— Lo avete ucciso? — chiese infine Melito.
— No. Nei giorni andati si faceva così, ed era una brutta cosa. Adesso le colpe di sangue vengono giudicate secondo la legge della terraferma, il che è una buona cosa. Gli legammo le braccia e le gambe e lo portammo nella sua casa, e sedemmo con lui mentre gli uomini più anziani preparavano le barche. Egli mi rivelò di essersi innamorato di una donna sull’isola grande. Io non l’ho mai vista, ma egli disse che si chiamava Nennoc, che era bionda e più giovane di lui, ma che nessuno la voleva perché aveva già avuto un bambino da un uomo che era morto durante l’inverno precedente. Nella barca, egli aveva detto ad Anskar che avrebbe portato Nennoc a casa, ed Anskar lo aveva chiamato spergiuro. Mio zio Gundulf era forte: aveva afferrato Anskar e lo aveva gettato fuori dalla barca; quindi si era avvolto la corda di sicurezza fra le mani e l’aveva spezzata come una donna spezzerebbe il filo che usa per cucire.
«Poi si era alzato in piedi, reggendosi all’albero, come fanno gli uomini, ed aveva osservato il fratello nell’acqua. Aveva visto il lampo del coltello, ma aveva pensato solo che Anskar cercasse di minacciarlo o lo volesse tirare.
Hallvard si fece nuovamente silenzioso, e, quando mi resi conto che non avrebbe più parlato, osservai:
— Non capisco. Cosa aveva fatto Anskar?
Un sorriso, estremamente tenue, piegò le labbra di Hallvard sotto i baffi biondi. Nel vederlo, ebbi l’impressione di scorgere le gelide isole del sud, fredde ed azzurre.
— Aveva tagliato la sua corda di sicurezza, la corda che Gundulf aveva già spezzato. In quel modo, se gli uomini avessero trovato il suo corpo, avrebbero compreso che era stato assassinato. Non capisci?
Capii, e, per qualche tempo, non aggiunsi altro.
— Così — grugnì Melito, rivolto a Foila, — la meravigliosa terra della vallata è andata al padre di Hallvard, e lui, con questa storia, è riuscito a dirti che, anche se non possiede nulla, ha la prospettiva di ereditare qualcosa. Ti ha anche detto, naturalmente, che viene da una famiglia di omicidi.
— Melito mi ritiene più astuto di quanto sia — ruggì l’uomo biondo. — Non pensavo a nulla del genere. Quel che conta adesso non è la terra o le pelli o l’oro, ma chi racconta la storia più bella, ed io, che ne conosco molte, ho raccontato la più bella. È vero quel che lui dice, che potrei ereditare parte della proprietà della mia famiglia, quando mio padre morirà. Ma le mie sorelle non sposate ne avranno anch’esse una parte come dote, e solo quanto rimarrà verrà diviso fra mio fratello e me. Tutto questo non ha alcuna importanza, perché non porterei Foila al sud, dove la vita è così dura. Da quando ho imbracciato la lancia, ho visto molti posti migliori di quello.
— Credo che tuo zio Gundulf doveva amare molto Nennoc — osservò Foila.
— Affermò anche questo, mentre giaceva legato — annuì Hallvard. — Ma tutti gli uomini del sud amano le loro donne. È per loro che affrontiamo il mare invernale, le tempeste e le nebbie gelide. Si dice che quando un uomo spinge la sua barca sui ciottoli, lo strisciare della barca sul fondale scandisce le parole mia moglie, i miei figli, i miei figli, mia moglie.
Chiesi a Melito se desiderava cominciare subito la sua storia, ma egli scosse il capo e rispose che avevamo la mente piena della storia di Hallvard, quindi avrebbe aspettato il giorno successivo. Tutti fecero allora domande ad Hallvard sulla sua vita del sud, confrontando ciò che avevano appreso con il modo in cui viveva la gente delle loro contrade. Solo l’Asciano rimase silenzioso. Mi rammentai allora delle isole galleggianti del Lago Diuturna e ne parlai ad Hallvard ed agli altri, anche se non descrissi la lotta nel castello di Baldanders. Chiacchierammo in quel modo fino a che giunse l’ora del pasto serale.
