«Cosa è successo?» domandò suo padre.
Hostetter glielo disse in cinque parole:
«C’è stata una lapidazione».
Papà guardò Esaù e lo zio David, e poi guardò Len, e sospirò.
«Solo molto di rado essi fanno una cosa simile, e doveva essere proprio questa volta. L’avevamo proibito ai ragazzi, ma loro hanno voluto andare ugualmente, e così hanno visto». Disse a Len, «Calma, ragazzo, ora. Calma, è tutto passato». Lo spinse, non senza dolcezza, verso il carro. «Avanti, Lennie, prendi la tua coperta e dormi».
Len s’insinuò sotto il carro, e si avvolse addosso la coperta, e giacque là, immobile. Un senso di oscurità e di debolezza scese su di lui, e il mondo cominciò a scivolare via, portando con sé il ricordo del volto in agonia di Soames. Attraverso il tendone udì che il signor Hostetter diceva:
«Ho cercato di mettere in guardia quell’uomo nel pomeriggio, dicendogli che quei fanatici stavano facendo insinuazioni sul suo conto. L’ho seguito là, stanotte, per dirgli di andarsene. Ma sono giunto troppo tardi, non c’era più niente che io potessi fare».
Lo zio David domandò:
«Era colpevole?»
«Di fare proseliti? Dovreste saperlo meglio di me. Gli uomini di Bartorstown non vanno in giro a fare proseliti».
«Allora veniva da Bartorstown?»
«Soames veniva dalla Virginia. Lo conoscevo come mercante, e come amico».
«Colpevole o no,» disse in tono cupo papà, «È una cosa blasfema, indegna di un cristiano. Ma finché ci saranno dei capi pazzi o astuti, capaci di giocare sulle vecchie paure, una folla come quella diventerà sempre crudele».
«Tutti noi,» rispose Hostetter, «Abbiamo le nostre vecchie paure».
Salì di nuovo a cassetta, e se ne andò. Ma Len si addormentò ancora prima che il rumore delle ruote fosse cessato.
3.
Erano passate tre settimane, meno un giorno o due, e a Piper’s Run era ottobre, e sabato pomeriggio. Len sedeva solo sul gradino della veranda, dietro la fattoria.
Dopo qualche tempo la porta si aprì, dietro di lui, e capì dai passi strascicati e dal tonfo del bastone che stava uscendo la nonna. Ella si appoggiò con una mano ossuta e sorprendentemente forte al suo braccio, e discese i due scalini, e poi sedette, piegandosi come un ramo secco quando si spezza.
«Grazie, grazie,» disse la nonna, e cominciò a sistemare i diversi strati di sottane intorno alle vecchie caviglie.
«Vuoi una coperta?» domandò Len. «O vuoi il tuo scialle?»
«No, fa caldo, al sole».
Len sedette di nuovo accanto a lei. Con le sopracciglia aggrottate e la bocca in giù, sembrava vecchio quasi quanto la nonna, e molto più austero. Lei lo scrutò con attenzione, socchiudendo gli occhi, e Len cominciò a sentirsi inquieto, comprendendo che la nonna era venuta a cercare proprio lui.
«Sei molto pensieroso in questi giorni, Lennie».
«Penso di sì».
«Non sarai risentito, vero? Io odio la gente risentita».
«No, nonna».
«Tuo padre aveva ragione a punirti. Gli hai disobbedito, e adesso sai che te l’aveva proibito per il tuo bene».
Len annuì.
«Lo so».
Papà non era ricorso alla solenne bastonatura che Len aveva previsto. In realtà, era stato molto più gentile di quanto Len avesse potuto mai sognare. Aveva parlato molto seriamente di ciò che Len aveva fatto, e di ciò che aveva visto, e aveva concluso affermando che Len non sarebbe andato alla fiera, l’anno prossimo, e forse neppure l’anno successivo, a meno che, per allora, non avesse dimostrato di essere nuovamente degno di fiducia. Len pensava che papà si era comportato molto bene, ed era stato buono con lui. Lo zio David aveva frustato invece Esaù fino all’ultimo centimetro di pelle. E poiché in quel momento Len pensava che non avrebbe mai più voluto rivedere la fiera, la proibizione non era una punizione vera e propria.
