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«E quando la Demarchia protesterà, quella compagnia farà della sua nave una superarma e assumerà il potere.» Abdhiamal la fissava insistentemente.

Betha sentì le sue palpebre tremolare, e l’immagine dell’uomo si sfocò; allora scosse la testa in un gesto di diniego. «Nessuno userà la mia nave come un’arma. Nemmeno lei, Abdhiamal, se è per questo che la vuole.»

«Il governo la vuole perché non possa diventare un’arma e non causi una nuova guerra civile. Lo sa Dio, se quella vecchia non ci sta ancora uccidendo. Qualcuno deve pur garantire che la nave venga usata per il bene di tutta la Demarchia, e non rivolta contro di noi. La tecnologia che avete a bordo potrebbe essere lo stimolo per far rivivere l’intera Cintura. Potremmo riuscire a duplicare il motore stellare, costruirne uno da soli, ristabilire una forma di comunicazione regolare al di fuori della Demarchia. Voi potreste aiutarci…»

«Non gli dia ascolto!» lo interruppe la donna. «Siamo noi il governo, noi, il popolo. Lui non ha l’autorità per fare niente. Sareste fatti a pezzi da chiunque volesse la vostra astronave. Lui non può proteggervi. Rimanete con noi. Ci prenderemo cura di voi.» Alzò le mani. «Non c’è altro posto in cui possiate recarvi.» Betha sentì la minaccia nascosta dietro quelle parole.

«Si prenderanno cura di noi, certo» mormorò Shadow Jack. La sua mano guantata afferrò il polso di Betha, e lo strinse fino a farle male. «Non accetti, Betha. Mentono tutti. Non può fidarsi di nessuno di loro.»

«Shadow Jack.» Lei si voltò lentamente, la sua mano ancora serrata in quella del ragazzo; lo fissò intensamente, e lui la lasciò andare. Betha vide la rabbia abbandonargli il volto, che rimase vuoto e privo di espressione. «E a proposito dell’idrogeno… per Lansing?»

«Provvederemo noi stessi a mandarglielo, nella quantità che vogliono.»

«E lei?» Betha tornò a guardare Abdhiamal. «È vero che le sue promesse sono ingannevoli?»

«Il governo si preoccupa solo del benessere della Demarchia. Perché non chiediamo alla Demarchia? Convocheremo un dibattito generale, e li metteremo al corrente della situazione. Diremo a tutti dove si trova — ma li ammoniremo anche a tenersene lontani — e diremo ciò che voi ci avete riferito. A questo punto nessuno sarà avvantaggiato. Io dirò ciò che la vostra nave potrebbe significare per tutti loro, per l’intera Cintura. Ognuno potrà intervenire per decidere quale sia l’uso migliore da fare di questa opportunità, visto come era destino che andassero le cose… La Demarchia non ha intenzione di farle alcun male, capitano. Ma abbiamo bisogno del suo aiuto. Ce lo dia, e potrà scegliersi la ricompensa che preferisce.»

«Nient’altro che un biglietto di ritorno per casa.» Shadow Jack cercò il suo volto, ma lei evitò i suoi occhi.

«D’accordo.» Allungò la mano per prendere la cassettina di Rusty, e si costrinse a guardare di nuovo Abdhiamal. «Abdhiamal, voglio fare come lei dice…»

L’uomo sorrise, e Betha non riuscì a capire cosa si nascondeva dietro quel sorriso. Dovette lottare contro il desiderio di fidarsi di lui. «Grazie.» L’uomo si voltò verso i due Tiriki. «Convocate un’assemblea.»

«No. Un momento.» Betha scosse il capo. «Non qui. Voglio trovarmi sulla mia nave, quando farò l’annuncio. Se tutti devono conoscere la sua posizione, qualcuno potrebbe tentare di impadronirsene, qualsiasi cosa io dica. Devo essere là per annullare i miei ordini; adesso non intendo perdere la mia nave, e sono sicura che non lo voglia nessuno di voi, no?» Tornò a guardarlo. «Lei verrà con noi sulla nave; trasmetteremo da lì… In fondo, senza carburante non possiamo fuggire, no?»

