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Forse i dragonieri stavano riprendendo i signori delle fortezze per la crescita vergognosa delle piante intorno alle case. Bene, a Ruatha la colpa era soprattutto sua. ma neanche un cavaliere del drago avrebbe avuto il diritto di rimproverarla. Se anche tutta Ruatha fosse stata invasa dai Fili, sarebbe stato sempre meglio che restare sotto il potere di Fax! Già solo a pensarla, quell’eresia la scandalizzò.

Desiderò di poter allontanare quel pensiero con la stessa facilità con cui svuotava il secchio della cenere nella stalla. Intorno a lei la pressione dell’aria cambiò improvvisamente e un’ombra fuggevole le fece alzare gli occhi.

Un drago con delle ali immense spiegate nelle correnti ascensionali del mattino comparve dalle rocce sovrastanti. Con un agile cerchio nell’aria si abbassò, seguito da un altro e un altro ancora, un intero squadrone che scendeva silenziosamente offrendo uno spettacolo elegante e terribile insieme. Dalla torre risuonò la sirena, in ritardo, mentre dalle cucine arrivavano le grida degli sguatteri terrorizzati.

Lessa corse a nascondersi in cucina, dove l’assistente del cuoco la spintonò verso l’acquaio. Venne immediatamente messa al lavoro, per pulire con la sabbia gli utensili incrostati dal grasso.

Uno sparuto animale del gregge, infilzato sullo spiedo, stava arrostendo sul fuoco. Il cuoco gli versava sopra il condimento, imprecando al pensiero di avere un così misero pasto da offrire a tanti ospiti di riguardo. La frutta secca dell’inverno era stata messa nell’acqua e due tra le serve più anziane stavano pulendo le radici per farle bollire.

Un apprendista stava impastando il pane, un altro condiva una salsa con degli aromi. Lessa, guardandolo fisso negli occhi, gli fece scivolare la mano in una cassetta di spezie meno adatte proprio al momento dell’ultima mescolata. Pose troppa legna nel forno del pane per rovinarlo e fece mutare la velocità dei canidi dello spiedo in modo tale che la carne risultasse cruda da una parte e bruciacchiata dall’altra. Il suo intento era quello di rendere immangiabili le pietanze, così da trasformare il pranzo in un digiuno collettivo.

Era sicura che anche altri espedienti, messi in opera in tempi diversi per quello stesso scopo, stavano per essere controllati lassù nella fortezza.

Una delle donne del Connestabile si precipitò nella cucina in cerca di protezione con le dita sanguinanti per i colpi di bacchetta ricevuti.

— Le coperte migliori sono tutte mangiate dagli insetti! E una canide, che ha partorito sulle lenzuola più belle, mi ha ringhiato contro. E le camere per gli ospiti di riguardo sono sudicie a causa del vento dell’inverno. Le imposte erano socchiuse… appena una fessura, ma è stata sufficiente! — continuò a lamentarsi stringendosi le mani al petto e andando avanti e indietro.

Lessa si mise a lavare i piatti con cura.

Wher da guardia, wher da guardia, che te ne stai nella tua tana, stai sempre all’erta! Cosa sta succedendo?

— Il wher da guardia sta nascondendo qualcosa — disse F’lar a F’nor nella grande camera ripulita in tutta fretta. Il freddo dell’inverno era ancora tangibile, ma nel camino scoppiettava un bel fuoco.

— Quando Canth gli ha rivolto la parola, ha farfugliato cose senza senso — commentò F’nor. Appoggiato alla mensola, cercava di riscaldarsi un po’ e intanto seguiva con gli occhi i movimenti impazienti del comandante.

— Mnementh sta cercando di calmarlo — rispose F’lar. — Magari non ne ricaverà niente. Quell’animale può anche essersi rimbambito, ma…

— Ho i miei dubbi — concluse F’nor alzando uno sguardo preoccupato verso il soffitto pieno di ragnatele. Aveva sicuramente visto tutti gli insetti, ma non gli andava proprio l’idea di provare le loro punture. Sarebbe stato il culmine di tutti i fastidi che già aveva avuto da quando erano arrivati in quella fortezza. Se solo la notte fosse stata abbastanza calda, sarebbe andato a dormire con Canth, il suo drago, sulle alture. — Ci racconterebbe comunque una storia più veritiera di quella che ci hanno detto Fax e il suo Connestabile.