Disse tutte queste cose alla nonna, che sorrise, il suo sorriso vecchio e sdentato, e gli accarezzò il ginocchio.
«Tra un anno la penserai diversamente. Sarà allora che la punizione comincerà a farti soffrire».
«Può darsi».
«Be’, dunque non te la sei presa, e allora deve esserci qualcosa d’altro. Di che si tratta?»
«Di niente».
«Lennie, ho avuto molto a che fare con i ragazzi, e so benissimo che non è naturale che un ragazzo sano come te se ne stia a rimuginare con aria così triste. E in una giornata simile, soprattutto, anche se è sabato!» Sollevò il capo, guardando il cielo di un azzurro profondo, e respirando l’aria dorata, e poi guardò i boschi che racchiudevano la fattoria, vedendoli non come gruppi di singoli alberi, ma come un glorioso disegno di colori dei quali aveva quasi dimenticato i nomi. Sospirò, per metà di piacere, per metà di rimpianto.
«A quanto sembra, questo è l’unico momento nel quale puoi vedere ancora i veri colori, quando gli alberi entrano nell’autunno. Una volta il mondo era pieno di colori. Non ci crederai, Lennie, ma una volta avevo un vestito rosso come quell’albero».
«Dev’essere stato bello». Cercò d’immaginare la nonna come una bambina vestita di rosso, e non vi riuscì, in parte perché non riusciva a immaginarla altro che vecchia, e in parte perché non aveva mai visto nessuno vestito di rosso.
«Era bellissimo,» disse la nonna, lentamente, e sospirò di nuovo.
Restarono così seduti sul gradino, senza parlare, senza guardare nessun punto in particolare. E poi, improvvisamente, la nonna disse:
«Lo so, lo so quello che hai. Stai ancora pensando all’uomo che hanno lapidato».
Len cominciò a tremare un poco. Non voleva, ma non riusciva ad arrestare quel tremito. E improvvisamente esclamò:
«Oh, nonna, è stato… aveva ancora uno stivale in un piede. Era tutto nudo, tranne quello stivale, e aveva un aspetto così strano. E continuavano a tirargli le pietre…»
Se chiudeva gli occhi, rivedeva ancora tutto… il sangue e il terriccio, insieme, sulla pelle bianca dell’uomo, e le mani della gente, che si alzavano e si abbassavano, si alzavano e si abbassavano…
«Perché l’hanno fatto, nonna? Perché?»
«È meglio che lo chiedi a papà».
«Lui ha detto che avevano paura, e che la paura induce la gente stupida a fare cose cattive, e che io dovrei pregare per loro». Len si passò sul naso il dorso della mano, violentemente. «Non pregherò per loro, neppure una parola, tranne che per augurare loro che qualcuno tiri delle pietre contro i loro volti, come hanno fatto a quell’uomo».
«Hai visto soltanto una cosa cattiva,» disse la nonna, scuotendo il capo, lentamente, da una parte e dall’altra, muovendo la bianca cuffia che le copriva i capelli, tenendo gli occhi chiusi e guardando dentro se stessa. «Se avessi visto tutte le cose che ho visto io, sapresti che cosa può fare la paura. Ed io ero più giovane di te, Lennie».
«È stato terribile, vero, nonna?»
«Io sono una donna vecchia, molto, molto vecchia, e mi capita ancora di sognare… C’erano fuochi nel cielo, fiamme rosse, qua e là e là e là». La sua mano sottile puntava verso tre punti distinti nel cielo, in semicerchio, verso occidente, e da sud a nord. «Erano città che bruciavano. Le città dove andavo sempre con mia madre. E la gente veniva di là, e i soldati, e c’erano dei rifugi in tutti i campi, e la gente gremiva le stalle e le case, dovunque trovava posto, e tutto il nostro bestiame veniva macellato per sfamare i profughi… quaranta capi di bellissime mucche. Quelli erano tempi terribili, terribili. È un miracolo se qualcuno è riuscito a sopravvivere».