Anche gli altri avevano dei lavori da svolgere. Hostetter trascorreva lunghe ore con Sherman, svolgendo il lavoro per il quale, apparentemente, era ritornato a casa… dando i consigli più opportuni, grazie all’esperienza ottenuta dai molti anni di attività nel mondo esterno, per rendere più snello e produttivo e funzionale il lavoro di commercio esterno. Era un Hostetter diverso, come aspetto, con la barba curata, corta, e i capelli tagliati, e senza l’abito dei Nuovi Mennoniti. Len aveva fatto questo molto, molto tempo prima, e così non riuscì a comprendere per quale motivo la differenza su Hostetter gli sembrasse sbagliata, ingiusta… ma era così. Forse era semplicemente perché lui era cresciuto con un’immagine di Hostetter saldamente impressa nella sua mente, ed era difficile, molto difficile cambiarla. Dividevano ancora la stessa camera, ma ciascuno aveva il proprio lavoro, e Hostetter aveva le sue amicizie, e quasi tutto il tempo libero di Len era assorbito da Joan. Dopo qualche tempo, cominciò ad avere la sensazione che i Wepplo fossero ormai sicuri del loro matrimonio, e attendessero l’annuncio da un giorno all’altro. Questo lo fece sentire colpevole, ogni volta che andava a casa loro, ricordando quello che Joan aveva detto, ma il senso di colpa non era abbastanza forte da tenerlo lontano da quella casa.
«Sono tutte chiacchiere di ragazza,» si diceva, a volte. «Come quelle di Amity, quando mi provocava e mi baciava mentre in realtà voleva Esaù. Le ragazze non sanno quello che cercano. Lei ha un’idea del mondo esterno che è simile a quella che io avevo di questo posto, ma se vi andasse non le piacerebbe certo».
E così le spiegava per quale motivo il mondo esterno non le sarebbe piaciuto, glielo diceva mille e mille volte, con mille e mille parole diverse, le descriveva tante cose sulla grande, quieta, sonnolenta campagna, e sulla gente, e sulla vita che si viveva là. Parlava e parlava, per farle comprendere, e alla fine veniva preso da una nostalgia così intensa che era costretto a fermarsi, e lei si voltava, per nascondere la soddisfazione che s’insinuava nel suo sguardo.
Inoltre, era una pazzia, una pazzia pura, quella di parlare di un modo per uscire dalla gola. Non esisteva alcun modo. Le rocce erano troppo ripide per poter essere scalate, lo stretto corso del torrente era troppo accidentato e traditore, con cascate e frane e cadute di rocce, e oltre a quelle strade c’era ben poco d’altro. Il luogo era stato scelto con cura, e lungimiranza, e non era cambiato minimamente in un secolo. Gli occhi di Bartorstown vegliavano, le orecchie ascoltavano, e la morte nascosta era sempre pronta a colpire in quel basso passo tortuoso. C’era anche una questione personale. Len sapeva, senza che nessuno gliel’avesse mai detto, che ogni suo movimento era notato con cura da qualcuno, e riferito esattamente a Sherman. Il problema di trovare Bartorstown sarebbe stato semplicissimo, in confronto a quello di uscirne. Eppure lei sembrava così sicura, come se avesse già fatto un piano perfetto, come se tutto fosse già stato previsto. Questo lo tormentava, lo rendeva curioso, e si chiedeva cosa fosse quel piano… solo per curiosità, naturalmente. Ma non glielo chiese, e lei non gli disse nulla, neppure il più vago degli indizi.
