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Il dito si contrasse sul grilletto.

«È l’ora» disse. «Non perdiamo tempo.»

«No!» urlò Boardman. «Per amore del…»

«… dell’uomo» finì Muller, e rise.

Ma non sparò. Abbassò la mano e gettò l’arma ai piedi di Boardman, con disprezzo.

«L’autoadesivo!» disse Boardman. «Presto!»

«Non preoccupatevi» disse Muller. «Sono tutto vostro.»

24

Sentendosi in colpa, Rawlins camminava in silenzio, lontano dagli altri. Ormai la sua carriera era rovinata: aveva messo in gioco la vita dei compagni e il successo della spedizione. Tuttavia era sicuro che ne era valsa la pena. Viene sempre il momento in cui un individuo deve ribellarsi a quello che gli sembra sbagliato.

La soddisfazione morale che questo pensiero gli dava, era controbilanciata e quasi soddisfatta dalla consapevolezza di avere agito con estrema ingenuità, per folle sentimentalismo. Non poteva sopportare lo sguardo di Boardman, ora. Più di una volta, fu tentato di lasciarsi prendere da una delle cento trappole mortali che lo circondavano. Ma anche questo sarebbe stato un atto ingenuo e folle.

Guardava Muller camminare in testa al gruppo, alto, orgoglioso. Tutte le sue incertezze erano risolte, i suoi dubbi cristalizzati. Ma perché aveva riconsegnato la rivoltella?

Finalmente Boardman glielo spiegò, quando si accamparono per la notte in una piazza vicina al lato esterno della zona G.

«Guardami» gli disse. «Si può sapere che cos’hai? Perché mi eviti?»

«Non prendetevi gioco di me. Lasciatemi in pace.»

«Non preoccuparti, Ned. Ci hai aiutato a ottenere quello che volevamo. Perché dovrei avercela con te?»

«Ma la rivoltella… Io…»

«Ancora una volta confondi i mezzi con il fine. Adesso Muller viene con noi, e farà quello che gli chiederemo. Questa è l’unica cosa che conta.»

«Ma se si fosse ucciso o se avesse ucciso qualcuno di noi?»

«Non avrebbe fatto né una cosa né l’altra.»

«Lo dite adesso. Ma in quel momento, quando impugnava la rivoltella…»

«No» disse Boardman «te l’avevo detto anche prima che avremmo fatto leva sul suo senso dell’onore. Era quello che dovevamo risvegliare in lui. E tu l’hai fatto. Guardami, eccomi qui: l’agente brutale di una società brutale e amorale, no? Sono l’incarnazione di tutte le peggiori teorie di Muller sull’umanità. Perché dovrebbe aiutare un branco di lupi? Ma ci sei tu, giovane, ingenuo, pieno di speranze e di sogni. Tu gli ricordi l’umanità che lui ha servito, prima che il cinismo lo guastasse. Tu hai dimostrato comprensione, affetto per un tuo simile. Di più, hai dimostrato di essere pronto a compiere un gesto drammatico per amore della giustizia. Hai fatto capire a Muller che si può ancora sperare nell’umanità. Capisci? Sfidando me, nel nome di questi ideali, hai fatto in modo che Muller diventasse arbitro della situazione… non solo della nostra, ma dell’intero consorzio umano. A questo punto lui poteva fare una cosa logica e ammazzarci tutti, oppure una cosa meno logica, e uccidersi. Ma poteva anche compiere un gesto nobile quanto il tuo, un atto spontaneo di rinuncia, che dimostrasse a tutta l’umanità la sua superiorità morale. E questo è proprio quello che ha fatto gettando via l’arma. Tu hai avuto un’importanza capitale in tutto questo: sei stato lo strumento che ci ha permesso di vincere.»

«Detto da voi, sembra tutto così squallido. Come se ogni azione e reazione fosse stata calcolata freddamente, a tavolino.»

Boardman sorrise.

«È così?» chiese Rawlins. «No, è impossibile che abbiate previsto ogni mossa e ogni reazione. Ora che tutto è finito bene volete prendervene il merito. Vi ho osservato, quando gli ho teso la rivoltella: c’erano rabbia e paura nei vostri occhi. Non sapevate che cosa avrebbe fatto Muller. Soltanto dopo, avete pensato di affermare che le cose erano andate secondo i vostri piani. Adesso vedo chiaramente dentro di voi, Boardman!»

