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— Vedo con piacere che si è cercato di rimettere un po’ d’ordine nella Sala — osservò dama Gemma in tono colloquiale.

— Un po’ — ammise asciutto F’lar, guardando in giro. Le travi dell’immensa sala erano costellate di ragnatele accumulatesi nel corso dei Giri. Ogni tanto gli abitanti di quelle dimore di velo cadevano per terra e sul tavolo, addirittura nei piatti di portata. Il vuoto lasciato sulle pareti dalle vecchie bandiere del Sangue di Ruatha non era stato colmato, mentre uno strato di paglia fresca celava il pavimento sporco di grasso. I tavoli erano stati puliti di recente e i piatti brillavano alla luce dei lumi, rafforzata per l’occasione. Aumentare l’illuminazione era stato uno sbaglio, però: sarebbe stato meglio lasciare il tutto nella penombra.

— Era una sala tanto bella. — Dama Gemma bisbigliò, per farsi sentire solo da F’lar.

— Eri loro amica?

— Quando ero ragazza. — Nel pronunciare quell’ultima parola la voce le si abbassò, come se le costasse fatica rammentare un’adolescenza felice. — Era una nobile stirpe!

— Secondo te è possibile che almeno uno di loro sia ancora vivo?

Dama Gemma lo fissò atterrita, ma si ricompose subito, prima che qualcuno se ne potesse accorgere. Fece un impercettibile cenno di diniego con il capo, quindi, impacciata, prese posto a tavola. Chinò gentilmente la testa verso F’lar per ringraziarlo e prendere congedo.

Il dragoniere tornò dalla sua dama e la fece sedere alla propria sinistra. Erano i soli a cenare nella fortezza di Ruatha quella sera. Dama Gemma sedeva alla sua destra e Fax si sarebbe accomodato accanto a lei. I dragonieri e gli ufficiali di Fax si sarebbero seduti alle tavole più basse. Nessun rappresentante delle corporazioni era stato invitato.

Proprio in quell’istante arrivò Fax, accompagnato dall’amante del momento e da due vicecomandanti. Apriva la strada il Connestabile, che rivolgeva inchini a profusione. Come F’lar notò subito, stava a debita distanza dal suo signore, viste le critiche condizioni della fortezza affidata alle sue cure. Con un gesto il dragoniere allontanò un insetto strisciante. Notò che dama Gemma rabbrividiva.

Fax si diresse a passo marziale verso la tavola rialzata con il viso scuro per la rabbia repressa. Scostò bruscamente la sedia, che andò a sbattere contro quella di dama Gemma, quindi se l’avvicinò con tanta foga che fece ondeggiare il tavolo. Analizzò con una smorfia la coppa e il piatto, e ne tastò la superficie con le dita, pronto a gettarli se non li avesse trovati di suo gradimento.

— Un arrosto, nobile Fax, e del pane fresco, nobile Fax, e radici e frutta… tutto quello che abbiamo.

— Tutto quello che avete? Cosa? Mi avevi detto che non avevate raccolto niente.

Il Connestabile deglutì, quindi cercò di mettere insieme una risposta.

— Niente che ti potessimo mandare, niente di sufficientemente buono. Niente. Se fossi stato informato prima della tua venuta avrei mandato qualcuno a Croni…

— A Crom? — ruggì Fax pestando sul tavolo il piatto che stava esaminando con tanta violenza che il bordo si piegò sotto le sue dita. Al Connestabile vennero i brividi, come se al posto del piatto ci fosse lui.

— A recuperare delle vivande decenti, mio signore — bisbigliò.

— Il giorno in cui una delle mie fortezze non sarà più autosufficiente e non saprà provvedere da sola a una mia visita, io la lascerò per sempre al suo destino.

Dama Gemma spalancò la bocca, i draghi ruggirono. F’lar avvertì il fluire inconfondibile del potere e cercò istintivamente con lo sguardo il fratello, seduto al tavolo più basso. Anche F’nor e gli altri dragonieri avevano captato quella inesplicabile corrente di esultanza.

— Qualcosa non va, signore dei draghi? — scattò Fax.

