«Avanti, usciamo.» Distorta dal debole altoparlante, la voce di lui era quasi gracchiante.
Oltre ad essa, Betha udì nel suo microfono l’inutile grattare di Rusty all’interno della cassettina pressurizzata; vide delle figure che si dirigevano verso di loro muovendosi lungo un cavo di ormeggio assicurato a mezza nave. Si portò fuori dal portello con troppa forza e fluttuò verso terra descrivendo un arco sgraziato. Rimbalzò, ma riuscì ad afferrarsi al cavo e ritrovò l’equilibrio. Un errore… E non poteva permettersi il lussò di commetterne altri. Aveva a che fare con dei Cinturarli, e doveva a ogni costo comportarsi come loro. Sentì la tensione dissipare la nebbia della sua stanchezza, mentre osservava Shadow Jack che atterrava senza difficoltà sul campo ghiaioso, lucente e butterato. In alto vide il sole Paradiso, un diamante spinoso nella corona della notte, gelido e remoto… bizzarro, a confronto con il ricordo del suo sole rovente nel cielo polveroso di Mattino. Distolse lo sguardo dallo scafo in ombra del Lansing 04 e vide altre navi ormeggiate; la luce spietata sottolineava quel rozzo guazzabuglio di sagome informi, e Betha ricordò con un senso di nostalgia l’ascetica perfezione del suo Ranger.
«Resterete a lungo?»
Lei non riuscì a scorgere il volto dell’uomo attraverso la visiera schermata del casco, e si augurò che la sua la nascondesse altrettanto bene. «Non più del necessario.»
«Bene. Il vostro livello di radiazioni esterne è medio-alto. È pericoloso per le piante.»
Betha guardò il suolo pietroso e scolorito, domandandosi se l’uomo non si stesse prendendo gioco di lei. Rise forzatamente.
«Voi siete quelli di Lansing?» Alle spalle dell’uomo altre otto o dieci figure si fecero avanti, tenendo in mano dei grossi congegni che la donna riconobbe come cineprese.
«Perché siete venuti qui?»
«È vero che…»
«Credevo che nella Cintura Principale non ci fosse più nulla di vivo.»
Betha posò la cassettina che conteneva Rusty, afferrandosi meglio al cavo d’ormeggio; le loro voci risuonavano assordanti dentro il casco. «Vogliamo acquistare dell’idrogeno dalla vostra distilleria.» Tornò a guardare il primo individuo. «Spero che non dovremo andare a piedi sull’altro lato.»
Questa volta fu lui a ridere. «No, se siete clienti che pagano.»
Betha si accorse che era armato.
«… ho sentito dire che voi della Cintura Principale rubate e imbrogliate abbastanza» ripresero le voci. «Avete davvero qualcosa da offrire in cambio della nave?»
«Come mai una donna occupa una posizione del genere? Lei è sterile?»
«Cosa c’è nella cassetta?»
L’avevano circondata come lupi e lei si ritrasse, spaventata. «Io non…»
«Questi sono fatti nostri, gente» intervenne improvvisamente Shadow Jack. «Non siamo qui per ricevere elemosine, e non ci interessano le vostre carabattole.» Anche lui si accorse della manica rigida della guardia. «Allora, come facciamo a raggiungere la distilleria?»
Betha serrò le mascelle, mentre la guardia alzava le mani.
«D’accordo; voialtri pubblicitari toglietevi dalle loro spalle. Riprendete la nave; non sono venuti da Lansing per posare per voi. E ricordatevi di menzionare la Affitti Ancoraggi di Mecca… Senza rancore, collega. Seguite il cavo fino alla teleferica; c’è un carrello che vi aspetta. Benvenuti su Mecca.»
«Dimmi, è vero che…»
Shadow Jack scivolò oltre il cavo e si fece strada in mezzo ai rappresentanti dei mezzi di comunicazione. Betha lo seguì muovendosi con forzata indifferenza. «Grazie… amico» disse.
La guardia fece un cenno col capo, o forse si inchinò, e altrettanto fece Shadow Jack.
