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«Nessuno mi ama.»

«Eravate sposato.»

«Divorziato.»

«Amici?»

«Sono scappati tutti, come razzi.»

«Non gli avete dato tempo.»

«Di tempo ne hanno avuto fin troppo.»

«No» disse Rawlins. «Ora sto per dirvi qualcosa che vi ferirà davvero, Dick. Mi spiace, ma devo farlo. Le vostre parole mi ricordano i discorsi che sentivo all’università. Cinismo da matricola. Dite che il mondo è disgustoso: male… marcio… schifo dappertutto. Avete scorto la vera natura dell’uomo e non volete avere più niente a che fare con lui! Tutti parlano così, a diciott’anni, ma è una fase transitoria. Superata la crisi, ci accorgiamo che il mondo è un luogo decente, che la gente cerca di fare del suo meglio, che siamo imperfetti, è vero, ma non abominevoli…»

«Un diciottenne non ha il diritto di affermare cose del genere! Io invece parlo per esperienza: ho pagato di persona.»

«Ma perché continuate a ostinarvi? Sembra che vi gloriate della vostra miseria. Liberatevi, scuotetevela di dosso! Tornate sulla Terra con noi e dimenticate il passato. O almeno, perdonate.»

«Non voglio perdonare e non voglio dimenticare.» Muller si rabbuiò. Un tremito di paura lo scosse. E se fosse vero? La guarigione. Lasciare Lemnos? Si sentiva incerto, turbato. Il ragazzo l’aveva colpito nel vivo con quell’accenno al cinismo da matricola. Aveva ragione. Lui, Muller, era davvero un misantropo? Macché, tutta una posa. Ned l’aveva obbligato ad assumerla, e adesso lui si sentiva soffocare nella propria caparbietà. No, non c’era nessuna cura… Ma il ragazzo sembrava sincero. No, mentiva. E perché? Voleva ingannarlo, attirarlo sulla sua nave. E se invece fosse stato vero? Perché non tornare? Muller lo sapeva, il perché. Aveva paura. Paura di rivedere i suoi simili, d’inserirsi di nuovo nella corrente della vita. Nove anni trascorsi su un’isola deserta… Aveva paura.

«Sento che state cambiando idea. Vi leggo nella mente.»

«Davvero?»

«Per modo di dire. Prima eravate amaro e rabbioso, adesso, taciturno e assorto.»

«Nessuno mi ha mai letto nella mente» mormorò Muller.

«E allora, perché fate quella faccia? Pensate alla Terra?»

«Può darsi.» Muller si affrettò a tappare la breccia apertasi nella sua armatura. La sua faccia si rabbuiò di nuovo, e le mascelle s’irrigidirono. Poi si alzò e si avvicinò a Rawlins, mentre il giovane dava segni evidenti di disagio.

«È meglio che torni alla tua archeologia, Ned.»

«Ho ancora un po’ di tempo.»

«No. Vattene. Vai via.»

21

Sfidando l’ordine di Boardman, quella sera Rawlins tornò al campo della zona F. Boardman stava cenando. Era seduto davanti a una tavola di legno scuro e lucido, dove, in eleganti ciotole di pietra, facevano bella mostra frutti canditi, verdure sott’aceto, pseudo-bistecche e salse piccanti. Una caraffa di vino color verde oliva era posata vicino alla mano grassa del diplomatico. Sopra un blocco di vetro nero c’erano diverse pillole, e ogni tanto Boardman se ne infilava una in bocca. Per un po’, Rawlins rimase in piedi presso l’ingresso, senza che il Consigliere mostrasse di accorgersi della sua presenza.

«Ti avevo detto di non venire qui» disse infine il vecchio.

«Muller vi manda questo.» Rawlins posò la fiaschetta presso la caraffa.

«Avremmo potuto parlarci anche da lontano.»

«Sono stufo di questa storia! Volevo vedervi.»

Boardman lo lasciò in piedi, e continuò a mangiare.

«Charles, non riesco più a fingere con lui.»

«Hai fatto un lavoro eccellente, oggi» disse Boardman, tra un sorso e l’altro di vino. «Sei stato molto convincente.»

«Sì. Sto imparando a mentire. Ma a che scopo? L’avete sentito: il genere umano lo disgusta. Non vorrà assolutamente collaborare con noi, una volta fuori dal labirinto.»

