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Lui fissò a sua volta lo schermo. «Questo è Paradiso, in fondo, capitano. I campi di radiazione di Discus sono abbastanza forti, ma non si spingono molto aldilà degli Anelli. È uno dei motivi che ci ha portato a questo sistema… le rocce e le palle di neve intorno a Discus sono accessibili come non lo sono state mai intorno al Vecchio Giove.» I suoi occhi incontrarono quelli di Betha. «Non sembra che le interessi molto se per caso fossimo noi a friggere, eh?»

«Su Mattino abbiamo creato degli schermi efficienti, altrimenti saremmo già fritti da un bel po’ di tempo.» Betha lo ignorò, come ormai faceva sempre, per dedicare la sua attenzione a Bird Alyn, che era sospesa vicino al soffitto proprio sopra di lei. «Bird Alyn, trovami la locale frequenza di trasmissione.» La sua voce era calma.

Bird Alyn annuì, si spinse contro il soffitto e piombò verso il quadro comandi, dove inserì la cuffia nella presa.

«Dov’è Shadow Jack?» domandò Welkin.

Bird Alyn fissò il quadro comandi, mormorando qualcosa di incomprensibile.

«Cosa?»

«…non lo so… detto… no si sentiva di affrontare…» Si strinse nelle spalle. La sala si riempì di elettricità statica quando lei accese la ricevente. Le scariche elettriche si trasformarono improvvisamente in parole, e le parole divennero più chiare quando Bird Alyn regolò la qualità della ricezione. «Qui…»

«Cosa stanno trasmettendo?»

«Stanno parlando con una nave, credo; una cisterna. Ho sentito la parola “idrogeno”…»

«Bene… allora interrompiamoli senza scrupoli.» Il capitano allungò una mano verso il pulsante che li inseriva in trasmissione. «Lei è sicuro che capiranno chi siamo, Abdhiamal?»

«Sicurissimo. Perfino gli Anellani hanno avuto il tempo di spargere la notizia di ciò che è successo a quella nave, ormai. E se la loro propaganda è efficace come al solito, si saranno fatti l’opinione che voi siete dei distruttori. Crederanno alla vostra minaccia.»

«D’accordo.» Betha si umettò le labbra e premette il pulsante. «Nevi-della-Salvezza, Nevi-della-Salvezza, mettetevi in contatto, prego…»

Colui che parlava alzò il tono della voce, irritato; Bird Alyn si scostò la cuffia dall’orecchio.

«Chi è? Toglietevi da questa frequenza! È in arrivo una cisterna a carico misto! Volete…»

La mano del capitano premette il pulsante e interruppe la voce. «Dite loro di tenersi a distanza; abbiamo qualcosa di più importante da comunicare.»

«Chi è?»

«Qui è…» Betha esitò. «… la nave che è stata attaccata dalla vostra marina due megasecondi fa’… la nave che proviene dall’Esterno.» Lasciò il pulsante.

Non giunse risposta.

«Li ha impressionati.» Wadie sorrise senza allegria.

Un’altra voce entrò in trasmissione, una voce a lui stranamente familiare, che ordinò all’invisibile cisterna di immettersi in un’orbita di attesa. Welkin allungò una mano verso il pannello, oltre la spalla di Bird Alyn, e un nuovo segmento dello schermo si animò di una specie di bufera di neve, causata dalle scariche di elettricità statica. «Adesso riceviamo a larga banda.» Batté una sequenza sulla tastiera e all’improvviso lo schermo mostrò una tripla immagine schiacciata. Lui effettuò una correzione e si formò un’immagine singola in bianco e nero. Videro un volto sofferente che li sbirciava da dietro un paio di occhiali con montatura metallica: un uomo di mezza età con una pesante giacca trapuntata e un berretto a maglia fitta. «Adesso anche noi trasmettiamo in modo compatibile» disse Welkin. Il capitano annuì, come se desse per scontata l’abilità dell’altro.

«Cosa volete qui?» La voce familiare si associava a un volto anch’esso familiare, indurito dalla rabbia o dalla paura. Dalla rabbia.… Djem Nakamore era troppo ostinato e dogmatico per riconoscere qualsiasi altro motivo. Wadie si tolse dalla visuale, mentre Nakamore fissava Betha Torgussen.