«Cristo, chi era quella gente?» Lei guardò da sopra la sua spalla mentre salivano a bordo del vagoncino da trasporto per il servizio a terra; dietro di loro qualcuno richiuse lo sportello. Udì Shadow Jack mormorare: «Incredibile.» Vide che nell’abitacolo c’erano altre due persone, e desiderò che non ci fosse nessuno; ma in mancanza di meglio, si disse che due non erano poi tanti, e per di più non avevano macchine fotografiche. Davanti a lei, attraverso la cupola di plastica, il tracciato monorotaia sottile come un filamento si perdeva nella sterile distesa luminosa. Oltre la piattaforma sulla sua destra vide ciò che sembrava un portello circolare ricavato nella superficie rocciosa, sopra il quale c’era una scritta: COOPERATIVA IDROPONICA. Allora si rese conto che la guardia non aveva scherzato per nulla; quel pezzo di nuda pietra che era Mecca costituiva un mondo autosufficiente, costellato di tubi e cavità che alimentavano tutti i processi vitali. Troppe radiazioni nuocevano alle piante…
I suoi pensieri si confusero e si riformarono quando una leggera forza d’inerzia la premette contro il sedile. Rusty soffiava e grattava dentro la cassettina, facendo risuonare nel suo casco un rumore simile a una scarica di elettricità statica; Betha ricordò all’improvviso, dolorosamente, la loro destinazione e il loro obbiettivo. E ricordò anche che solo Eric avrebbe potuto aiutarla… ma Eric non c’era più. «Tutto questo è stato costruito prima della guerra?» Fissò la visiera a specchio di Shadow Jack, desiderosa di ricevere una risposta.
«Sì.» La voce nel casco era quella di uno straniero.
La donna trasalì, e Shadow Jack fece lo stesso. Entrambi si voltarono per guardare gli altri due occupanti della vettura; uno di essi, con le lunghe gambe protese in avanti quasi senza volerlo, si portò una mano sulla visiera. «Eric…!» Anche la mano di Betha salì al casco e rimase lì immobile, come senza peso.
Capelli neri e ricci, un volto magro, pensoso; l’inatteso sorriso simile a quello d’un ragazzo; gli occhi azzurri che rivelavano la sorpresa… occhi color ambra… non Eric, no… Eric è morto. Betha riabbassò la mano tremante, lasciando opaca la sua visiera. «Mi… mi dispiace. Io credevo… mi sembrava che lei fosse qualcuno che conoscevo.»
L’uomo sorrise di nuovo, educatamente. «Io non credo.»
«Voi siete quelli che vengono da Lansing per commerciare.» La seconda voce era secca e stridente. «Hanno detto che il carrello vi sta aspettando.»
Betha ammiccò, non vista, e osservò l’individuo più basso e tarchiato, domandandosi se sarebbe mai riuscita a vedere un Cinturano grasso. Pur con il suo metro e settantacinque, lei si sentiva stranamente bassa. Il secondo passeggero, una donna, schiarì la visiera rivelando il volto di una persona di mezza età con la pelle bruna, i capelli tendenti al grigio e gli occhi di un color giaietto scintillante.
«Sì, siamo noi.» Betha mantenne opaco il vetro della visiera per nascondere il suo pallore; sentì Shadow Jack che si agitava nervosamente accanto a lei.
«Siete i primi della Cintura Principale che io abbia mai visto. Come vanno le cose laggiù? È bello sapere che non siete tutti…»
Rusty emise un commovente miagolio di disperazione, e Betha sussultò quando il suono le ferì gli orecchi.
«Buon Dio, cos’è stato?» Le mani guantate della donna si portarono agli orecchi protetti dal casco.
«Spettri» rispose Shadow Jack, «di Cinturiani morti.»
Il volto della donna rivelò un confuso sgomento. Betha fissò l’uomo, e lo vide sorridere e aggrottare la fronte nello stesso tempo; parve quasi che i suoi occhi incontrassero quelli di lei anche aldilà della visiera opaca. «Mai sentito un rumore simile. Forse siamo passati sopra un cavo elettrico.» Betha si rese conto che non solo il gatto, ma anche la stessa trasmittente della cassettina doveva ormai costituire, su Paradiso, un’assoluta novità.