«Lansing 04.»
Lui regolò i comandi e i rapporti informativi scomparvero. «Lansing 04…» Betha vide apparire la loro nave, un’immagine che spiccava in modo accecante contro lo sfondo bruciato dal sole. «Mi chiedo se è possibile che voi trasportiate mille tonnellate di carico con un’astronave di quelle dimensioni. Quanto stazza?»
«Venti tonnellate, escluso carico e massa di reazione.»
«Vogliamo essere sicuri, capisce.» Sollevò lo sguardo. «In ogni caso, vi ci vorranno un bel po’ di megasecondi, per tornare su Lansing.»
Betha lo fissò, cercando di cogliere qualche segno di disagio, ma vide soltanto la sua disinvolta sollecitudine. «Ce la faremo. Dobbiamo farcela.»
«Certo.» I suoi occhi si spostarono da lei a Shadow Jack con una specie di ammirazione, almeno così le sembrò. «Cominceremo subito le operazioni di carico.»
Rusty andò a picchiare contro il bordo del bancone, facendo volar via alcuni fogli, e starnutì sonoramente.
«Ehi, vieni qui.» L’uomo si girò, cercando quasi con disperazione di afferrare il gatto. «Papà ci ucciderebbe se succedesse qualcosa a…» S’interruppe, afferrando al volo un foglio. Betha vide il proprio volto sulla pagina che l’uomo aveva fra le mani; stavolta non scomparve. «… astronave aliena…» Udì Shadow Jack che imprecava a bassa voce. Betha si sentì sollevare in aria, e si afferrò al bordo del bancone fino a farsi dolere le dita.
I due Tiriki tornarono a voltarsi verso di lei. «Siete voi» affermò l’uomo, fissandola a bocca spalancata. «Voi provenite da quell’astronave.»
«E siete venuti da noi.»
Un sorriso involontario si dipinse sui loro volti, quell’espressione di schietta ingordigia che Betha aveva visto in faccia alla donna nella navetta. «Non capisco» disse, ostinata. «Avete visto la nostra nave; noi veniamo dalla Cintura Principale. C’era un mucchio di gente che ci ha fotografato, al campo…»
«Non quella fotografia.» La donna scrollò il capo, facendo increspare i capelli neri. Betha la fissò ricordando, valutando di nuovo la situazione. «È da quando siete penetrati nel sistema, più di un megasecondo fa’, che sentiamo parlare di voi.»
«E non potreste essere arrivati da lì a qui in un megasecondo, con la nave che abbiamo visto.» L’uomo tornò a guardare Shadow Jack. «Voi venite dalla Cintura; forse quella è la vostra nave. Cosa siete, ladri di neve?»
«Non abbiamo intenzione di rubare niente.» Betha afferrò Rusty, stringendolo contro la sua tuta. «Vi abbiamo proposto un affare: questo gatto in cambio di un carico di idrogeno. Da qualsiasi parte veniamo non possediamo nient’altro che possa interessarvi. Concludiamo quest’affare, e lasciateci andare…»
«Mi dispiace.» L’uomo seguì con lo sguardo la spirale di carta. «Temo che a noi possa interessare una nave in grado di recarsi da Discus… alla Cintura Principale… alla Demarchia…» Betha vide che faceva dei rapidi calcoli, «… in un megasecondo e mezzo.»
Stancamente lei si domandò cosa mai avrebbe pensato quell’uomo, se avesse saputo che avevano impiegato solo un terzo di quel tempo. «Allora cosa volete da noi?» Conoscendo la risposta, capì in quel momento che aveva fallito, perché non esisteva un modo per raggiungere Mecca senza essere scoperti.
«Vogliono la sua nave! Andiamocene da qui!» Shadow Jack si lanciò verso la porta, ne spalancò i lembi e s’immobilizzò. Di fronte a lui, in una giacca color rosso vino impeccabilmente ricamata, c’era l’uomo che lavorava per il governo. Perfetto… I suoi occhi si puntarono su Betha e Shadow Jack. Rimase a guardarli sbalordito, e lei capì che questa volta osservava i loro capelli sporchi e scarmigliati, e i loro volti sudici. Non il suo pallore… Betha comprese che il suo viso non costituiva per lui una sorpresa. «Capitano Torgussen» annunciò l’uomo, con un cenno del capo. «E non da Lansing, ovviamente.»
«Lei è avvantaggiato rispetto a me» disse Betha. «Temo di aver dimenticato il suo nome.»
