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Sta parlando di Lydea, pensò Mag, e si sentì accapponare la pelle. La Perla Nera girò su se stessa, si strappò via la parrucca dalla testa e la sbatté al suolo. Un piccolo pugnale e una fiala contenente un liquido verde ne rotolarono fuori. La donna fissò i capelli posticci, ansimando. Mag osservò la sua testa calva. Infine Domina Pearl si chinò a recuperare la parrucca, con un grugnito, e se la rimise. La collinetta di capelli neri sembrava così rigida che Mag si era aspettata di vederla andare in pezzi, ma non una ciocca era fuori posto.

Subito dopo la donna scomparve.

Spaventata e confusa, Mag scagliò tutti gli oggetti alla sua portata contro la giara, per spaccarla e far volare via la falena dorata, comprese le sue scarpe. Il vetro resistette a ogni colpo; l’ultima scarpa, rimbalzando di lato, mancò per un capello la reggente, che era di nuovo riapparsa, e andò a rotolare nel suo letto. La Perla Nera colpì la ragazza con una sberla su una guancia che le lasciò il segno del sigillo, poi raccolse la scarpa e la gettò nel mucchio delle ossa. Mag notò che nel letto della donna metà della suola si era fusa, e deglutì saliva.

Non poté capire esattamente come Ducon e Camas Erl avessero trovato il modo di entrare nella stanza segreta della Perla Nera, ma all’improvviso i due uomini furono lì, di fronte a lei. Il volto di Ducon aveva un’espressione dura e spaventata, depressa, come se fosse stato costretto a ingoiare un boccone amaro. Il boccone amaro, suppose Mag, era Camas Erl, riportato sano a salvo a Domina Pearl dopo i suoi vagabondaggi nella storia antica. La sua ipotesi era solo in parte veritiera, come apprese poco dopo. Ducon la guardò, accigliandosi alla vista del segno sulla sua guancia e della catena. Non disse nulla, ma lei lo vide farsi ancor più scuro in faccia.

Ducon consegnò a Domina Pearl un foglio grigio-tortora piegato e chiuso col sigillo di cera nera di Faey. La donna lesse e poi sbuffò, sprezzante. «Come mi aspettavo. Ha cominciato a patteggiare per riavere la sua bambola.»

«Voi cosa farete?»

«Non accetterò niente, e alla fine lei non avrà altra scelta che venire qui. È diventata troppo imprevedibile, abituata com’è a fare i suoi comodi, nella città sotterranea. La voglio qui, sotto il mio controllo, e al mio servizio. Mentre aspetto, farò i necessari cambiamenti alla ragazza.»

«Quale genere di cambiamenti?»

«È troppo curiosa», rispose secca. «Come te.»

«Permettimi di riportare la ragazza a casa sua», la pregò invece Camas Erl. Si era pettinato, ma la sua pelle era raggrinzita come quella di certe piante carnose della Perla Nera, e i suoi indumenti erano bagnati dalla cintura in giù. «Ho ancora molte domande da fare alla Maga. Il suo passato è straordinario. Risale agli inizi della storia di Ombria. Mi ha promesso…»

«Tu sei già rimasto assente troppo tempo», sbottò Domina Pearl. «Hai trascurato il tuo dovere, e per colpa tua la storia di Ombria potrebbe prendere una brutta piega. La tua maestra Spina ha rapito il principe.»

«Cosa?» sussurrò Ducon. Camas Erl, ammutolito, sbatté le palpebre come se non sapesse con quale scusa giustificare le sue menzogne.

«Quella traditrice è intrappolata nei passaggi segreti del palazzo, insieme a una banda di altri cospiratori, ma le guardie li hanno trovati. Tutti giovani figli di cortigiani, illusi di poter avere successo dove i loro padri hanno fallito. La maestra Spina non sfuggirà alle guardie, ma vedendosi alle strette chissà cosa potrebbe fare al principe…»

«Non gli farà del male», la interruppe in fretta Ducon. «Lei lo ama.»

Domina Pearl lo guardò senza espressione. «Tu conosci questa donna abbastanza da sapere che ha rapito il principe perché lo ama, invece che per conto di qualche fazione di congiurati? Io credo che sia soltanto una di loro, e che userà Kyel per ricattarmi.»