Per tutti, quel periodo era noioso e lento, e non potendo fare altro, tutti si occupavano delle cose dei vicini, osservavano troppo attentamente i fatti degli altri, e se ne preoccupavano troppo, e, soprattutto, ne parlavano troppo. Prima di Natale, erano cominciate le voci sul conto di Gutierrez. Povero Julio, certo che l’ultima delusione l’ha presa molto, molto male. Be’, in fondo era il lavoro di tutta la sua vita… sapete come vanno queste cose. Oh, sicuro, ma tutti hanno delle delusioni, e non si mettono a bere a quel modo, non potrebbe tentare di riprendersi, e ricominciare? Suppongo che un uomo possa stancarsi, perdere coraggio. Dopotutto, una vita intera… Avete sentito che l’hanno trovato privo di sensi nella neve, in un fosso dietro la casa di Sawyer? È un miracolo che non sia morto assiderato. La sua povera moglie, mi dispiace per lei. Per lui, no… un uomo della sua età dovrebbe sapere bene che la vita non è tutta rose e fiori per nessuno. Ho sentito che tormenta il povero Frank Erdmann… lo fa quasi impazzire. Ho sentito dire che…
Ho sentito. Tutti avevano sentito, e quasi tutti parlavano. Parlavano anche di altre persone e di altre cose, naturalmente, ma Gutierrez era l’avvenimento dell’inverno, e presto o tardi ogni conversazione finiva su quell’argomento. Len lo vide, di quando in quando. Certe volte era completamente ubriaco, un uomo anziano che barcollava con rigida dignità lungo un sentiero nevoso, con il volto scuro per un buio interiore, sopra la barbetta bianca e curata. Altre volte non pareva ubriaco, bensì immerso in un sogno, come se la sua mente fosse partita lungo qualche sentiero nebbioso, alla ricerca di una speranza perduta. Solo una volta Len poté parlargli, e fu soltanto lui a parlare, perché Gutierrez si limitò ad assentire e a passare oltre, con occhi vacui, che parevano non averlo riconosciuto. Di notte c’era sempre una lampada accesa in una certa camera della casa di Gutierrez, e Gutierrez sedeva davanti a essa, a una tavola a portata di mano, lavorava e beveva, fino a cadere addormentato sulle sue annotazioni, e allora sua moglie entrava nella stanza e lo aiutava ad andare a letto. Coloro che passavano di là durante la notte potevano assistere a questo rituale attraverso la finestra, e Len sapeva che la storia era vera perché anche lui aveva visto; Gutierrez, che lavorava su una massa di fogli, molto paziente, molto attento, con la grossa tazza accanto al gomito.
Venne il Natale, e dopo la chiesa ci fu un gran pranzo a casa degli Wepplo. Il tempo era bello e sereno. Dopo mezzogiorno la temperatura arrivò allo zero, e tutti dissero che era caldo, e che si trattava veramente di un buon Natale. Ci furono delle feste in tutta Fall Creek, con tanta gente che andava di casa in casa, calpestando la bianca neve farinosa, e di notte tutte le lampade rimasero accese, rischiarando l’oscurità e riflettendosi sulla neve, un chiarore giallo e gioioso che pervadeva ogni cosa. L’eccitazione della festa risvegliò la passione di Joan, e quando furono in strada per andare a casa di amici, lei lo prese per mano e lo condusse dietro una macchia d’alberi, al buio, e per diversi minuti dimenticarono il freddo, tenendosi abbracciati e mescolando i loro respiri in un alone di nebbia che si ghiacciava intorno alle loro teste.
«Mi ami?»
La baciò così forte da farle male, con la mano nei suoi capelli, sotto il berretto di lana.
«Come ti sembra?»
«Len. Oh, Len, se mi ami, se mi ami davvero…»
Improvvisamente s’irrigidì, aggrappandosi ancor più forte a lui, parlando precipitosa ed eccitata.
«Portami via di qua. Perderò la testa se dovrò stare ancora qui rinchiusa. Se non fossi una ragazza, sarei già andata via da sola, da molto, molto tempo, ma ho bisogno di te per andarmene. Len, ti adorerei per tutto il resto della vita».
Si ritrasse da lei, allora, lentamente, con cautela, come un uomo si ritira dall’orlo delle sabbie mobili.
«No».
«Perché, Len? Perché passare tutta la vita in questo buco, per qualcosa che non avevi mai sentito nominare prima? Bartorstown per te non è altro che un sogno, un sogno che hai avuto quando eri ragazzo».
«No,» ripeté, con forza. «Te l’ho già detto. Lasciami stare».
Fece per allontanarsi, ma lei si avvicinò correndo sulla neve, venne davanti a lui, non lo lasciò passare.
«Ti hanno riempito di tutte quelle belle storie sul futuro del mondo, vero? Le ho sentite da quando sono nata. Il fardello da portare, il sacro impegno». Vedeva il suo viso nel freddo, pallido riverbero della neve, sconvolto dall’ira che lei aveva serbato e nascosto per molto tempo, ma che ora fluiva libera dai recessi della sua mente. «Io non ho costruito le bombe, e non le ho lanciate, e non sarò qui, tra cento anni, a vedere se lo rifaranno oppure no. Così, perché dovrei avere un debito? Perché dovrei avere un impegno, sacro o no? E perché tu dovresti averlo, Len Colter? Rispondimi».