— Uhm — mormorò F’lar fissando preoccupato il cavaliere marrone.

— Non posso credere che Ruatha si sia ridotta in questo modo nell’arco di dieci Giri. Tutti i draghi hanno captato il potere ed è facile capire che il wher da guardia è stato plagiato, cosa che richiede una capacità di controllo fuori dell’ordinario.

— Propria della gente del Sangue — gli ricordò F’lar.

Il fratello gli lanciò un’occhiata fulminea domandandosi se stesse parlando sul serio, visto che tutti gli indizi procedevano in senso opposto.

— È vero, qui c’è il potere, F’lar — ammise F’nor. — Ma potrebbe anche trattarsi di un bastardo del vecchio Sangue, mentre a noi serve una donna. Eppure Fax ci ha fatto chiaramente capire che nessuno di quella stirpe è rimasto in vita, nella fortezza, il giorno in cui la vinse. Dame, bambini, tutti… No, no. — Scosse il capo come per allontanare la sua incredulità all’ipotesi del fratello che la loro Cerca sarebbe terminata lì a Ruatha.

— Quel wher da guardia ci nasconde qualcosa e questo può essere opera solo di qualche membro del Sangue, cavaliere marrone — dichiarò F’lar evidenziando ogni parola. Accennò alla camera e alla finestra. — Ruatha è stata sconfitta ma resiste… in maniera molto particolare. Tutto porta a pensare al vecchio Sangue e al potere, non solo al potere.

L’ostinazione dello sguardo di F’lar e la linea decisa della sua mascella spinsero F’nor a cambiare argomento.

— Cercherò di non lasciarmi sfuggire niente — mormorò. Quindi uscì dalla camera.

La dama che gli era stata assegnata da Fax annoiava F’lar. Continuava a ridacchiare e a starnutire e agitava sempre nell’aria un fazzoletto che avrebbe avuto bisogno di un buon lavaggio, senza peraltro portarselo mai al naso. Puzzava di acido, sudore, olio e mangiare. Aspettava anche lei un figlio di Fax. Non si vedeva ancora, ma la donna lo aveva confidato al dragoniere, non si capiva se per ordine del padrone o se per ignoranza dell’insulto che ne derivava per l’ospite. F’lar fece finta di niente, anzi, non considerò affatto neppure la donna, tranne quando vi fu costretto.

Dama Tela stava cicalando sulle vergognose condizioni in cui versavano le camere spettanti a Dama Gamma e alle altre donne del seguito.

— Le imposte sono rimaste aperte tutto l’inverno: avresti dovuto vedere che sudiciume per terra! Alla fine abbiamo trovato due serve che hanno ripulito un po’ gettando il tutto nel camino. Ma il camion ha iniziato a fare un fumo incredibile, finché abbiamo chiamato un uomo. — Dama Tela ridacchiò. — Una pietra caduta di traverso nel comignolo lo ha bloccato. Per il resto però era in buono stato, per fortuna.

Agitò il fazzoletto e F’lar trattenne il fiato per non sentire l’odore poco piacevole che emanava.

Guardò la porta della fortezza interna e vide dama Gemma che procedeva lenta e impacciata. Il suo modo di camminare aveva qualcosa di strano, che incuriosì il dragoniere. La fissò, cercando di capire cosa fosse.

— Oh, sì, povera dama Gemma — continuava dama Tela sospirando profondamente. — Siamo tanto in pensiero per lei. Non riesco proprio a capire il motivo per cui Fax l’abbia fatta venire. È ancora lontana dal parto, ma… — la preoccupazione della donna sembrava autentica.

Improvvisamente, l’odio che F’lar provava per Fax crebbe. Lasciata la sua compagna a chiacchierare al vento porse gentilmente il braccio a dama Gemma per aiutarla a scendere i gradini e arrivare al tavolo. Solo una leggera pressione delle dita tradì la gratitudine della donna. Era pallida e tirata, con profonde rughe intorno alle labbra e agli occhi, indizi inequivocabili della fatica che stava sostenendo.