F’lar si stava divertendo da morire. Quando era stata effettuata l’ultima Cerca, che aveva avuto come risultato quell’incompetente di Jora, non era ancora venuto al mondo. Ma si era documentato e aveva letto le Antiche Cronache, nelle quali erano raccontati i sistemi escogitati per confondere quei nobili che rinchiudevano le loro donne all’arrivo dei dragonieri. Fax non avrebbe potuto negare a F’lar l’incontro con la dama senza insultarlo tanto gravemente da arrivare a un duello all’ultimo sangue.
— Non vorresti vedere prima il tuo alloggio? — replicò Fax.
F’lar si tolse dalla manica un invisibile granello di polvere e scosse il capo.
— Prima il dovere — rispose sollevando le spalle in un gesto di rincrescimento.
— Certo — rispose secco Fax precedendolo a passi decisi e sbattendo i tacchi per dare sfogo alla rabbia.
I due fratellastri lo seguirono più lentamente. Varcarono l’ingresso a doppi battenti fatti di pannelli metallici ed entrarono nella grande sala scavata nella roccia. I servi che stavano sparecchiando la grande tavola a forma di U, agitati per la presenza dei due dragonieri, fecero cadere delle stoviglie. Fax aveva raggiunto l’altro lato della sala e attendeva impaziente di fronte a una porta di pietra, l’unica via d’accesso alle parti interne della fortezza scavate come il resto nella roccia per una maggior sicurezza.
— Non mangiano poi tanto male — osservò distratto F’nor indicando a F’lar gli avanzi rimasti sul tavolo.
— Meglio che al Weyr, a quanto sembra — rispose asciutto F’lar, mettendosi una mano sulla bocca alla vista di due servi che barcollavano sotto il peso di una carcassa mezza divorata appoggiata su un vassoio.
— Giovane e tenera — notò amaramente F’nor a voce bassa. — Solo a noi riservano le bestie coriacee.
— È naturale.
— È una sala molto fortunata — osservò cordialmente F’lar quando raggiunse Fax. Resosi conto che il suo ospite aveva fretta si volse deliberatamente ad ammirare il locale ornato di bandiere. Mostrò a F’nor le strombature della feritoia e le pesanti imposte di bronzo che si aprivano sul luminoso cielo del meriggio.
— Aperta verso Est, come dev’essere. La nuova sala di Forte Telegar, invece, si apre a Sud, a quanto mi hanno detto. Nobile Fax, fate ancora montare la guardia all’alba secondo le tradizioni?
Fax corrugò la fronte, cercando di capire cosa l’altro volesse dire veramente.
— Abbiamo sempre una guardia sulla torre.
— Verso Est?
Fax si voltò a guardare le finestre, poi fissò F’nor, quindi F’lar, infine si rigirò verso le finestre.
— Ci sono sempre delle guardie su tutte le vie d’accesso — rispose in tono tagliente.
— Ah, solo le vie d’accesso. — F’lar si volse verso il fratellastro e fece un grave cenno d’assenso.
— E dove, altrimenti? — chiese Fax preoccupato, fissando alternativamente i due dragonieri.
— Chiedilo al tuo arpista. Avete un arpista esperto alla fortezza, vero?
— Sicuramente, anzi ce ne sono diversi — rispose raddrizzando di scatto le spalle.
F’lar fece finta di non aver capito.
— Il nobile Fax possiede altre sei fortezze — gli ricordò F’nor.
— È vero — assentì F’lar con lo stesso tono usato dal padrone di casa poco prima.
Quella presa in giro non sfuggì a Fax, che però, non potendo avanzare alcuna accusa, si avviò lungo i corridoi rischiarati seguito dai due.
— È un piacere constatare che il signore di una fortezza è tanto rispettoso delle tradizioni — commentò F’lar al fratellastro in modo da essere sentito da Fax. — Sono in molti ad aver preferito le costruzioni esterne alla sicurezza della roccia ed è una cosa che non posso accettare.
— Il rischio è tutto loro, nobile F’lar, e qualcuno se ne avvantaggia — sbuffò sarcasticamente Fax, rallentando l’andatura.
