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Qualcuno sbucò da una porta pneumatica accanto a lei, afferrò uno dei lembi della porta stessa e fissò Betha con un’espressione di genuina incredulità.

Imbarazzata, la donna si strofinò il viso non lavato. «Noi vorremmo trattare per un carico di idrogeno. Può dirci a chi dobbiamo rivolgerci?»

L’estraneo rivolse loro un’espressione di circostanza. «Ma certo. In fondo al corridoio c’è l’Ufficio Acquisti. E grazie per avere scelto la Tiriki.» Abbassò la testa con gesto formale e li oltrepassò, risalendo da parete a parete come un nuotatore nella luce verdastra. Betha e Shadow Jack continuarono a scendere nell’abisso.

«Guarda questo straccio.» Udirono la voce prima di raggiungere la porta successiva. «Cosa ne sanno? Non ne sanno un bel niente.»

«No, Esrom.»

Betha aprì i due lembi della porta e tutti e due proseguirono il cammino, esibendo sorrisi rigidi per la tensione.

«Io stesso potrei fare di meglio. Ecco cosa dovremmo fare: farcelo da soli. Dovremmo assumere qualche pubblicitario e tirar fuori il nostro giornale…»

«Sì, Esrom.»

«… dire la nostra. Guarda qui, Sia, “monopolistico”…»

La donna dalla pelle dorata, di una bellezza eterea, che si trovava dietro lo sportello li guardò sollevando le sopracciglia arcuate. L’uomo dalla pelle dorata, singolarmente bello, aveva in mano un giornale e si girò verso di loro. Fratello e sorella, pensò Betha, e… impeccabili. Indossavano abiti color verde delicato, con sfumature che ricordavano la trasparenza del mare: la dorma aveva una lunga gonna ricamata, l’uomo una giacca altrettanto decorata, con merletti sulle maniche. Immaginando come dovevano apparire ai loro occhi, Betha si ravviò i capelli.

Ma l’uomo disse: «Sia, hai mai visto qualcosa del genere? Guarda quella pelle, e quei capelli, insieme…» I suoi occhi neri scivolarono lungo la tuta di lei, la identificarono, poi tornarono a fissarla in volto. «È stata nello spazio.» L’interesse sfumò nella delusione.

La donna lo toccò sul braccio. «Esrom, ti prego!» Poi rivolse ai due nuovi venuti un sorriso incantevole. «Cosa possiamo fare per voi?» Frenò un poco il suo sinuoso fluttuare: i lunghi capelli neri le ricadevano in parte sulla schiena, in parte erano raccolti in trecce sotto il berretto a punta.

«Vorremmo acquistare un carico di idrogeno.» Betha si sentì arrossire violentemente mentre i due la fissavano incantati, e cercò di nascondere il suo fastidio. «Mille tonnellate.»

«Capisco.» L’uomo annuì lentamente, o forse si inchinò, dando l’impressione di una vaga sorpresa. Allungò una mano e prese un blocco per appunti fissato a una catena. «Volete che ve lo inviamo noi?»

«No, possiamo portarlo da soli.»

«Da dove venite?» La voce della donna era fragile come il suo volto, ma senza la minima sfumatura di dolcezza.

«Lansing.» Shadow Jack sorrise, alto e magro e spontaneo, con un occhio azzurro e l’altro verde.

«La Cintura Principale!» Fratello e sorella tornarono nuovamente a guardarli; in silenzio, stavolta, con una specie di reverente e morboso timore. Sullo schermo alle loro spalle apparve una trasmissione, immagini alternate a caratteri stampati. «È un bel viaggio» commentò tranquillamente l’uomo. «Ci avete messo molto tempo?»

«Parecchio.» Betha indicò il suo viso, e quello del suo compagno, tirati e sporchi, e non ebbe bisogno di fingere per conferire alla sua voce una nota di stridente stanchezza. «E il ritorno a casa richiederà ancora più tempo. Gradiremmo sistemare questa faccenda con la massima sollecitudine.»