Mostrandosi il più disinvolto possibile, F’lar allungò le gambe sotto il tavolo in una posa indolente.

— Qualcosa non va?

— I draghi!

— Oh, niente! ruggiscono di frequente… al tramonto, o quando avvistano uno stormo di wherry, o quando si avvicina l’ora del pasto — spiegò sorridendo amabilmente. La sua compagna squittì.

— L’ora del pasto? Non hanno mangiato?

— Certo, cinque giorni fa.

— Ah… cinque… giorni fa? E adesso hanno… fame? — le parole della donna si spensero in un sussurro atterrito. Fissava F’lar con gli occhi sgranati.

— Tra qualche giorno — la rassicurò. Con aria allegra osservò la Sala. Il flusso del potere era arrivato subito dopo il discorso di Fax, come per commentarlo. F’lar si accorse che i dragonieri stavano analizzando ogni volto. Gli uomini di Fax e quelli del Connestabile erano da escludere… e oltretutto il potere pareva essenzialmente femminile.

Una delle dame di Fax? Era quasi impossibile. Mnementh le aveva avvicinate tutte, e nessuna aveva fatto supporre non solo la minima parvenza di potere, ma neppure di intelligenza… a esclusione di dama Gemma.

Doveva essere una delle donne della sala. Per ora aveva potuto intravvedere solo le sguattere e le vecchie al servizio del Connestabile. Che si trattasse della donna personale del Connestabile? Non sapeva neanche se ce l’aveva. Doveva scoprirlo. O forse una delle donne della fortezza? A fatica F’lar si trattenne dall’alzarsi per andare subito a cercarla.

— C’è un servizio di guardia? — domandò distrattamente a Fax.

— Doppio, qui a Ruatha — rispose quello con una voce tesa e dura come se gli uscisse dal profondo dei visceri.

— Qua? — A stento si trattenne dal ridere, mentre accennava a quel locale così malandato.

— Qua! — Fax passò ad altro con un ruggito. — Portate in tavola!

Cinque sguatteri avanzarono barcollando sotto il peso di un animale arrostito per intero. Due di essi erano donne. Erano coperte di stracci tanto sporchi che F’lar si augurò non avessero partecipato alla preparazione del cibo. Nessuno con la minima parvenza di potere sarebbe caduto tanto in basso, a meno che…

L’odore che emanava dal piatto di portata lo nauseò. Era odore di osso carbonizzato e di carne bruciata. E non migliore era l’odore della caraffa di Klah che si passavano dall’uno all’altro. Il Connestabile stava affilando con frenesia i coltelli per poter tagliare in maniera decente quella ripugnante carcassa.

Dama Gemma trattenne il fiato e F’lar si accorse che stava stringendo nervosamente i braccioli della sedia. La sua gola aveva dei movimenti convulsi. Del resto neppure lui aveva la minima voglia di iniziare quel pranzo.

Riapparvero gli sguatteri con vassoi colmi di pane. Prima di servirlo avevano raschiato le parti bruciate, in qualche punto lo avevano addirittura tagliato. All’arrivo dei vassoi, F’lar cercò di vedere il volto dei servitori. Una massa di capelli opachi copriva il viso della sguattera che porse a dama Gemma un piatto di legumi annegati in un liquido unto. Nauseato, F’lar frugò per trovare qualche boccone decente e offrirlo alla dama, ma lei si oppose, incapace di celare il proprio disagio.

Sul punto di voltarsi per servire dama Tela, si accorse però che il disgusto di dama Gemma non era dovuto solo al cibo. All’improvviso, era stata colta dalle prime avvisaglie del parto.

F’lar guardò Fax. Questi stava fissando il Connestabile intento a cercare qualche boccone decente da servire.

Sfiorò allora il braccio della donna, che si volse quel tanto necessario per vederlo con la coda dell’occhio. Dama Gemma riuscì a sorridergli educatamente.

— Non ho il coraggio di andarmene adesso, nobile F’lar. Fax è una mina vagante quando si trova a Ruatha e questi dolori potrebbero anche essere un falso allarme. Sa, alla mia età…