Anche Betha squadrò Nakamore, dura in volto. «Noi vogliamo mille tonnellate di idrogeno processato; dovrete trasportarlo fino alla nostra nave seguendo la rotta che vi indicherò. Se vi rifiuterete di farlo, io distruggerò la vostra distilleria, e tutti voi morirete.» Sembrava che non facesse la minima fatica a essere così dura; Wadie ne rimase sorpreso.

I due estranei sullo sfondo rivelarono una genuina paura. Nakamore si irrigidì appena, e scivolò fuori centro sullo schermo.

«Non ci distruggerete. Se lo faceste, anche la Demarchia vi inseguirebbe per eliminarvi.»

«Non proveniamo da questo sistema, e voi non rappresentate nulla, per noi. La Demarchia non rappresenta nulla. Io spero che andiate tutti quanti all’inferno per ciò che ci avete fatto; ma Nevi-della-Salvezza ci finirà per primo se non obbedirete ai miei ordini.»

«…dicevano sul serio…» esclamò una voce indistinta sullo sfondo. Nakamore si voltò bruscamente, togliendo l’audio. Parlò agli altri due, che avevano gli occhi ancora puntati sullo schermo, le facce rigide per la tensione, e i cui aliti si ghiacciavano nell’aria gelida ogni volta che dicevano qualcosa. Nakamore tornò a voltarsi verso il pannello, invisibile sotto di lui, e inserì nuovamente l’audio. «Non abbiamo mille tonnellate di idrogeno disponibili. Non ne abbiamo mai così tanto, e poi è appena partita una grossa provvista.»

Wadie scosse la testa. «Non farebbero mai scendere le riserve a livelli così bassi. Ne producono circa tremila tonnellate per megasecondo, e ne tengono da parte almeno quattro volte tante nel caso che la distilleria sospenda la produzione per riparazioni.»

Il capitano si girò a guardarlo, togliendo a sua volta l’audio. «Lei è così addentro ai loro sistemi?»

Wadie annuì. «Gleil’ho detto… sono stato laggiù quasi cinque milioni di secondi. Ero presente mentre mettevano insieme quella distilleria e l’ho vista entrare in funzione. So quanto può rendere. E conosco quell’uomo…» Ricordò il volto di Djem Nakamore, la testa calva arrossata dalla luce di una primitiva stufa a metano; rammentò il viso divertito del fratellastro di Djem, Raul, che si trovava là in visita. Udì il sibilo dell’acqua che, sgocciolando dal soffitto, cadeva sulla superficie oleosa della stufa e si trasformava in vapore, mentre Djem rifletteva sulla mossa successiva, penosamente prevedibile, che gli avrebbe fatto perdere la sua centesima (o forse millesima) partita a scacchi con Wadie Abdhiamal. Cocciuto, didattico e privo di immaginazione… onesto, schietto e attaccato al dovere. Niente a che fare — come gli aveva detto spesso e senza rancore lo stesso Djem — con la mente agile e tortuosa di Wadie… eppure troppo ostinato per non cercare con insistenza la vittoria. Wadie, aggiustandosi le falde copriorecchi del suo cappello pesante, aveva allungato una mano per effettuare la sua mossa: scacco matto… «Conosco quell’uomo. Lo incalzi; non è… abbastanza contorto da capire se lei sta bluffando. E farà qualsiasi cosa pur di salvare quella distilleria.» Si rese conto all’improvviso che avrebbe potuto essere Raul a fronteggiarli, invece del fratellastro, e fu ben lieto che non fosse così, per il bene di tutti loro. Mentre parlava distolse lo sguardo dall’immagine luminosa sullo schermo e dagli occhi di Betha Torgussen.

Il capitano aggrottò appena la fronte, poi tornò a rivolgersi a Nakamore. «Non accetto. Lei ha venticinquemila secondi per procurarci l’idrogeno, altrimenti la distilleria verrà distrutta.»

«È impossibile! Ci vorrebbero almeno centomila secondi.»

«Mente» disse a bassa voce Wadie, scuotendo nuovamente la testa. «Sta cercando di prendere tempo; l’Armonia Centrale tiene un gran numero di unità navali in questa zona di spazio, e lui spera che qualcuna di esse faccia in tempo a capitare qui.»