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Dall’altoparlante giunse una nuova voce. «Astronave proveniente dall’Esterno! Qui è Mano Nakamore della Grande Armonia. Mantenete la presente orbita. Non attivate la propulsione o verrà aperto il fuoco su di voi. Una delle mie navi vi si avvicinerà per abbordarvi.» Betha guardò in basso verso la montagna senz’aria, e vide tre massicci vascelli Anellani, ciascuno poco più d’una massa di serbatoi per il propellente circondata da un minuscolo modulo per l’equipaggio. Infine vide che uno di essi cominciava a salire, sollevando in superficie nuvole di terriccio con il suo invisibile risucchio d’aria. Intrappolati.… Betha strinse le mani a pugno sui fianchi. Il Ranger poteva raggiungere, al massimo, una gravità; e ora, con il carico fissato allo scafo, arrivava appena a un quarto. I razzi a propellente chimico degli Anellani potevano raggiungere parecchie gravità per ben più del tempo necessario ad avvicinarsi al Ranger.

I secondi trascorsero, mentre la nave Anellana si sollevava lentamente, quasi insolentemente, verso di loro. I minuti passarono… e con loro l’ultima speranza del Ranger di evitare anche la flotta della Demarchia. Cristo, perché dobbiamo perdere proprio adesso che ce l’abbiamo quasi fatta!

Wadie agganciò un piede alla sbarra sotto il quadro comandi, ancorandosi. «Betha, quello che ha parlato alla radio era il fratellastro di Djem Nakamore, Raul. È una Mano dell’Armonia, un ufficiale della loro marina. Un ufficiale di alto rango. Lasci che gli parli io. Probabilmente sa quello che ho fatto su Nevi-della-Salvezza, ma una volta eravamo amici.»

«È meglio aspettare, Abdhiamal» disse piano Clewell. «Abbiamo un’altra compagnia, una lunghezza d’onda ancora più sofisticata.» Toccò un interruttore e un altro segmento dello schermo si illuminò.

«Lije MacWong» affermò Wadie, e Betha vide il suo corpo irrigidirsi, perdendo l’abituale eleganza.

«Capitano Torgussen: se riceve la mia voce, deve rendersi conto che la Demarchia ha inseguito la sua nave. La differenza di velocità e di distanza fra noi non è così grande da impedirci di colpirvi con i nostri missili; non tenti di lasciare lo spazio di Lansing.» Dietro il volto soddisfatto di MacWong Betha riuscì a scorgere una sala comando larga la metà di quella del Ranger e un ufficiale in giacca color giallo oro. Più indietro ancora vide delle telecamere puntate sullo schermo, e un gruppo di demarchi simili a pupazzi di legno dai colori brillanti: rappresentanti delle compagnie che sorvegliavano i loro interessi. Nel riconoscere Esrom Tiriki, lei serrò involontariamente le labbra.

Fece cenno a Clewell di trasmettere. «La sento, MacWong. E sono davvero colpita. Lei ha fatto tutta questa strada solo per distruggere la mia nave? Adesso non può catturarci; tutto ciò che può fare è distruggerci in fase di passaggio…» Esitò. I vivacissimi occhi azzurri di MacWong la fissavano dallo schermo senza vederla. Indispettita, Betha si rese conto che, anche se si stavano avvicinando alla velocità di ottocento chilometri al secondo, le navi della Demarchia erano ancora lontane milioni di chilometri; la stessa luce impiegava mezzo minuto per superare quella distanza.

Alla fine MacWong reagì, e guardò Wadie alle sue spalle. Per un istante lei scorse un’espressione di scusa e di rimpianto, ma dopo un attimo vide solo il trionfo. «Al contrario, capitano Torgussen. Noi non abbiamo nessuna intenzione di distruggere la sua astronave… se obbedirà alle nostre istruzioni. Le nostre navi passeranno in prossimità della sua fra circa quattromila secondi. Lei ha esattamente questo tempo per smantellare e disattivare la sua propulsione. Se per allora non avrà esaurientemente dimostrato che la sua nave rimarrà immobile in attesa del nostro ritorno, sarà aperto il fuoco su di voi e verrete distrutti. Il popolo vuole la sua nave intatta, capitano, ma se non può averla non permetterà certo che se ne impadronisca qualcun altro.»