«Non pensa veramente a quello che dice. L’hai capito anche tu, Ned. Cinismo da matricola… In fondo, Muller ama l’umanità. Per questo è così amaro: perché l’amore ha preso un gusto amaro nella sua bocca. Ma non si è ancora trasformato in odio.»

Rawlins si accovacciò sul pavimento, per mettersi al livello di Charles. Questi infilzò un candito con la punta della forchetta e se lo portò alla bocca con un gesto lento.

Fa finta di ignorarmi! pensò Rawlins. Poi disse forte: «Charles, sto parlando seriamente. Sono andato laggiù e ho raccontato a Muller delle bugie mostruose. Gli ho fatto balenare la certezza della guarigione e lui me l’ha gettata in faccia.»

«Dicendo che non ti credeva. Ma invece ti crede, Ned. Solo che ha paura di uscire dalla sua tana.»

«Ascoltate, per favore. Supponiamo che veramente lui mi creda. Supponiamo che esca dal labirinto e che si metta nelle vostre mani. Che faremo allora? Chi si prenderà l’incarico di dirgli che non esiste nessuna cura per la sua malattia, che l’abbiamo ingannato spudoratamente, e che vogliamo soltanto che accetti di diventare il nostro ambasciatore presso un popolo di alieni venti volte più strani e cinquanta volte più pericolosi di quelli che già l’hanno rovinato? Io non ho intenzione di dargli questa bella notizia.»

«Non sarai tu a farlo, Ned. Glielo dirò io.»

«E come reagirà? Credete che si limiterà a sorridere e a complimentarsi con voi per la vostra astuzia? Che farà quello che gli chiedete? No. Assurdo.»

«Non è detto» disse Boardman, pacato.

«Gli spiegherete la tattica che avete pensato di usare, dopo avergli detto che non potrà guarire e che dovrà intraprendere una missione rischiosa?»

«Preferisco non discutere adesso la strategia del futuro.»

«Io do le dimissioni» disse Rawlins.

Boardman si era aspettato qualcosa del genere. Un gesto nobile, un momento di ribellione, un attimo di generosità. Abbandonando l’atteggiamento freddo e distaccato, Boardman alzò gli occhi e li fissò deciso in quelli di Rawlins.

«Ti dimetti?» disse, calmò. «Dopo tutto quello che hai detto sulla dedizione del genere umano? Abbiamo bisogno di te, Ned.»

«Per me, nel genere umano, è compreso anche Muller» disse Rawlins, in tono aspro. «Ho già commesso un delitto abbastanza grave nei suoi confronti. Se non mi rivelate il resto del vostro piano, giuro che non alzerò più un dito.»

«Ammiro i tuoi sentimenti.»

«Le mie dimissioni sono ancora valide.»

«Capisco perfettamente il tuo atteggiamento» disse Boardman «e certamente non sono fiero di quello che dobbiamo fare…»

«Come farete a ottenere la collaborazione di Muller? Lo drogherete? Lo torturerete? Gli praticherete il lavaggio del cervello?»

«Niente di tutto questo.»

«E allora? Parlo sul serio, Charles. La mia parte in questo gioco finisce qui, se non mi dite che cosa avete intenzione di fare.»

Boardman tossicchiò, vuotò il bicchiere, mangiò una pesca e ingoiò tre pillole, l’una dopo l’altra. La ribellione di Rawlins era stata prevista, quindi non l’aveva colto di sorpresa, ma era comunque seccante. Adesso era venuto il momento di correre un rischio. «Capisco che bisogna smettere di fingere, Ned. Ti dirò che cosa c’è in programma per Dick Muller, ma tu devi considerare il progetto da un più ampio punto di vista. Non dimenticare che il gioco, in corso su questo pianeta, non riguarda soltanto noi.»

«Vi ascolto.»

«Bene. Dick Muller deve andare dai nostri amici extragalattici per convincerli che gli esseri umani appartengono a una specie intelligente. Sei d’accordo? Soltanto lui è in grado di farlo, perché soltanto lui è incapace di nascondere i suoi pensieri.»

«D’accordo.»

«Non è necessario convincere gli stranieri che siamo gente perbene, tipi che meritano di essere amati. Devono unicamente sapere che abbiamo un cervello in grado di pensare. Che possediamo sentimenti, sensi, che siamo diversi da una macchina, sia pure perfezionatissima. Per ottenere il nostro scopo, non ci importa che cosa Dick irradierà, basta che irradi qualcosa.»