«Ma certo.» L’,uomo esitò. «Cosa… ehm, cosa intendete offrire in cambio? Noi non possiamo accettare tutto; abbiamo dei limiti, lo capite…»

La carità comincia in casa propria. Betha vide che il rigido sorriso di Shadow Jack diventava una specie di smorfia, mentre lei cominciava a sfilarsi i guanti. Ma chi sono io per biasimarli per questo? Posò la cassettina di Rusty sulla parte superiore del bancone metallico, e ne sbloccò il coperchio; un sibilo indicò che la pressione dell’aria all’interno si equiparava a quella esterna. La testa chiazzata di Rusty spuntò dal contenitore, le pupille nere e dilatate per l’eccitazione, che lanciavano bagliori verdastri nella luce. Il suo naso ebbe un fremito, poi il gatto si dimenò e uscì fuori, librandosi nell’aria come una piuma portata dal vento. Betha udì il sussulto soffocato della donna e lasciò andare la cassetta, che si mise a fluttuare anch’essa. «Prendereste un gatto?»

«Un animale» mormorò la donna. «Non credevo che ne avrei mai visto uno…» Timidamente protese una mano. Betha diede un colpetto a Rusty per tranquillizzarlo, e lo spinse verso di loro. Rusty urtò delicatamente contro le palme delle mani di lei, le annusò con circospezione, poi si mise a fare le fusa tutto compiaciuto contro il morbido tessuto della sua manica.

«Credo che siate venuti nel posto giusto.» Le mani affusolate dell’uomo tremavano. «Papà vi darebbe l’intera distilleria in cambio di quell’animale.» Rise. «Però vi farebbe pagare la spedizione fino alla Cintura Principale.»

«Sono rimasti molti animali su Lansing?»

«No.» Betha sorrise, un sorriso forzato. «Un carico di idrogeno andrà bene.»

«Abbiamo dei giardini» disse Shadow Jack. «Lansing è solo un mondo protetto da una tenda, ma una volta era la capitale di tutta la Cintura di Paradiso.» Sollevò la testa.

«Certo» disse l’uomo. «Giusto, lo era. Ho visto delle fotografie. Magnifiche…»

Rusty si liberò dall’abbraccio della donna e cominciò a infilare le unghie nei buchi di un contenitore reticolare per i documenti. I documenti danzarono, e la bestiola fece le fusa, contenta di trovarsi al centro dell’attenzione. Lo sguardo di Betha fu attratto dall’immagine che veniva proiettata sulla parete; s’irrigidì nel vedere il suo stesso volto sullo schermo, e si rese conto che non si trattava delle immagini riprese al loro arrivo su Mecca. Facendo uno sforzo di volontà, distolse lo sguardo e allungò una mano per accarezzare Rusty sotto il mento.

L’uomo se ne accorse, e a sua volta alzò gli occhi verso lo schermo. Di nuovo Betha tornò a guardare e vide che la sua immagine svaniva tra i caratteri stampati. L’uomo la fissò sconcertato, poi scosse la testa sorridendo educatamente. «Non faccia caso allo schermo. A noi piace avere notizie da ogni parte, per vedere quello che fa la concorrenza. Comunque sono tutte chiacchiere… i pubblicitari dicono ciò che sono pagati per dire.» Indicò il giornale che pian piano si stava trasformando in un mucchietto sopra il bancone. Rusty vi si avventò sopra di scatto e ne fece brandelli che volarono per l’aria.

«Vieni, piccolo, non farti male» mormorò la donna, e strinse le mani senza troppa convinzione.

«Non gli succederà niente» disse Betha, sollevata ma ancora piuttosto nervosa.

La donna le rivolse un’occhiata di disapprovazione.

«Le dispiace se diamo un’occhiata alla sua nave?»

Betha guardò l’altro. «No… ma si trova sull’altra faccia dell’asteroide.»

Lui annuì. «Semplicissimo.» Sotto lo schermo della parete c’era un piccolo quadro comandi, verso il quale l’uomo si diresse. «Qual è la vostra designazione?»