VIII
LA PELLEGRINA
Quando finimmo di mangiare, cominciava a fare buio. Verso quell’ora, c’era sempre una quiete maggiore, non solo perché ci venivano a mancare le forze, ma anche perché sapevamo che i feriti destinati a morire si sarebbero spenti con ogni probabilità dopo il calare del sole, e particolarmente nel cuore della notte. Era il tempo in cui le passate battaglie tornavano a riscuotere i loro crediti.
Anche sotto altri aspetti, la notte ci rendeva maggiormente consapevoli della guerra. Qualche volta… e durante quella notte lo ricordo in modo particolare… le scariche delle grandi armi ad energia fiammeggiavano attraverso il cielo come lampi di calore. Si sentivano le sentinelle fare la ronda, in modo che il termine turno di guardia, da noi così spesso usato senza altro significato che quello di indicare una decima parte della notte, acquistava una consistente realtà, un’attualità fatta di scalpiccio di piedi e di ordini inintelleggibili.
Arrivò il momento in cui nessuno parlò, e il silenzio si prolungò sempre di più, interrotto solo dai mormoni delle persona sane, le Pellegrine ed i loro schiavi, che venivano ad informarsi sulle condizioni di questo o di quel paziente. Una delle sacerdotesse vestite di scarlatto venne a sedersi vicino al mio giaciglio, e la mia mente, prossima al sonno, era talmente intorpidita che ci volle qualche tempo prima che mi rendessi conto che la donna doveva aver portato con sé uno sgabello.
— Sei tu Severian, l’amico di Miles? — chiese.
— Sì.
— Si è rammentato il suo nome. Pensavo che ti sarebbe piaciuto apprenderlo. Gli chiesi quale nome fosse.
— Come, Miles, te l’ho appena detto.
— Ricorderà anche altre cose, credo, man mano che il tempo passa.
La donna annuì; sembrava aver superato la mezza età, ed aveva un volto austero e gentile.
— Sono certa che ricorderà. La sua casa e la sua famiglia.
— Se ne ha una.
— Già, alcuni non ce l’hanno. Alcuni non hanno neppure la capacità di farsi una casa.
— Ti stai riferendo a me.
— No, niente affatto. Comunque, quell’incapacità è qualcosa cui non si può porre rimedio. Ma è molto meglio, specie per gli uomini, avere una casa. Come quel tizio di cui parlava il tuo amico, la maggior parte degli uomini crede di creare una casa per la propria famiglia, ma in realtà essi creano sia la casa che la la famiglia per se stessi.
— Allora stavi ascoltando Hallward.
— Parecchi di noi lo stavano ascoltando. Una sorella è venuta a chiamarmi nel momento in cui il nonno del paziente faceva il suo testamento. Ho sentito tutto il resto. Sai qual era il problema dello zio cattivo, di Gundulf?
— Suppongo che fosse innamorato.
— No, questo andava benissimo per lui. Ogni persona, vedi, è come una pianta: c’è una splendida parte verde, spesso dotata di fiori o di frutti, che cresce verso l’alto in direzione del sole, verso l’Increato. C’è anche una parte oscura, che cresce lontano da essa, sprofondando là dove la luce non arriva.
— Non ho mai studiato le scritture degli iniziati — replicai, — ma anch’io sono consapevole dell’esistenza del bene e del male in ognuno di noi.
— Stavo forse parlando del bene o del male? Sono le radici che danno alla pianta la forza di salire verso il sole, anche se non lo sanno. Supponiamo che qualche falce, muovendosi sibilante lungo il terreno, debba tagliare lo stelo alle radici. Lo stelo cadrà e morirà, ma le radici potrebbero generare un altro stelo.
— Tu stai dicendo che il male è buono.
— No. Sto dicendo che le cose che noi amiamo negli altri ed ammiriamo in noi stessi nascono da cose che non vediamo ed a cui raramente pensiamo. Gundulf, come gli altri uomini, aveva in sé l’istinto di esercitare l’autorità. Una crescita adeguata di tale istinto è il fondamento della famiglia… ed anche le donne possiedono un simile istinto. In Gundulf, quell’istinto era stato frustrato per un lungo tempo, come lo è in molti soldati che vedi qui. Gli ufficiali hanno i loro incarichi di comando, ma i soldati che non hanno alcun comando da esercitare soffrono e non sanno perché soffrono. Alcuni, naturalmente, creano legami con altri compagni fra i ranghi. Talvolta parecchi si dividono una sola donna o un uomo che è come una donna. Alcuni si prendono animali come compagni, ed altri accolgono bambini lasciati senza casa dalla guerra.