Lui sorrise. Ma tornò a indurirsi quando si girò verso i due fratelli Tiriki, inchinandosi appena. «E cosa vuole fare, allora, la Distillati Tiriki con quell’astronave?» La sua mano incontrò la tuta di Shadow Jack, e lo spinse all’interno della stanza. «Immagino che non stavate scherzando, ragazzi, quando ci avete detto cosa fate per vivere.»
«Chi è lei?» domandò la donna, indignata.
«Wadie Abdhiamal, rappresentante del governo della Demarchia.»
«Governo?» L’uomo fece una faccia strana. «Allora questo affare non la riguarda, Abdhiamal. Si tolga dai piedi prima di finire nei guai.»
«Questo è un discorso da monopolisti, Tiriki. E credo che lei sappia quali idee vi si nascondono dietro. Io sono qui per lavoro… queste persone e la loro astronave sono proprio ciò che sono venuto a cercare su Mecca. Il governo rivendica la nave in nome di tutto il popolo della Demarchia.»
«Le rivendicazioni del suo governo non hanno nessun fondamento, Abdhiamal.» L’uomo osservò la sua immagine riflessa sulla superficie lucida del bancone e si aggiustò il berretto floscio. «Lei sa di non poter accampare diritti su di loro. Li abbiamo visti noi per primi, e ce li teniamo.»
«È la pubblica opinione che mi fa accampare diritti. Nessuno consentirà alla Tiriki di avere il controllo esclusivo di quella nave. Chiederò un pubblico dibattito…»
«Usi pure il mio schermo.» L’uomo lo indicò. «Quando racconteremo alla gente come il governo ha voltato le spalle alla Demarchia pur di impadronirsi di quell’astronave, nessuno vorrà più prestarle ascolto. Lei sarà tagliato fuori da tutto prima ancora di capire cos’è successo.»
«Ma voi sarete tagliati fuori da quell’astronave… e questo è tutto ciò che mi interessa. Convochi il dibattito.»
La donna si diresse verso lo schermo sulla parete.
«Aspettate un solo, maledetto minuto!» Betha si voltò disperata, trafiggendoli tutti con una sola occhiata. «Sessanta secondi (un minuto, nel mondo da cui provengo) per ricordarvi alcune cose che sembra abbiate dimenticato a proposito della mia nave. Primo, è la mia nave. Secondo, soltanto io so dove si trova. E terzo, se credete di potervene impadronire senza la mia totale collaborazione, vi sbagliate di grosso. Il mio equipaggio la distruggerà prima che venga catturata… e distruggerà qualsiasi nave che si avvicini a meno di tremila chilometri di distanza.» Shadow Jack le si affiancò, guardandola con aria interrogativa. Gli altri tacevano, aspettando, mentre la loro frustrazione e la loro avidità le balzavano addosso come lingue di fuoco. «Dunque, pare che vi troviate di fronte a un vicolo cieco. Ma io sono venuta qui per concludere un affare, e ho tutta l’intenzione di concluderlo… dal momento che non ritengo di avere altra scelta. In ogni caso, dubito che ci lascerete andare.»
“Perciò… se ognuno di voi mi spiegherà perché tiene così tanto alla mia nave, io poi vi dirò chi può averla. E non sarebbe male se mi spiegaste anche cosa ci guadagno io…”. «Rusty cominciò a dimenarsi, cercando con le unghie un appiglio sulla tuta liscia. Betha vide che Abdhiamal stava osservando il gatto, e colse sul suo viso uno strano sorriso prima che lui si accorgesse di essere osservato. Abdhiamal non rispose, e Betha ritenne che stesse aspettando una risposta dalla parte opposta.» Allora? «Si voltò; aveva paura di lui, di se stessa, di farsene accorgere.»
I Tiriki parlarono tra loro a bassa voce, e alla fine la guardarono in faccia, bellissimi e determinati. «La sua nave ricostruirebbe la nostra economia… e rivoluzionerebbe tutto il commercio della Demarchia. Da come vanno le cose, non abbiamo tutta la neve che ci occorrerebbe là dove sarebbe facile prenderla; dobbiamo recarci fin sugli Anelli, ed è un bel viaggio, con i razzi a propulsione elettrico-nucleare. E gli Anellani lo rendono ancora più difficile perché sanno che noi non faremmo nulla che possa minacciare la nostra quota di gas. Se possedessimo la sua nave, non dovremmo dipendere da loro. La sua nave farebbe della Demarchia un posto assai migliore per vivere… Lei potrebbe continuare a comandarla, lavorando per noi. La pagheremo bene. Farà parte della compagnia più ricca e potente della Demarchia…»