Betha si ritrasse, tendendo le braccia verso il pannello. «Wadie… non è affatto uno sciocco.» Il Ranger si trovava nel bel mezzo di una tenaglia; e ciascuno dei due bracci della tenaglia ignorava la presenza dell’altro. Quando essa si fosse stretta sulla sua nave, inevitabilmente si sarebbero distrutti l’un l’altro. Betha mollò il pannello, costringendosi a un sorriso. «Allora penso che abbia un problema anche lei, MacWong. Noi ce ne saremmo già andati prima del suo arrivo, se non ci fosse qualcun altro che ci trattiene qui… Mano Nakamore, sono certa che lei ci ascolta. Le dispiacerebbe fare un commento?» Attese, assaporando l’amarezza di un’inutile soddisfazione.

Clewell borbottò: «Gli Anellani stanno trasmettendo solo via video, per non essere superati…» Una nuova porzione dello schermo si illuminò, mostrando un’immagine in bianco e nero. La sala comandi degli Anellani era piccola, e i suoi occupanti erano legati a sedili imbottiti ingombri di strumenti: un’immagine dei primi tempi del volo spaziale. Un Cinturano tarchiato che indossava un casco con il distintivo degli Anelli Discani era seduto vicino alla telecamera, il volto truce dietro una barbetta corta e ispida. «Qui è Mano Nakamore della Grande Armonia. Le mie forze hanno catturato l’astronave aliena, e se essa tenterà di obbedire alle vostre richieste, la distruggeremo. Abbiamo a disposizione parecchie bombe a fusione del periodo prebellico. Se proverete a strapparci quella nave non esiteremo a distruggere anche voi.»

Betha guardò Wadie con aria interrogativa.

«Può benissimo possedere quelle bombe; possono averle recuperate.» Wadie studiò le spirali ricamate della sua giacca. «Se riuscisse ad allinearsi alla rotta di MacWong non avrebbe nemmeno bisogno di essere troppo preciso, anche se quelli della Demarchia impiegherebbero un megasecondo per morire di avvelenamento da radiazioni. Cose del genere sono accadute durante la guerra: equipaggi di uomini già morti che combattevano la loro ultima battaglia. È per questo che ci sono rimaste tre navi a fusione intatte…» Sollevò gli occhi. «Nakamore non consentirà mai alla Demarchia di impadronirsi del Ranger, anche se ciò significasse la sua morte.»

Betha colse l’espressione costernata di MacWong alla vista di Nakamore, e l’evidente incredulità sul viso rubicondo del primo ufficiale e su quello di Esrom Tiriki. Vide la costernazione trasformarsi in odio e desiderio di sfida, e udì l’irosa risposta di MacWong.

«E così noi tutti dobbiamo morire, e anche loro… e anche Paradiso.» La sua voce crebbe di tono. «E per cosa? Tutto questo è follia…»

«Non crede che lo sappiano?» Wadie le si avvicinò, quasi sfiorandola di nuovo. «Lo sanno bene come noi. Ma come noi sono bloccati qui; tutto quello che è successo nel corso degli ultimi due gigasecondi e mezzo dalla fine della guerra, tutta la frustrazione e la paura, hanno portato a questo… doveva finire così. Lo dice anche la sua canzone… “Nessuno ha mai cambiato un mondo”.»

Lei si ritrasse. «È il popolo che deve volere il cambiamento! Non doveva finire così. Se avessero potuto vedere che c’era ancora un futuro… E potrebbe ancora essercene uno, ma non lo vede neanche lei; non vuole vederlo. Aveva ragione: è la morte che volete… Il suicidio è l’estremo egoismo, e io non ho mai visto un popolo più ansioso di suicidarsi.» Staccò la cintura di sicurezza e si alzò di scatto, allontanandosi da lui; il movimento improvviso le causò una fitta dolorosa. «Ve lo meritate, dannazione a voi!»

Lui la prese per il polso. Furiosa, Betha vide Shadow Jack farsi di lato e guardarla con occhi sgranati; poi Wadie la riportò davanti allo schermo. «MacWong, Raul, sono Abdhiamal. Voglio parlarvi.»