— In che senso se ne avvantaggia?
— Non è difficile penetrare in una fortezza esterna, cavaliere di bronzo… bastano un comandante esperto, delle forze addestrate e una strategia appropriata.
In fondo non era uno spaccone, pensò F’larn, e anche se regnava la pace manteneva le guardie sulla torre e rimaneva nella fortezza. Per prudenza, non certo per rispetto alle antiche leggi. Manteneva gli arpisti per ostentazione e non perché lo esigeva la tradizione e lasciava che crescesse l’erba nelle fosse. Trattava i cavalieri dei draghi in un modo che rasentava i limiti della civiltà e gli indirizzava insulti velati. Era senz’altro una persona da tenere sotto controllo.
Gli alloggi delle donne erano stati spostati da Fax vicino alla parete esterna del precipizio. Il sole entrava dalle finestre strombate e con duplici imposte. F’lar osservò che i cardini di bronzo erano ben oliati e che i davanzali avevano la regolamentare lunghezza di una lancia: il Signore delle Terre Alte non aveva ridotto, come molti altri, lo spessore delle pareti di protezione.
La sala era addobbata con sfarzosi arazzi raffiguranti donne intente a mansioni femminili. Sui lati si aprivano le porte che portavano nelle piccole alcove. A un cenno di Fax le donne iniziarono a venirne fuori esitando. Un gesto imperioso venne poi rivolto a una donna vestita d’azzurro, i capelli striati d’argento, il viso segnato dalle delusioni e dalle amarezze e il ventre gonfio per la maternità imminente. Si fece avanti, impacciata, e si fermò a debita distanza dal suo signore. A giudicare dal suo comportamento, F’lar pensò che si avvicinava a Fax solo lo stretto necessario.
— La dama di Crom, madre dei miei eredi — presentò Fax senza il minimo orgoglio né cordialità.
— Dama… — F’lar si fermò un istante aspettando che gli venisse detto il nome della donna, la quale gratificò il suo signore di un’occhiata fulminante.
— Gemma — disse secco Fax.
F’lar fece un profondo inchino.
— Dama Gemma, il Weyr è in Cerca e gradirebbe la vostra ospitalità.
— Nobile F’lar — rispose lei a voce bassa — sei il benvenuto.
A F’lar non sfuggirono la sua esitazione e la sua facilità nel riconoscerlo. Le rivolse un sorriso gratificante e più cordiale del necessario. Era probabile che Fax avesse parecchie piacenti concubine, a giudicare dal numero delle donne, e forse dama Gemma ne avrebbe congedate una o due senza difficoltà.
Fax andò avanti a presentare bofonchiando i nomi, ma a un certo punto si accorse dell’inutilità di quel metodo, perché F’lar glieli faceva sempre ripetere. F’nor se ne stava indolente vicino alla porta d’entrata, divertendosi a prendere nota delle dame che Fax cercava di far passare inosservate. Dopo, in privato, lui e il fratello avrebbero potuto scambiarsi le loro impressioni, anche se era già chiaro che nessuna era adatta alla Cerca. Fax amava le donne piccole e ben in carne e nessuna si distingueva per vivacità. Se anche un tempo erano state vive ed energiche, ogni entusiasmo in loro si era sopito: Fax era senz’altro uno stallone più che un amante. La maggior parte di loro non aveva visto molto l’acqua, almeno nell’inverno appena passato: lo dicevano i capelli ricoperti di olio irrancidito. L’unica dotata di una certa energia fra tutte quelle donne di Fax era dama Gemma, che però era ormai in là con gli anni.
Terminati i convenevoli gli ospiti vennero condotti all’esterno. F’nor si licenziò per raggiungere i dragonieri e F’lar venne accompagnato da un riluttante Fax nell’alloggio destinatogli.
La camera era situata a un livello inferiore rispetto alle stanze delle donne, ed era molto dignitosa. Arazzi multicolori raffiguravano cruente battaglie, duelli e draghi dai colori accesi intenti a volare, e ancora pietre focaie ardenti sulle cime dei monti e tutto quello che ricordava la sanguinosa storia di Pern.