«Immagino di no. E immagino anche che lei abbia ragione.» Fece un cenno affermativo con la testa, guardando i due fratelli. «Va bene, accetto le sue condizioni.»

«Vada pure con loro, Abdhiamal.» La voce di Esrom Tiriki aveva un tono beffardo. «Questo ci concederà un bel po’ di tempo per diffondere la notizia; i pubblicitari la faranno a pezzi. Quando convocherà l’assemblea, lei sarà diventato il nemico pubblico numero uno. E a quel punto nessuno le darà più ascolto. Può contarci.» La sua mano picchiò violentemente sul bordo del bancone.

Betha vide il sorriso di Abdhiamal irrigidirsi in una smorfia. «Allora muoviamoci subito.»

Infilò Rusty nella cassettina, malgrado le sue proteste, e richiuse il coperchio con una leggera sensazione di gioia per il sacrificio risparmiato. Avvertì dietro di sé lo scambio di sguardi invidiosi fra i due Tiriki; sorrise debolmente.

«Come fa a sorridere, dopo quello che è successo?» borbottò Shadow Jack, prendendo il casco.

A bassa voce lei rispose: «Non ti avevo detto che c’è sempre un motivo per continuare a sorridere?»

LANSING 04 E RANGER +1,73 MEGASECONDI

(SPAZIO DELLA DEMARCHIA)

Wadie osservava l’astronave che s’ingrandiva sullo schermo nella cabina angusta e maleodorante del Lansing 04. Insieme a essa s’ingrandiva la sua ammirazione… e la sua profonda gratitudine. Quella era l’Astronave che proveniva dallo Spazio Esterno, una nave in grado di attraversare lo spazio interstellare a velocità interstellari, con uno scafo aerodinamico e leggero come seta per proteggersi dal vento corrosivo delle particelle. Non aveva nulla della brutta spigolosità delle navi spaziali che lui aveva sempre visto; era la perfezione pragmatica, e da generazioni non esisteva una nave simile in tutto il sistema di Paradiso. Nel corso del conflitto civile le astronavi prebelliche della Cintura di Paradiso erano state trasformate nelle più letali navi da guerra… ed erano state distrutte, una dopo l’altra, insieme alle esigenze basilari della vita, al delicato equilibrio per la sopravvivenza. Alla fine la Cintura Principale era divenuta un enorme mausoleo, e adesso gli isolati superstiti stavano scomparendo, come chiazze di neve che si scioglie…

Abbassò lo sguardo sulla nuca di Shadow Jack. Gli doleva la testa in modo insopportabile. Tornò a fissare lo schermo, contando i secondi che mancavano al contatto. Anche se non avesse risposto in pieno alle sue aspettative, era pur sempre un porto, una via d’uscita dagli ultimi duecento chilosecondi di soffocante permanenza nella sporcizia di quella bara di rottami metallici. E una via d’uscita anche da quel ragazzo cupo e ostile, e da quella donna piccola e brusca che avrebbe anche potuto essere un uomo, come tutte le altre donne che si avventuravano nello spazio. La osservò mentre accarezzava il gatto al disopra del ronzante quadro comandi, con gli anelli che brillavano sulle sue mani. Abbassò lo sguardo sull’anello d’argento con rubino che portava al pollice, dono di quell’altra donna spaziale e del suo uomo, e si domandò stancamente perché costei si ostinasse a portare tanti anelli, quando era evidente che non si interessava affatto del suo aspetto esteriore.

L’immagine dell’astronave cancellò le stelle; con discrezione, lui usò la sua razione di acqua per pulirsi il volto e le mani.

Non una nave. Wadie fece un balzo all’indietro, quando era già all’interno del portello del Ranger, mentre la sala gli si apriva davanti. Questo è un mondo.

«Questa è la sala comandi.» Il capitano lo seguì, con la gola secca e la voce che sembrava faticare a uscire. Wadie udì Shadow Jack che si liberava rumorosamente dalla tuta a pressione, nel portello alle sue spalle. Inspirò una lunga boccata d’aria fresca, e tossì una volta mentre i suoi polmoni reagivano, colti di sorpresa.

«Salve, Pappy.»