«La conosco, sì, e anche voi. È l’ex concubina di Royce Greve. La maga l’ha mascherata con un incantesimo, affinché in questo sanguinoso e decadente palazzo ci sia qualcuno capace di dare al bambino un po’ d’amore, invece di una dose quotidiana di droga…»

Mag non vide Domina Pearl muoversi, ma d’improvviso Ducon cadde in ginocchio dinanzi a lei, portandosi le mani alla gola come se soffocasse, bianco come un cencio.

«Stavolta quella sgualdrina non sarà così fortunata», disse sottovoce la reggente. «Morirà non appena la prenderanno, sotto gli occhi del bambino. E tu sarai ancora meno fortunato, perché ti lascerò vivere. Ma vivrai qui dentro, ubbidendomi come uno schiavo, senza mai poter lasciare questa stanza.» Gli diede le spalle, voltandosi verso il grande calderone, e saggiò la temperatura dell’acqua con un dito. «Per cominciare, adesso mi aiuterai a riportare questa bambola di cera al suo stato originale di cera informe.»

Ducon mandò un verso che stava tra un’imprecazione e un singhiozzo. Lei lo ignorò, e gettò uno sguardo al vecchio cortigiano che taceva, a capo chino. «E ora tu, sentiamo: fino a che punto conoscevi questa maestra Spina?» L’altro ebbe un gesto vago, incapace di difendersi da quell’accusa. «Non importa. Più tardi ti tirerò fuori la verità. Ora vai a cercare il principe, assicurati che i miei ordini siano eseguiti e torna qui col bambino. Tu dici che vuoi assistere agli sviluppi della storia: assisti a questo. E taglia i capelli a quella femmina, non appena l’avranno uccisa. Voglio usarli per la mia…»

All’improvviso si fermò, distratta dalla vista di una guardia apparsa in uno degli specchi. L’uomo mosse le labbra in silenzio, parlandole, con voce udibile soltanto a lei.

Ducon, momentaneamente libero dal potere che l’aveva attanagliato alla gola, si tirò in piedi, vacillando. Pallido e sudato guardò la donna, che dall’espressione sembrava piuttosto colpita dalle notizie che le venivano date. Mag la vide trattenere il fiato, ma neppure lei udì qualcosa. Domina Pearl sedette sul bordo del letto, accigliata. Per qualche istante, mentre si mordicchiava un labbro contemplando qualcosa che non aveva previsto, parve quasi umana.

Poi si voltò verso Ducon. «Il bambino è morto.»

Lui non riuscì a dire niente, come se quelle parole gli avessero intorpidito la mente. Scosse il capo, continuando a fissarla, e un tremito lo scosse.

«Lydea…» cominciò a dire la Perla Nera. Dovette tossire qualcosa di acido che aveva in gola. «Le guardie stavano per catturarla, all’ultimo piano del palazzo. Non avendo altro posto dove fuggire, si è gettata fuori da una porta aperta nel vuoto, col principe in braccio. Le guardie stanno cercando i loro corpi.» Ducon emise un suono inarticolato. Domina Pearl controllò un tremito nervoso all’angolo della bocca e si alzò. «Tu dovrai organizzare un altro funerale», disse a Camas Erl. «Qualcosa di adatto a un governante bambino. E consulta l’albero genealogico per sapere chi è in linea di successione dopo di lui. Non voglio dissapori o liti in questa casa.»

Ducon si appoggiò al bordo del calderone come per non perdere l’equilibrio, ma d’un tratto afferrò il massiccio oggetto e lo sollevò dalla grata, alzandolo sopra la sua testa. Per qualche momento barcollò sotto quel peso, poi girò su se stesso e lo scagliò. Il suo sforzo era stato così erculeo che perfino la Perla Nera rimase paralizzata dalla sorpresa, nel vedersi passare davanti quella massa annerita. E un attimo dopo il calderone piombò sul suo letto, che sotto l’urto devastante andò in mille pezzi; le ali di scarafaggio schizzarono dappertutto. Sbigottita dalla vista di quel disastro, Domina Pearl mandò un gemito lungo e acuto, come un gesso che strìdesse su una lavagna. Quel suono colpì Mag così sgradevolmente che dovette tapparsi le orecchie con le mani, facendo smorfie di dolore.

Ducon indietreggiò sotto l’impatto dello strano ululato, ma subito si afferrò all’albero di ferro degli specchi e lo rovesciò sui rottami del letto. Il suo volto contratto dalla rabbia apparve in tutti gli specchi, prima che si fracassassero al suolo.