuori della caverna le nuove coppie. I giovani draghi squittivano, cantilenavano, agitavano le ali ancora umide, si allontanavano barcollanti accompagnati dai compagni del Weyr appena trovati.
Lessa si volse risoluta verso l’uovo dorato che si muoveva: ormai sapeva cosa sarebbe successo e si domandò come avessero fatto i ragazzi per farsi scegliere.
Nel guscio dorato si formò una crepa. Le ragazze gridarono per la paura, alcune svennero, le altre si tennero strette. Dalla fenditura fuoruscì una testa aguzza, seguita da un collo d’oro luccicante. Incredibilmente distaccata, Lessa si domandò quanto tempo ci sarebbe voluto perché quella bestia, tutt’altro che piccola, arrivasse alla maturità. La sua testa superava già le dimensioni di quelle dei draghi maschi che avevano appena travolto quei massici ragazzi di dieci Giri.
Un sonoro mormorio si diffuse nella caverna. Erano i draghi di bronzo a emetterlo: quella che stava nascendo sarebbe stata la loro compagna e la loro regina. Quando il guscio si infranse in numerosi frammenti e il corpo dorato e luccicante della femmina ne uscì, il mormorio crebbe. La futura regina barcollava e andò a conficcarsi con il becco nella sabbia morbida, restandone intrappolata. Riuscì a raddrizzarsi agitando le ali umide, ridicola in quella goffa debolezza, quindi, con uno scatto inaspettato, si diresse verso le ragazze terrorizzate. La prima giovane venne messa a terra con la velocità del fulmine.
Si udì lo schiocco secco delle vertebre e il corpo piombò privo di vita sulla sabbia. Senza uno sguardo, il drago si diresse verso la ragazza successiva, ma sbagliò nel calcolare la distanza e cadde. Allungò una zampa per mantenere l’equilibrio e così facendo lacerò il corpo della giovane dalla spalla alla coscia. Il suo urlo mortale distrusse il drago per un istante e permise alle altre di scuotersi dalla paralisi del panico. Si diedero alla fuga, inorridite. Corsero, inciamparono, caddero sulla sabbia, dirette verso l’apertura dalla quale se ne erano andati i ragazzi. Mentre l’animale dorato urlando penosamente inseguiva le giovani. Lessa si mosse. Ma per quale motivo quella stupida non si era fatta da parte, pensò intenta ad afferrare la testa aguzza, non molto più grande di lei. Quel drago era tanto goffo e debole…