«È magnifico sentirsi trasparenti!» disse Boardman.

Uscirono dal labirinto con la massima cautela, ma non corsero seri pericoli.

Una volta fuori si diressero in fretta verso la nave.

A Muller fu assegnata una cabina lontana dagli alloggi dell’equipaggio. Lui tenne un atteggiamento sostenuto e riservato. Spesso un sorriso ironico gli sfiorava le labbra e dallo sguardo traspariva un profondo disprezzo.

Tuttavia faceva tutto quello che gli dicevano di fare. Aveva avuto la sua ora di supremazia: ora non apparteneva più a se stesso.

Hosteen e i suoi uomini completarono in fretta il decollo. Muller rimase quasi sempre nella sua cabina. Boardman andò a trovarlo, solo, disarmato: anche lui sapeva compiere gesti nobili.

Sedettero a un tavolo, uno di fronte all’altro. Muller aspettava, in silenzio, impassibile.

Dopo un istante di silenzio che sembrò eterno, Boardman disse: «Vi sono molto grato, Dick.»

«Risparmiatevi il fiato.»

«Non m’importa che mi disprezziate. Ho fatto il mio dovere. E voi farete il vostro.»

Era molto vicino a Muller, e le emanazioni lo investivano in pieno, ma lui rimase dov’era. Quell’ondata di disperazione lo fece sentire vecchio di mille anni. Il decadimento del corpo, il disfacimento dell’anima, il fuoco che consuma la galassia… l’inverno… il vuoto… le ceneri.

«Quando saremo arrivati» disse Boardman con vivacità «vi sottoporrò a un’istruzione particolareggiata. Poi saprete tutto quello che sappiamo noi sui radio-esseri, anche se, a dire il vero, non è molto. E dopo dovrete arrangiarvi completamente da solo. C’è qualcuno che vorreste rivedere quando attraccheremo vicino alla Terra?»

«No.»

«Posso avvisare in anticipo. Ci sono persone che non hanno mai smesso di amarvi, Dick. Verranno certamente, se glielo chiederò.»

«Avete i muscoli contratti, Charles» disse Muller. «La mia vicinanza vi sconvolge. Vi sentite pulsare il cervello, il petto, le viscere. Siete bianco come un lenzuolo e le guance sono flaccide, cascanti. Lo so che restereste seduto lì anche se doveste crepare, perché è nel vostro stile, ma è un inferno per voi. Se sulla Terra c’è davvero qualcuno che non ha mai smesso di amarmi, il meno che possa fare per lui è di risparmiargli questa tortura. Non voglio vedere nessuno, incontrare nessuno, parlare con nessuno.»

«Come volete» disse Boardman, mentre gocce di sudore gli colavano lungo le guance. «Forse cambierete idea quando sarete vicino alla Terra.»

«Io non sarò mai più vicino alla Terra» disse Muller.

25

Muller trascorse tre settimane ad assimilare tutto quello che c’era da sapere sui giganteschi esseri extra-galattici. L’avevano alloggiato in un fortino sulla Luna, vicino a Copernico, e lui ci viveva tranquillamente, muovendosi come un robot lungo interminabili corridoi di acciaio grigio, illuminati da forti lampade. Gli mostrarono tutti i cibi disponibili e gli fecero sperimentare ricostruzioni sensorie di ogni genere. Muller ascoltava e non diceva niente.

Tutti si tenevano il più possibile lontani da lui, come avevano fatto durante il viaggio di ritorno da Lemnos. Passavano giornate intere senza che Muller vedesse anima viva. E quando dovevano comunicargli qualcosa, si tenevano a una distanza di dieci metri e più.

Boardman, però, andava da lui puntualmente tre volte alla settimana, e si faceva un dovere di rimanere sempre entro la portata delle radiazioni. Muller trovava quel comportamento assurdo e condannabile. Sembrava che Charles volesse trattarlo con superiorità, sottoponendosi volontariamente e senza alcuna necessità a quella sofferenza. «Se ve ne state lontano mi fate un vero piacere» gli disse alla quinta visita. «Possiamo comunicare per mezzo dello schermo, oppure potreste starvene vicino alla porta.»